LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. ANTEZZA Fabio – rel. Est. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 751/2014 R.G. proposto da:
S.A., nata *****, rappresentata e difesa dall’Avv. (Prof.) Alessandro Giovannini e dall’Avv. Marco Valerio Corini, domiciliata presso l’Avv. Stefano Di Meo (con studio in Roma, via Giuseppe Pisanelli n. 2);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale per -ga Lombardia (n. 79/11/2013), pronunciata l’8 marzo 2013 e depositata il 6 maggio 2013;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 24 maggio 2021 dal Consigliere Fabio Antezza.
FATTI DI CAUSA
1. S.A. ricorre, con sette motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di rigetto dell’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza n. 121/12/2012, emessa dalla CTP di Milano, che aveva rigettato l’impugnazione di avvisi di accertamento per gli anni 2003 e 2004 (in materia di IVA e imposte dirette).
2. Dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte, circa i fatti di causa, emerge che l’Amministrazione delle finanze emise nei confronti della contribuente due avvisi di accertamento (IVA ed imposte dirette), per gli anni 2003 e 2004, assumendo la mancata presentazione delle relative dichiarazioni da parte di soggetto ritenuto fiscalmente residente in Italia.
I due avvisi di accertamento furono impugnati innanzi al Giudice tributario, ove la difesa della contribuente dedusse anche l’assenza nei due provvedimenti notificati (l’11 settembre 2009) della pagina (n. 33) recante la sottoscrizione del responsabile del procedimento. Notificati nuovamente dall’Amministrazione (il successivo 16 dicembre 2009), i due avvisi di accertamento furono nuovamente impugnati innanzi alla CTP che, riuniti i ricorsi in simu/taneus processus, ritenne nulli i due avvisi notificati per secondi, in quanto integranti una doppia imposizione (perché già oggetto dei due avvisi di accertamento notificati l’11 settembre 2009).
Il Giudice tributario, preso atto della rinuncia da parte della difesa della contribuente all’eccezione avente ad oggetto l’assenza della pagina n. 33 nei due avvisi di accertamento notificati per primi, rigettò per il resto le doglianze di ALENA S., anche considerando la sentenza penale di assoluzione della stessa contribuente per reati tributari contestati in relazione ai fatti di cui ai provvedimenti impositivi.
3. La CTR, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione, rigettò l’appello della contribuente confermando l’iter logico-giuridico seguito dal Giudice di primo grado.
4. Come premesso, avverso la sentenza di secondo grado ricorre la contribuente, con sette motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate (“A.E.”) si difende con controricorso (con il quale prospettata anche profili di inammissibilità di taluni motivi).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il solo motivo n. 6 del ricorso merita accoglimento.
2. I motivi nn. 1, 3, 4 e 5 sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.
2.1. Con il motivo n. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si deduce la nullità della sentenza, sostanzialmente, per non aver la CTR rilevato l’esistenza di un giudicato in merito ai provvedimenti impositivi in esame. In particolare, a detta della ricorrente, la Commissione regionale, nell’annullare gli avvisi di accertamento notificati per secondi (il 16 dicembre 2009), non avrebbe considerato come non più sussistente la pretesa tributaria in ragione dell’autoannullamento dei due avvisi di accertamento notificati per primi (l’11 novembre 2009), prospettati dalla ricorrente come emessi dall’A.E.
Il profilo di cui innanzi è poi criticato, in termini di violazione di legge, con il motivo n. 4 di ricorso, con il quale si deduce che la CTR avrebbe comunque errato nel non ritenere inesistenti i due avvisi di accertamento in quanto privi della sottoscrizione del responsabile del procedimento.
Con il motivo n. 3 del ricorso si deduce “la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57… in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.
Al di là della formulazione della rubrica e della tecnica utilizzata nell’articolazione della censura (nell’estremo tentativo di volerne attribuire significato), con il motivo in esame la ricorrente sindaca la statuizione di secondo grado per aver ritenuto nuova ed errata in diritto, oltre che, comunque, oggetto di rinuncia, la dedotta illegittimità degli avvisi di accertamento notificati per primi, in quanto privi di sottoscrizione del responsabile del procedimento. Avrebbe altresì errato la CTR nel far riferimento, senza specifica deduzione da parte dell’A.E. negli avvisi di accertamento, all’art. 17 della Convenzione tra Italia e Repubblica Ceca in tema di doppia imposizione.
Con il motivo n. 5 di ricorso, si deducono vizi di insufficienza e contraddittorietà della motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e, in alternativa, l’assenza di essa (in relazione al n. 4 del citato art. 360 c.p.c.) in merito ad un fatto decisivo per il giudizio, la sussistenza della residenza fiscale della contribuente in Italia, con riferimento al quale, sempre a detta della stessa ricorrente, la CTR avrebbe fatto acriticamente proprie le argomentazioni della CTP senza valutare le prospettazioni dell’appellante.
2.2. I motivi in esame presentano diversi profili di inammissibilità ed i n. 3 e 5 anche di infondatezza.
In primo luogo, con il motivo n. 1, si paventa l’esistenza di un giudicato, generalmente indicato e non altrimenti specificato (neanche in termini di giudicato interno), oltre che di provvedimenti di autoannullamento dei due avvisi di accertamento notificati per primi (l’11 novembre 2009) la cui esistenza non emerge dalla statuizione impugnata ed il cui contenuto non è stato nella parte essenziale riportato (ancorché indirettamente) nel ricorso al fine di rendere apprezzabile la doglianza, con conseguente inammissibilità della censura per difetto di specificità, anche in termini di “autosufficienza” (per l’inammissibilità dovuta a difetto di specificità del motivo di ricorso, in termini di autosufficienza, si vedano altresì, ex plurimis, limitando i riferimenti solo a talune decisioni più recenti, oltre a Cass. sez. U, 27/12/2019, n. 34469, e Cass. sez. U, 19/04/2016, n. 7701: Cass. sez. 6-3, 23/02/2021, n. 4766; Cass. sez. 5, 30/09/2020, n. 20858, in motivazione; Cass. sez. 3, 27/05/2019, n. 14357, in motivazione; Cass. sez. 6-3, 24/05/2019, n. 14161, in motivazione; Cass. sez. 5, 13/11/2018, n. 29092, Rv. 651277-01; Cass. sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679, Rv. 645334-01; Cass. sez. 5, 12/04/2017, n. 9499, Rv. 643920-01, in motivazione; Cass. sez. 5, 15/07/2015, n. 14784, Rv. 636120-01; Cass. sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, Rv. 625839-01, oltre che Cass. sez. 3, 03/07/2009, n. 15628, Rv. 609583-01).
A quanto innanzi deve altresì aggiungersi la mancata considerazione, da parte della censura di cui al motivo n. 1, della ratio decidendi sottesa alla statuizione, quindi sul punto non sindacata, che si fonda proprio sull’inesistenza del detto autoannullamento, recante quale conseguenza la nullità degli avvisi notificati per secondi e non degli avvisi notificati per primi, con conseguente assenza di giudicato anche interno in merito (per il detto profilo di inammissibilità inerente la ratio decidendi si vedano, ex plurimis, tra le più recenti: Cass. Sez. U, 15/09/2020, n. 19169, Rv. 658633-01, in motivazione; Cass. sez. 6-3, 15/10/2019, n. 26052, in motivazione; Cass. sez. 3, 15/10/2019, n. 25933, in motivazione, entrambe nel senso della considerazione della relativa censura alla stregua di un “non motivo”, inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 4; Cass. sez. 3, 11/12/2018, n. 31946, in motivazione; Cass. sez. 5, 07/11/2018, nn. 28398 e 28391; Cass. sez. 1, 10/04/2018, n. 8755; Cass. sez. 6-5, 07/09/2017, n. 20910, Rv. 645744-01, per la quale la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio; Cass. sez. 4, 22/11/2010, n. 23635, Rv. 615017-01).
Parimenti inammissibili per non aver colto il reale fondamento della decisione sono i motivi nn. 3 (in parte) e 4.
La CTR, difatti, non ha statuito in termini di legittimità degli avvisi di accertamento non recanti la sottoscrizione del responsabile del procedimento ma, per converso, ha chiarito che trattavasi di questione oggetto di rinuncia da parte della ricorrente, sin dal primo grado, ed ha comunque ritenuto nella specie non provata la detta circostanza.
Infondato è invece il motivo n. 3 nella parte in cui si prospetta una ultrapetizione da parte della CTR per aver fatto riferimento, senza specifica deduzione da parte dell’A.E. negli avvisi di accertamento, all’art. 17 Convenzione tra Italia e Repubblica Ceca in tema di doppia imposizione.
Il dedotto vizio non sussiste, avendo la CTR semplicemente applicato il diritto alla fattispecie concreta, così come prospettata negli atti impositivi, ritenendo non solo applicabile nella specie l’art. 4 della detta convenzione ma anche, ed in maniera peraltro determinante, il detto art. 17. In forza della detta previsione, difatti, i redditi che i professionisti dello spettacolo, quali gli artisti di teatro, del cinema, della radio e della televisione ed i musicisti, nonché gli sportivi, ritraggono dalle loro prestazioni personali in tale qualità, sono imponibili nello Stato contraente in cui dette attività sono svolte.
Quanto innanzi circa l’iter logico-giuridico sotteso alla statuizione, priva altresì di pregio anche le censure motivazionali circa la ritenuta residenza fiscale in Italia di cui al motivo n. 5 (comunque inammissibili nelle parti in cui prospettate in termini di insufficienza e mera contraddittorietà, in quanto non in linea con l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, oltre che in ragione della c.d. “doppia conforme”, ex art. 348 ter c.p.c., ratione temporis applicabili alla fattispecie).
3. Con il motivo n. 2 di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si deduce (ancorché senza prospettare la nullità della sentenza come causalmente ricollegata), l’omessa pronuncia in merito a due censure mosse alla sentenza di primo grado.
La CTR, a detta della ricorrente, non avrebbe pronunciato in merito al motivo d’appello coinvolgente la prospettata illegittimità dei provvedimenti impositivi per la mancata indicazione degli elementi di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, lett. a), b) e c), oltre che per l’assunta inidonea motivazione dei provvedimenti per relationem (anche con riferimento alle risposte ai questionari inviati ad altri contribuenti).
Il Giudice d’appello, altresì, avrebbe omesso di pronunciarsi in merito al richiesto pronunciamento circa l’applicazione, nella specie, del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 21, in materia di reati tributari, che, sempre a detta della ricorrente, escluderebbe la riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie in ragione della sentenza penale di assoluzione della contribuente perché il fatto non sussiste.
3.1. Le censure in esame non colgono nel segno.
3.1.1. La prima dedotta omissione, in particolare, non sussiste, avendo la CTR sia dato atto della rinuncia da parte della contribuente dalla questione inerente l’assenza, in ciascuno dei due avvisi di accertamento, della pagina recante l’indicazione e la sottoscrizione del responsabile del procedimento, sia ritenuto non lesiva del diritto di difesa la dedotta assenza degli altri elementi di cui al citato art. 7, comma 2 (pag. 2 della motivazione, ancorché con l’evidente errore materiale nell’indicazione di “nullità delle sentenze” in luogo del riferimento alla nullità degli avvisi di accertamento). La detta statuizione, peraltro, è corretta, nei limiti in cui la CTR non ha ritenuto rilevante nella specie l’omessa indicazione dell’organo da adire per l’eventuale riesame, delle modalità, del termine e dell’Autorità giurisdizionale cui ricorrere, in considerazione dell’effettivo esercizio del diritto di difesa da parte della contribuente e, comunque, dell’assenza da parte di essa di concreta deduzione di qualsivoglia effettiva lesione del detto diritto (si vedano, sul punto, ancorché non con specifico riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, ex plurimis: Cass. sez. 5, 18/05/2011, n. 10987, Rv. 618117-01; Cass. sez. 5, 28/10/2009, n. 22771, Rv. 610193-01; Cass. sez. 5, 15/05/2008, n. 12194, Rv. 603151-01; Cass. Sez. U, 24/07/2007, n. 16293, Rv. 598266-01; Cass. sez. 5, 01/10/2004, n. 19668, Rv. 577475-01, Cass. sez. 5, 01/10/2004, n. 19667, in motivazione; Cass. sez. 5, 15/05/2003; n. 7558, Rv. 563121-01; Cass. sez. 5, 15/03/2002, n. 3865, Rv. 553070-01).
Il profilo inerente l’assunta inidonea motivazione per relatiznem degli avvisi di accertamento oltre che infondato, avendo la CTR fatto proprie in toto le argomentazioni della CTP in ordine alle censure di merito, è inammissibile per difetto di specificità. La ricorrente, difatti, non ha neanche prospettato la mancata trasposizione nei provvedimenti impositivi del contenuto degli atti che assume non essere stati notificati e comunque da lei non conosciuti, e non riporta, all’uopo, neanche indirettamente, il contenuto dei due avvisi, nella parte essenziale al fine rendere apprezzabile la censura.
3.1.2. La seconda dedotta omessa pronuncia, pur sussistente, non comporta nella specie cassazione della sentenza impugnata con rinvio.
Il Giudice d’appello ha effettivamente omesso di pronunciarsi in merito alla richiesta applicazione, nella specie, del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 21, in materia di reati tributari, ma esso., esclude la mera riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie (tributarie) in ragione della sentenza penale di assoluzione perché il fatto non sussiste.
Come già affermato da questa Corte, difatti, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” determina l’ineseguibilità definitiva della sanzione, ferma la necessità di valutare l’identità del “fatto” in relazione agli elementi costitutivi vuoi dell’illecito amministrativo tributario vuoi di quello penale; ed il relativo accertamento di fatto va operato, in concreto, nel giudizio avente ad oggetto l’eventuale riscossione avviata dall’Ufficio (Cass. sez. 5, 08/10/20, n. 21694, Rv. 659071-06, e in motivazione per quanto concerne il riferimento al giudizio avente ad oggetto l’eventuale riscossione avviata dall’Ufficio).
4. Con il motivo n. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce la “violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, per come interpretato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 2001”.
4.1. Il motivo in esame è fondato nei termini che seguono.
La CTR ha difatti ritenuto sussistente il presupposto impositivo ai fini IRAP, cioè l’autonoma organizzazione, in ragione della circostanza per la quale la contribuente si fosse avvalsa della L.M. Management ma senza fare applicazione di principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte.
In tema di IRAP, difatti, lo svolgimento di un’attività artistica fa presumere che il contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali, anche ove produca un reddito cospicuo, non potendosi, peraltro, ritenere sufficiente, ai fini della ricorrenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, la circostanza che il contribuente si avvalga di un agente o di una società organizzatrice di spettacoli, senza estendere l’accertamento alla natura, ossia alla struttura ed alla funzione, del rapporto giuridico, al fine di escludere una mera agevolazione delle modalità di espletamento dell’attività professionale (ex plurimis: Cass. sez. 6-5, 16/05/2018, n. 12027, Rv. 648382-01; Cass. se. 6-5, 21/06/2017, n. 15453, Rv. 644719-01; Cass. sez. 6-5, 23/11/2016, n. 23908, Rv. 641753-01).
5. Con il motivo n. 7 di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce la “violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 2 e 6”.
5.1. Il motivo non ha pregio.
Con esso, difatti, al di là della tecnica utilizzata tanto per la formulazione della rubrica quanto nell’articolazione della censura, al netto dell’inammissibile tentativo di sostituire proprie valutazioni di merito a quelle della CTR (anche di natura probatoria), si deduce una mera contraddittorietà della motivazione, in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ratione temporis applicabile.
Nel merito cassatorio, comunque, deve rilevarsi che la sentenza, a detta della ricorrente, avrebbe, per un verso, ritenuto (al pari della CTP) sussistente in capo alla contribuente l’elemento soggettivo proprio delle applicate sanzioni amministrativo-tributarie e, per altro verso, escluso la sussistenza di una situazione di obiettiva incertezza ancorché ravvisando, contraddittoriamente, nella specie, una “”difficile congestione di norme scarsamente comprensibili””.
La dedotta contraddittorietà non trova riscontro nell’apparato motivazionale che, per converso, esclude la detta “difficile congestione di norme scarsamente comprensibili”. La CTR, difatti, nel confermare la sentenza di primo grado anche sotto il profilo in esame, evidenzia che “non risulta possibile rivendicare una difficile congestione di norme scarsamente comprensibili…”. (cfr. sentenza impugnata, pag. 3 della motivazione, quarto capoverso).
6. In conclusione, il solo motivo n. 6 deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvio.alla Commissione tributaria per la Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il motivo n. 6 di ricorso, rigetta gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione tributaria per la Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021