Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31926 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19918-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LABBATE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato ANGELO SERRA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 146/2015 della COMM. TRIB. REG. PUGLIA, depositata il 27/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/05/2021 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Bari, ha notificato alla Labbate s.r.l. due avvisi di accertamento e un avviso di contestazione di sanzioni;

2. con il primo avviso di accertamento, l’Agenzia ha inteso procedere al recupero a tassazione delle maggiori imposte IRES, IVA e IRAP per l’anno 2007, sulla base di un triplice presupposto: disconoscimento di costi non inerenti, in quanto non adeguatamente documentati, disconoscimento di costi non di competenza, in quanto riferibili ad annualità precedenti al 2007, tassazione di finanziamenti effettuati dal socio di maggioranza della società, signor C.G.;

3. con il secondo avviso di accertamento, l’Agenzia ha recuperato le ritenute omesse a seguito dell’accertato maggior utile della società, sul presupposto che tale maggior utile fosse stato redistribuito, trattandosi di società di capitali a ristretta base azionaria;

4. con l’avviso di contestazione, infine, sono state irrogate le sanzioni relative all’omesso versamento delle ritenute;

5. contro tali atti, la contribuente ha proposto tre distinti ricorsi, che, previa riunione dei relativi procedimenti, sono stati integralmente accolti dalla Commissione tributaria provinciale di Bari;

6. l’Agenzia delle entrate ha proposto appello contro la sentenza di primo grado, che è stato parzialmente accolto dalla Commissione tributaria regionale della Puglia con la sentenza n. 146/05/15, depositata il 27 gennaio 2015, limitatamente al recupero a tassazione di una parte dei costi, ossia delle spese chilometriche;

7. avverso tale sentenza, l’Agenzia propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

8. la Labbate s.r.l. resiste mediante controricorso, con cui propone anche ricorso incidentale, affidato a tre motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo del ricorso principale, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per extrapetizione;

2. con il secondo motivo del ricorso principale, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, e dell’art. 2727 e ss. c.c.;

3. il primo motivo è fondato;

4. come ricostruito dalla CTR, la pretesa fiscale dell’Amministrazione nei confronti della Labbate s.r.l. scaturisce da un duplice accertamento, sfociato in due diversi avvisi;

5. con il primo di essi, l’Amministrazione ha accertato un maggior reddito della società, derivante dal disconoscimento di costi non inerenti, dal disconoscimento di costi non di competenza e dalla riqualificazione di un finanziamento del legale rappresentante della società; l’accertamento di tale maggior reddito ha fondato la ripresa a tassazione di IRES, IRAP, IVA;

6. inoltre, con il secondo avviso, l’Amministrazione ha presunto, trattandosi di società di capitali a ristretta base azionaria, che tale maggior reddito fosse stato redistribuito ai soci, senza che la società operasse le ritenute d’imposta dovute; ne è scaturita la ripresa a tassazione anche delle ritenute omesse;

7. la CTR ha condiviso la sostanza del primo accertamento, sia pure limitatamente ai costi rappresentati dalle spese chilometriche, negando che vi fosse prova dell’inerenza di tali costi, affermando la legittimità del loro recupero e giungendo al parziale accoglimento dell’appello dell’Agenzia;

8. dopo aver esaminato il primo avviso e riconosciuto che, a seguito del disconoscimento dei costi, era ipotizzabile un maggior reddito della società (v. le ultime righe di pag. 4 della sentenza impugnata), la CTR è passata ad esaminare il secondo avviso, riguardante l’omesso versamento di ritenute, affermando al riguardo: “se la società ha sostenuto un costo e questo non è contestato della sua esistenza ma solo nella sua deducibilità, non se ne può sostenere la sua distribuzione poiché solo i maggiori ricavi (non contabilizzati, in quanto evasi) si possono presumere distribuiti… nella distribuzione extracontabile di redditi evasi da società di capitali a ristretta base azionaria, infatti, si deve fare riferimento solo esclusivamente ai maggiori redditi derivanti da componenti positivi evasi, non potendo, logicamente, considerarsi distribuiti componenti negativi di reddito (i quale sono tassati mediante la ripresa fiscale solo ed unicamente in capo alla società di capitali accertata)” (pag. 5);

9. la CTR ha dunque ritenuto l’illegittimità del secondo avviso sul presupposto che i costi, per quanto indeducibili, non possono concorrere a formare il maggior reddito e non possono formare oggetto di redistribuzione ai soci;

10. tale affermazione non solo è in contraddizione con quanto la stessa CTR poco prima aveva affermato (giacché il disconoscimento dei costi aveva portato la stessa CTR a rideterminare il reddito della società ai fini della ripresa a tassazione di IRES, IRAP e IVA, oggetto del primo avviso), ma è altresì fondata su un motivo di illegittimità del secondo avviso che la stessa società contribuente non aveva fatto valere;

11. come emerge dallo stralcio dell’originario ricorso proposto contro l’avviso sulle ritenute, riportato dall’Agenzia a pag. 5 del ricorso per cassazione nel rispetto del canone di autosufficienza, la contribuente, pur dubitando dell’ammontare del maggior reddito che si presumeva redistribuito, non aveva messo in discussione la correttezza in sé del meccanismo che portava a recuperare a tassazione le ritenute (“il richiamato atto di accertamento del 2011, presupposto dell’atto qui impugnato, indica che l’importo di Euro 57.328,00 è il “reddito d’impresa” della Labbate Srl e non il suo “maggior reddito”, pertanto, volendo per un momento condividerne le risultanze, il maggior reddito su cui calcolare l’utile da assoggettare ricaduta sarebbe verosimilmente pari a Euro 36.203,00");

12. la contribuente si era in realtà limitata a criticare l’avviso sulle ritenute unicamente perché fondato su un accertamento-presupposto, quello relativo ai costi disconosciuti, non ancora definitivo: “le risultanze del predetto accertamento, pertanto, non possono assolutamente essere prese come valido riferimento per l’emissione di alcun ulteriore atto impositivo/sanzionatorio, almeno sino a quando saranno sub iudice”;

13. alla luce di quanto precede, la CTR – osservando che i costi, anche se indeducibili, non possono determinare un maggior utile che si possa ritenere redistribuito ai soci – è incorsa, rispetto al secondo avviso, nel vizio di extrapetizione denunciato dall’Agenzia;

14. è noto infatti che in tema di contenzioso tributario, i motivi dell’opposizione al provvedimento impositivo si configurano come “causae petendi” della correlata domanda di annullamento, sicché incorre nel vizio di extra o ultrapetizione il giudice adito che dichiari la nullità dell’avviso di accertamento sulla base di motivi non dedotti dalle parte interessata (Cass. n. 9020 del 06/04/2017, Cass. 30/12/2017, n. 30144, ma v. già Cass. n. 20393 del 28/09/2007);

15. ugualmente fondato è il secondo motivo del ricorso principale dell’Agenzia;

16. tra le contestazioni mosse dall’Amministrazione finanziaria con il primo avviso di accertamento, che hanno dato origine alla ripresa a tassazione, vi era quella riguardante un finanziamento di Euro 17.180,00, che il socio di maggioranza della società avrebbe operato nei confronti della società stessa;

17. secondo l’Amministrazione, tale finanziamento sarebbe stato in realtà fittizio e la somma corrispondente sarebbe in realtà un utile sociale occulto;

18. a sostegno di tale affermazione di fittizietà, l’Amministrazione aveva addotto alcuni elementi, che la stessa CTR ha così sintetizzato nella sentenza impugnata: mancanza di preventive delibere assembleari, mancanza di una preventiva redazione di atto scritto o di corrispondenza idonea a regolare il finanziamento, specificità del finanziamento (infruttifero), mancata restituzione delle somme ricevute, erogazione avvenuta in contanti, con modalità dunque non tracciabili, mancata esibizione di documentazione comprovante la disponibilità della somma sul conto del socio finanziatore e i relativi prelevamenti operati;

19. la CTR ha escluso che tali elementi potessero considerarsi dimostrativi della fittizietà, sulla base della seguente motivazione: “nessuna di tali motivazioni può far ritenere che il finanziamento in questione non sia stato effettivamente erogato alla società appellata. E infatti: nessuna norma prescrive che in tali casi vi sia obbligo di una preventiva delibera assembleare ovvero della redazione di un atto scritto idoneo a regolamentare il finanziamento; nessuna disposizione impone di eseguire operazioni come quelle in contestazione con mezzi tracciabili (salvi i limiti di legge derivanti da trasferimenti di denaro, limiti nella fattispecie non superati); la mancata restituzione non costituisce elemento probatorio in quanto essa può essere dilazionata nel tempo e, infine, nessun obbligo può gravare sul soggetto finanziatore (a meno che non si tratti di un accertamento nei suoi confronti) in ordine alla dimostrazione della provenienza dei fondi”;

20. così facendo, come correttamente contestato dall’Agenzia ricorrente, la CTR, pur avendo dato per sussistenti i singoli elementi presuntivi addotti dall’Amministrazione, ha proceduto a un loro esame parcellizzato e atomistico, senza verificare se gli stessi fossero tra loro convergenti e se dunque la loro combinazione potesse far risalire al fatto ignoto;

21. al riguardo, va ricordato che, secondo il costante e condivisibile insegnamento della S.C., “il giudice di merito, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento” (Cass. 25/01/2019, n. 27410, Cass. 12/04/2018, n. 9059, Cass. 02/03/2017, n. 5374, solo per citare le più recenti);

22. mentre l’apprezzamento circa l’esistenza degli elementi assunti a fonte di presunzione e la loro concreta rispondenza ai requisiti di legge costituisce accertamento di fatto, sindacabile davanti alla Corte di cassazione solo se affetto da un vizio di motivazione, l’omessa valutazione circa la convergenza degli indizi costituisce errore di diritto, denunciabile come violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass. n. 19894 del 13/10/2005, Cass., Sez. Un., 11/01/2008, n. 584, Cass. 06/06/2012, n. 9108), in quanto urta contro precise disposizioni legali, che impongono al giudice di procedere a tale valutazione di convergenza (art. 2729 c.c. e, nella materia tributaria, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39);

23. anche sotto questo profilo, la sentenza impugnata deve dirsi viziata;

24. passando all’esame dei motivi del ricorso incidentale, che sono tutti incentrati sull’unico profilo che vede la Labbate s.r.l. soccombente in appello, con il primo di essi la società denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 95 e 119;

25. con il secondo motivo del ricorso incidentale, la Labbate s.r.l. denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per extrapetizione;

26. con il terzo motivo del ricorso incidentale, la Labbate s.r.l. denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, consistente nella mancata considerazione di perdite pregresse, da scomputare totalmente dal maggior reddito accertato;

27. il primo motivo del ricorso incidentale è infondato, poiché la società, oltre a indicare in modo impreciso la norma che assume violata (art. 119 T.U.I.R. anziché, è da ritenere, 109), non si confronta in realtà con la “ratio” della decisione impugnata, la quale aveva escluso l’inerenza del costo sostenuto, non essendovi prova che i viaggi effettuati dall’amministratore della società fossero stati compiuti nell’interesse della stessa e che dunque il costo dei rimborsi chilometrici fosse stato legittimamente dedotto;

28. si tratta di un accertamento di fatto, dal quale il giudice d’appello ha tratto coerenti conseguenze, posto che, in materia di deducibilità dei costi d’impresa, il contribuente deve provare l’inerenza, “intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità, coerenza e correlazione, non già ai ricavi in sé, ma all’attività imprenditoriale svolta, sicché deve provare e documentare l’imponibile maturato, ossia l’esistenza e la natura dei costi, i relativi fatti giustificativi e la loro concreta destinazione alla produzione” (Cass. n. 2224 del 02/02/2021, Rv. 66044701, Cass. n. 902 del 17/01/2020, Rv. 65664601, tra le più recenti);

29. per confutare tale affermazione, la società si limita a citare una circolare del Ministero del lavoro e un orientamento giurisprudenziale, che attengono tuttavia alla prova che il datore di lavoro dovrebbe fornire per escludere dall’imponibile contributivo le erogazioni in favore dei lavoratori a titolo di indennità chilometrica per le trasferte da loro fatte, che riguardano dunque una materia del tutto estranea a quella in esame;

30. anche il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato;

31. ritiene la società che la CTR abbia violato l’art. 112 c.p.c. per avere escluso la deducibilità delle spese per rimborsi chilometrici sulla base di argomenti diversi dagli unici posti a base dell’avviso di accertamento; in particolare, l’Amministrazione aveva ritenuto che la indeducibilità fosse desumibile dal fatto che i viaggi non erano mai stati autorizzati, mentre la CTR vi avrebbe aggiunto il riferimento all’assenza di documentazione che ne comprovasse l’effettivo svolgimento;

32. in realtà, come del resto riconosce la stessa ricorrente incidentale allorché cita Cass. n. 16250 del 31/07/2015, la giurisprudenza della S.C. è costante nell’affermare che il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c., riguarda soltanto l’ambito oggettivo della pronuncia, e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione (v. da ultimo Cass. 26/01/2021, n. 1616, Cass. 21/01/2020, n. 1149);

33. nella specie, la “causa petendi” era data dall’indeducibilità dei costi sostenuti dalla società per rimborsare i viaggi effettuati, mentre sia la mancata autorizzazione dei viaggi, sia l’assenza di documentazione concernente gli stessi, costituivano gli elementi di fatto dimostrativi della mancanza di inerenza e dunque della indeducibilità;

34. deve pertanto escludersi che la violazione denunciata colpisca la sentenza impugnata;

35. il terzo motivo è infine inammissibile;

36. la società sostiene che la CTR avrebbe trascurato un’eccezione di compensazione dei maggiori utili accertati con le perdite di esercizio che essa avrebbe sollevato con il ricorso originario contro l’avviso di accertamento e avrebbe poi riproposto in sede di appello incidentale;

37. tuttavia, la Labbate, mentre ha riportato il brano del ricorso di primo grado in cui tale eccezione è stata formulata, tanto non ha fatto con i passaggi dell’appello incidentale, così impedendo al Collegio di verificare l’idoneità della riproposizione in appello dell’eccezione a impedire la formazione del giudicato sul punto e rendendo dunque il proprio ricorso carente sotto il profilo dell’autosufficienza;

38. in conclusione, il ricorso principale deve essere accolto in relazione ad entrambi i motivi dedotti e la sentenza impugnata cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione;

39. il ricorso incidentale va invece rigettato e, in relazione ad esso, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, se dovuto.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale in relazione ai motivi proposti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione; rigetta il ricorso incidentale; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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