LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26086/2018 R.G. proposto da:
B.L., rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Pisillo, con domicilio eletto in Roma, C.so Vittorio Emanuele II, n. 18, presso lo studio del Dott. Gian Marco Grez;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate;
– intimata –
avverso la sentenza n. 223, della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 7 febbraio 2018;
e sul ricorso iscritto al n. 26088/2018 R.G. proposto da Morpurgo Daniela, rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Pisillo, con domicilio eletto in Roma, C.so Vittorio Emanuele II, n. 18, presso lo studio del Dott. Gian Marco Grez;
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ope legis domicilia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 224, depositata il 7 febbraio 2018, della Commissione tributaria regionale della Toscana;
udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 16 giugno 2021, dal Consigliere Dott. Liberato Paolitto.
RILEVATO
che:
1. – con sentenza n. 223, depositata il 7 febbraio 2018, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato l’appello proposto da B.L., così integralmente confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento catastale recante rettifica (nella categoria A/1, con conseguente maggiore rendita) della proposta di classamento (in categoria A/7) contenuta nella dichiarazione di variazione presentata con procedura Docfa;
1.1 – il giudice del gravame ha ritenuto che:
– andava disattesa la prospettazione dell’appellante in ordine all’equiparazione della nozione di abitazione di categoria A/1 a quella di abitazione di lusso;
– nella fattispecie ricorrevano gli elementi caratterizzanti dell’abitazione di tipo signorile che erano costituiti da: – “superficie dell’unità immobiliare pari a metri quadrati 429… nettamente superiore a quella indicata per le abitazioni di questa natura (Metri quadrati 150)… numero quattro servizi igienici, 10 vani principali di superficie superiore al valore medio, riscaldamento autonomo, loggia esclusiva, resede di circa 5000 m2 ed ampio salone di metri quadrati 75.”;
1.2 – B.L. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi e, in relazione all’odierna udienza, ha rinunciato ai termini in esito all’ordinanza interlocutoria resa all’udienza del 19 maggio 2021;
– l’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva;
2. – con sentenza n. 224, depositata il 7 febbraio 2018, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato l’appello proposto da Morpurgo Daniela, anche in questo caso integralmente confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione dell’avviso di accertamento catastale di rettifica (nella categoria A/1, con conseguente maggiore rendita) della proposta di classamento (in categoria A/7) contenuta nella dichiarazione di variazione presentata con procedura Docfa;
2.1 – il giudice del gravame, – pronunciando sull’appello proposto dal comproprietario della stessa unità immobiliare oggetto di decisione con la sentenza n. 223, 7 febbraio 2018, – ha posto a fondamento del decisum le medesime ragioni di cui sopra s’e’ dato conto;
2.2 – Morpurgo Daniela ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi, illustrati con memoria;
– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. – il ricorso proposto da Morpurgo Daniela, ed iscritto al n. 26088/2018 di R.G., va riunito al ricorso iscritto al n. 26086/2018 di R.G., proposto da B.L., seppur i ricorsi non risultano proposti avverso la stessa sentenza;
– come, difatti, deducono i ricorrenti, – e come, del resto, emerge dal congiunto esame delle gravate pronunce, – vengono in considerazione la medesima unità immobiliare, in comproprietà dei ricorrenti stessi, nonché avvisi di accertamento che, di identico contenuto dispositivo, hanno formato oggetto di impugnazioni che i giudici dei gradi di merito hanno trattato parallelamente, senza con ciò procedere ad una loro formale riunione;
– secondo un costante orientamento della Corte, l’impugnazione dell’atto di classamento di un immobile di cui siano proprietari più soggetti dà luogo ad un litisconsorzio necessario originario tra tutti i comproprietari, non potendosi ammettere che tale accertamento vincolante ai fini dell’esercizio del potere impositivo da parte del Comune in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI) – possa condurre a valutazioni diverse in ordine alla natura dell’immobile medesimo (Cass., 13 agosto 2020, n. 17020; Cass., 17 gennaio 2020, n. 1009; Cass., 11 febbraio 2014, n. 3068; Cass., 28 dicembre 2012, n. 24101; Cass., 30 giugno 2010, n. 15489);
– per quanto, poi, sia stata affermata la rilevabilità d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, e dunque anche in sede di legittimità, del difetto di integrità del contraddittorio, con il solo limite del giudicato (Cass., 12 aprile 2017, n. 9394; Cass., 28 febbraio 2012, n. 3024; Cass., 3 novembre 2008, n. 26388), più di recente le Sezioni Unite della Corte, – nel “dare preminenza al principio di effettività nella valutazione dell’esercizio e della lesione del diritto di difesa”, – hanno statuito che il giudice di legittimità non può rilevare il difetto del contraddittorio, né procedere alla rimessione della causa davanti al giudice di merito, ma è chiamato ad esaminare il ricorso e a deciderlo, qualora il litisconsorte pretermesso spieghi intervento volontario nel giudizio di cassazione, aderendo in pieno alle difese svolte dal litisconsorte presente nel giudizio e, così, consentendo di verificare l’assenza di alcun pregiudizio alle facoltà processuali delle parti (così Cass. Sez. U., 31 marzo 2021, n. 9006);
– e detto principio di diritto deve ritenersi senz’altro estensibile alla fattispecie in trattazione che, come si avrà modo di rilevare, è connotata dallo svolgimento di motivi di ricorso per cassazione di identico contenuto oltreché dall’effettiva trattazione nel merito di giudizi che, seppur non riuniti, hanno formato oggetto di pronunce giudiziali connotate anch’esse da medesimi contenuti definitori;
2. – tanto premesso, i due ricorsi espongono, come anticipato, le medesime ragioni di censura che, pertanto, possono essere unitariamente riassunte nei seguenti motivi;
2.1 – col primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, ed al D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 4 e 8, deducendo, in sintesi, che, – a fronte degli spiegati motivi di appello involgenti l’insufficienza della motivazione posta a fondamento dell’atto impugnato, avuto riguardo all’omessa esplicitazione dei criteri di comparazione nella fattispecie impiegati per la rettifica catastale ed alla stessa insussistenza, nella zona, di unità immobiliari classate nella categoria A/1, – la gravata sentenza, – nel ritenere assorbente la valutazione delle caratteristiche intrinseche della stessa unità immobiliare, – era incorsa nella denunciata violazione di legge, posto, poi, che “la valutazione analitica delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche del fabbricato attiene prevalentemente all’assegnazione della classe – e non all’attribuzione della categoria”;
2.2 – il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, espone la denuncia di omesso esame di fatto decisivo controverso, assumendo i ricorrenti che: – risultava necessario, nella fattispecie, individuare l’unità catastale tipo cui rapportare la valutazione sul classamento; – l’attribuzione della categoria implicava, quindi, la “comparazione del fabbricato con l’insieme delle unità già censite nella zona censuaria” con medesima destinazione ordinaria; – l’omessa indicazione, nell’atto di rettifica catastale, dei criteri di comparazione con unità immobiliari simili integrava (anche) un vizio di motivazione;
– nel pronunciare sugli spiegati motivi di appello la gravata sentenza non aveva, pertanto, tenuto conto di detta quaestio facti;
2.3 – col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 138 del 1988, art. 8, al D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 62, ed al D.M. 7 dicembre 2016, allegato LG1, deducendo che, come reso esplicito dalla definizione contenuta in detto allegato LG1, l’abitazione di tipo signorile presuppone la presenza di finiture pregiate, laddove, nella fattispecie, veniva in considerazione unità immobiliare rurale priva di siffatte finiture, – da controparte individuate (esclusivamente) nell’impiego del materiale (in cotto) utilizzato per la pavimentazione e nella soluzione del riscaldamento a pavimento, – così che l’accertamento operato dalla gravata sentenza, in ordine alla sussistenza di un impianto di riscaldamento autonomo, integrando il contenuto di una disposizione elastica, si era risolto in una violazione di legge;
3. – il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento;
3.1 – come rimarcato in diverse occasioni dalla Corte, il provvedimento di attribuzione della rendita catastale è un atto che inerisce al bene in una prospettiva di tipo reale, riferita alle caratteristiche oggettive che connotano la sua destinazione ordinaria (v. Cass., 30 ottobre 2020, n. 24078; Cass., 14 ottobre 2020, n. 22166; Cass., 10 giugno 2015, n. 12025);
– come, poi, reso esplicito dal dato normativo (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8) l’attribuzione della categoria, – che rientra nel più ampio concetto di classamento dell’unità immobiliare (art. 8, comma 1, cit.), – non è affatto disgiunta dalla considerazione “delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche del fabbricato”, posto che la categoria “e’ assegnata in base alla normale destinazione funzionale per l’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali” e che, quindi, ai fini del classamento, deve tenersi conto (anche) del fattore posizionale e di quello edilizio (art. 8, commi 5 e ss.);
3.2 – nella fattispecie, il giudice del gravame, come si è anticipato, ha dato espressamente conto dei connotati tipologici dell’unità immobiliare, identificati secondo l’estensione della relativa superficie, e per sua articolazione interna, ed esterna, – per di più rimarcandone l’ubicazione “a poca distanza da altri immobili di pregio”, – ed a fronte degli accertamenti in questione i ricorrenti risolvono le loro censure nella mera reiterazione delle difese svolte nei precedenti gradi di merito, senza, così, spiegare in quali effettivi termini abbia difettato la valutazione comparativa, secondo l’unità tipo di riferimento che, diversamente, emerge (proprio) dagli specifici accertamenti operati dal giudice del gravame;
4. – anche il secondo motivo, – che pur prospetta profili di inammissibilità, – è destituito di fondamento;
4.1 – nella misura in cui evoca un vizio di motivazione dell’atto impugnato, la censura, – che, così, fuoriesce dallo schema di denuncia incentrato sull’omesso esame di fatto decisivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e che, pertanto, va riqualificata in termini di violazione di norma sostanziale, – è destituita di fondamento;
– con riferimento all’atto di classamento adottato in esito alla procedura docfa (D.M. n. 701 del 1994), – procedura, questa, connotata da una “struttura fortemente partecipativa”, – la Corte ha già avuto modo di (ripetutamente) rilevare che l’obbligo di motivazione “deve ritenersi osservato anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio… e della clpsse conseguentemente attribuita all’immobile, trattandosi di elementi idonei a consentire al contribuente, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, di intendere le ragioni della classificazione, sì da essere in condizione di tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie” (v., ex plurimis, Cass., 13 novembre 2019, n. 29373; Cass., 9 luglio 2018, n. 17971; Cass., 3 febbraio 2014, n. 2268; Cass., 21 luglio 2006, n. 16824; Cass., 7 giugno 2006, n. 13319); e si e’, altresì, rimarcato che gli indicati termini di riscontro dell’obbligo di motivazione dell’atto di classamento, adottato in esito alla procedura Docfa, debbono ritenersi inadeguati (solo) a fronte di una immutazione della proposta formulata dalla parte (con la dichiarazione di accatastamento), immutazione rilevante, – ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione, – qualora incentrata sugli “elementi di fatto” di detta proposta, non anche qualora (ad elementi di fatto immutati) la diversa valutazione della rendita catastale (così come nella fattispecie) consegua “da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni”.(v., ex plurimis, Cass., 28 ottobre 2020, n. 23674; Cass., 13 novembre 2019, n. 29373; Cass., 22 maggio 2019, n. 13778; Cass., 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., 24 aprile 2015, n. 8344; Cass., 31 ottobre 2014, n. 23237);
4.2 – anche il motivo in questione, nel resto, si risolve nella riproposizione di argomenti difensivi, e di deduzioni, già svolti nei pregressi gradi di merito rispetto ai quali il ricorrente non articola alcuna censura incentrata sugli accertamenti operati dalla gravata sentenza in ordine agli specifici tratti tipologici che connotano la destinazione ordinaria dell’unità immobiliare in questione;
– risultando, dunque, indubbio che detti accertamenti hanno implicato la considerazione di un’unità cd. tipo, cui il giudice del gravame ha inequivocamente correlato i suoi rilievi, – unità tipo che, nella prassi, identifica l’abitazione signorile con le “Unità immobiliari appartenenti a fabbricati ubicati in zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture e dotazione di impianti e servizi di livello superiore a quello standard dei fabbricati di tipo residenziale. Elevata superficie.” (così la nota Ministero delle finanze 4 maggio 1994, n. c-1/1022; v., altresì, la circolare n. 5, del 14 marzo 1992), – le censure in discorso si risolvono, giustappunto, in mera riproposizione di argomenti e non anche nella prospettazione di un dato fattuale che, quale elemento di fattispecie normativa, in ragione della sua omessa considerazione avrebbe potuto determinare un diverso esito della contestata valutazione;
5. – del pari destituito di fondamento rimane il terzo motivo;
5.1 – in disparte che l’evocata fonte normativa (D.M. 7 dicembre 2016, e relativo allegato LG1) ha un ben diverso ambito di applicazione (la tutela da esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici in relazione alle pertinenze esterne con dimensioni abitabili), – e, ai fini in discorso (v., difatti, la stessa intestazione dell’allegato LG1, cit.), si risolve nel (mero) rinvio ai dati di qualificazione offerti dalla stessa amministrazione catastale, qualificazione, questa, di cui sopra s’e’ dato conto, – rileva la Corte che le disposizioni in tema di classamento, – seppur connotate dal difetto di un’espressa definizione legislativa in punto di distinzioni tipologiche tra le categorie catastali (Cass., 13 febbraio 2015, n. 2995; Cass., 28 marzo 2014, n. 7329; Cass., 8 settembre 2008, n. 22557), – non costituiscono affatto clausole generali, ovvero disposizioni a contenuto elastico, il cui contenuto debba essere giustappunto integrato dal giudice alla stregua di un’operazione valutativa suscettibile di sindacato di legittimità sotto il profilo dei principi generali di sistema, e dei valori, sottesi dalla disposizione a contenuto generale;
5.2 – in punto di classamento, per vero, vengono, diversamente, in considerazione i dati di stima che, – incentrati su unità immobiliari di riferimento, – consentono di ripercorrere il processo estimativo secondo coordinate fattuali volte ad identificare, in una valutazione di sintesi, i caratteri tipologici di una data unità immobiliare rispetto a quella assunta, per l’appunto, a termine di riferimento;
– operazione questa suscettibile, dunque, di controllo, nel giudizio di legittimità, sotto il profilo dell’esistenza stessa di un siffatto procedimento estimativo, – il cui difetto, in effetti, si risolve nella violazione della disciplina di legge involgente il classamento catastale, – procedimento che, però, una volta ripercorso dal giudice del merito, non può che essere censurato in ragione degli elementi fattuali postivi a fondamento e, così, oggetto di verifica nel giudizio di cassazione sotto il profilo del vizio di accertamento (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);
5.3 – anche a riguardo della censura in trattazione, poi, le parti ricorrenti non deducono in ragione di quali finiture, – diverse ed ulteriori, rispetto alla pavimentazione in cotto accertata dal giudice del gravame, – l’unità immobiliare non avrebbe potuto considerarsi di tipo signorile, la censura, ancora una volta, risolvendosi (in negativo) nella deduzione di inconcludenza (in tesi) dell’accertamento operato dal giudice del gravame piuttosto che nell’esposizione (in positivo) del dato di fatto decisivo (caratteri tipologici delle finiture presenti nell’unità immobiliare) rilevante ai fini della decisione perché oggetto di discussione ma (non anche) di esame da parte del giudice di merito;
6. – le spese del giudizio di legittimità proposto da Morpurgo Daniela vanno disciplinate secondo soccombenza nel rapporto processuale con l’Agenzia delle Entrate che, a sua volta, non ha svolto attività difensiva nel giudizio di legittimità introdotto da B.L.;
– nei confronti dei ricorrenti sussistono, poi, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale da ciascuno di loro proposto, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).
P.Q.M.
La Corte:
riunisce i ricorsi e li rigetta;
condanna la ricorrente Morpurgo Daniela al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale da ciascuno di loro proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenuta da remoto, il 16 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021