LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26942-2014 proposto da:
G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI 3, presso lo studio dell’avvocato DANIELE VAGNOZZI, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO BASILAVECCHIA;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 83/2013 della COMM. TRIB. REG. TOSCANA, depositata il 24/09/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/07/2021 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
RILEVATO
che:
L’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Pisa – notificò al sig. G.G. avviso di accertamento, col quale, in rettifica dei redditi dichiarati per l’anno d’imposta 2003, era accertato maggior reddito da lavoro autonomo per Euro 166.470,00 a fronte di quello dichiarato di Euro 21.294,00, con la ripresa a tassazione delle maggiori imposte IRPEF, IVA ed IRAP ritenute dovute, oltre sanzioni ed interessi.
L’accertamento seguiva indagine finanziaria e bancaria, autorizzata dalla competente Direzione regionale delle entrate per la Toscana, a sua volta attivata in conseguenza di verifica contabile a carico della società Edil Costruttori S.r.l. di cui il G. era socio.
Proposta dal contribuente impugnazione avverso l’atto impositivo, l’adita Commissione tributaria provinciale (CTP) di Pisa accolse parzialmente il ricorso, riducendo parzialmente l’imponibile accertato in Euro 131.606,00, avendo ritenuto giustificate uscite per Euro 34.864,00.
La sentenza impugnata era oggetto tanto di appello principale da parte del contribuente, quanto di appello incidentale da parte dell’Ufficio, nei capi di rispettiva soccombenza, dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Toscana, che, con sentenza n. 83/35/13, depositata il 24 settembre 2013, respinse ciascun gravame.
Avverso detta sentenza, non notificata, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, ulteriormente illustrato da memoria, ex art. 380 bis 1 c.p.c., affidato a cinque motivi, cui l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando che, nella scarna, apparente motivazione della sentenza impugnata, appare evidente come non sia stata affrontata dalla decisione impugnata alcuna delle questioni poste dal contribuente nel ricorso di primo grado, e, quindi, in sede di ricorso in appello, senza che neppure possa dirsi la motivazione integrata per relationem con quanto osservato dal giudice di primo grado, mancando del tutto la possibilità di rilevare che, alla conferma della decisione di primo grado, la sentenza impugnata sia pervenuta attraverso un proprio autonomo esame critico dei motivi di appello.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in relazione alla L. n. 241 del 1990, art. 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando Come la sentenza impugnata, nel limitarsi a dichiarare corretto l’operato dell’Ufficio sotto il profilo procedurale, abbia erroneamente ritenuto ininfluente la mancata redazione di un atto conclusivo dell’istruttoria svolta.
3. Con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 2, art. 38, commi 1 e 2, art. 39, comma 1, lett. d), art. 67, nonché violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, art. 51, comma 2, n. 2, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la sentenza impugnata finito col legittimare l’inaccettabile duplicazione del prelievo operato dall’Ufficio, nell’applicare la presunzione legale tanto con riferimento ai versamenti, quanto ai prelevamenti ritenuti non giustificati, sui conti correnti personali del G. relativamente ai maggiori compensi allo stesso imputati, senza dar conto alcuno del fatto che la genesi dell’accertamento concerneva il preteso maggior reddito da capitale derivante dall’accertamento espletato nei confronti della società della quale il G. era socio.
4. Con il quarto motivo, in via subordinata, il ricorrente censura ancora la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 2, art. 38, comma 1 e 2, art. 39, comma 1, lett. d), art. 67, nonché violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, art. 51, comma 2, n. 2, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la CTR ha desunto maggiori compensi professionali in capo al contribuente non solo dalle movimentazioni in entrata dei conti correnti esaminati, ma anche da quelle in uscita, cioè dai prelevamenti, considerati giustificati solo in minima parte, dovendo trovare applicazione, con effetto ex tunc, ai giudizi in corso, la sentenza n. 228/2014 della Corte costituzionale che ha rilevato, in parte qua, l’illegittimità della presunzione legale relativa quanto ai compensi derivanti dall’espletamento di lavoro autonomo.
5. Con il quinto motivo, infine, il ricorrente denuncia, in via subordinata, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, e art. 17, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato il motivo di appello col quale era stata dedotta l’assoluta carenza di motivazione sul quantum delle sanzioni irrogate, essendo le sanzioni applicate illegittime nel calcolo del cumulo giuridico, non avendo preso in considerazione tutti gli anni accertati.
6. Il primo motivo è fondato e va accolto. Per quanto attiene al merito dell’accertamento la motivazione della sentenza, che richiama, nella parte relativa allo svolgimento del processo, solo in maniera del tutto generica i motivi addotti a sostegno dell’appello principale proposto dal, contribuente, si limita, per un verso, ad un’acritica adesione alla sentenza di primo grado e, per altro verso, a generiche frasi assertive della correttezza dell’operato dell’Ufficio in base delle norme di riferimento, concludendo nel senso che, stabilendo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, una presunzione legale, il contribuente, ai fini della prova contraria, avrebbe prodotto prove documentali se non parzialmente.
6.1. La sentenza impugnata omette pertanto di confrontarsi adeguatamente con i motivi di gravame proposti dal contribuente, impedendo quindi di verificare che alla conferma della decisione si primo grado la CTR sia pervenuta attraverso una propria valutazione critica dei motivi addotti dal contribuente a sostegno dell’appello principale, ed omettendo, al fine della verifica dell’idoneità della prova contraria a superare la presunzione legale relativa posta dalla citata norma, di dar conto delle ragioni per le quali la documentazione addotta era insufficiente a ritenere che i movimenti in entrata registrati sui conti correnti bancari del contribuente potessero imputarsi a maggiori compensi non dichiarati scaturenti dall’attività professionale di geometra, svolta autonomamente dal G..
6.2. Va pertanto in questa sede ribadito che “(i)n tema di ricorso per cassazione, è nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame” (cfr. tra le molte, più di recente, Cass. sez. 5, ord. 3 maggio 2019, n. 11167; Cass. sez. lav. 25 ottobre 2018, n. 27112; più in generale, in tema di motivazione apparente, Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 3 novembre 2016, n. 22232).
6.3. Specificamente, in tema di accertamenti bancari tanto ai fini delle imposte dirette quanto dell’IVA, si è quindi posto in rilievo, da ultimo in tema di accertamento riguardante l’IVA (cfr. Cass. sez. 5, ord. 5 aprile 2021, n. 11696), che se è vero che grava sul contribuente l’onere di superare la presunzione posta dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, ciò comporta che il giudice di merito sia tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso contribuente, avuto riguardo ad ogni singola movimentazione e dandone conto in motivazione.
Motivazione che, al riguardo, come si è avuto modo innanzi di rilevare, risulta essere stata del tutto omessa da parte del giudice tributario d’appello.
7. Il ricorso va quindi accolto in relazione al primo motivo, restando per l’effetto assorbito l’esame dei restanti motivi.
7.1. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021