Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31942 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12924/2015 R.G. proposto da:

Gloria sas di A.C. & C. (già Glober sas di C.S. & C.), C.S., B.A., rappresentati e difesi dalli avv. Angelo Stefanori, con domicilio eletto in Roma, piazza dei Martiri di Belfiore n. 2;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Trento n. 86/01/14, depositata il 28 novembre 2014.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio dell’8 luglio 2021 dal Consigliere Enrico Manzon.

RILEVATO

che:

Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria di secondo grado di Trento rigettava l’appello proposto da Glober sas (ora Gloria sas) e dai suoi soci avverso la sentenza n. 16/5/12 della Commissione tributaria di primo grado di Trento che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2006.

Osservava il giudice tributario di appello in particolare che non erano fondate le difese/eccezioni dei ricorrenti miranti ad escludere l’applicabilità della disciplina antielusiva delle società “non operative” (L. n. 724 del 1994, art. 30), con specifico riguardo alle circostanze asseritamente “sopravvenute” (rivalutazione di immobile parzialmente strumentale, mutamento della compagine societaria, opere di ristrutturazione di detto immobile, stagionalità dell’attività di affittacamere), in quanto prive della qualità occorrente a farle ritenere tali da ingenerare la causa di esclusione dell’applicabilità della citata normativa.

Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione i contribuenti deducendo due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – i ricorrenti lamentano la violazione/falsa applicazione della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 1, n. 6 sexies, della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 128, lett. c), poiché la CTR non ha applicato la speciale causa di esclusione della disciplina antielusiva per le c.d. società di comodo prevista dalla prima disposizione legislativa evocata, come modificata dalla seconda con effetto dal 1 gennaio 2008, qualora la contribuente verificata sia “congrua/coerente” ai fini dello studio di settore, trattandosi di atto impositivo emesso il 15 novembre 2011 e dunque soggetto a tale novella legislativa.

La censura è infondata.

Va ribadito che “In tema di accertamento fondato su studi di settore, la causa di esclusione della presunzione di non operatività delle società di mero godimento (cd. società di comodo) prevista dalla L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 1, n. 6-sexies, è una norma sostanziale, idonea ad incidere direttamente sulla decisione di merito, sicché è priva di efficacia retroattiva” (Sez. 5 -, Sentenza n. 18912 del 17/07/2018, Rv. 649717 – 01; conf., in termini, Cass., 31626/2019).

Tale novella della disposizione antielusiva de qua non può dunque essere applicata nel caso di specie, trattandosi di annualità d’imposta (2006) precedente all’entrata in vigore (1 gennaio 2008) della novella medesima, stante la natura giuridica di “norma sostanziale” e non “procedimentale”.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – i ricorrenti si dolgono della violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 30 e 110, della L. n. 448 del 2001, art. 3, poiché la CTR non ha accolto la sua eccezione riguardante il valore degli immobili, strumentali (albergo) ed abitativi, utilizzato dall’agenzia fiscale al fine dell’effettuazione del c.d. “test di operatività” necessario per l’applicazione della disposizione legislativa antielusiva in questione. In particolare i ricorrenti affermano l’erroneità giuridica della sentenza impugnata sul punto della decorrenza degli effetti della rivalutazione di detti immobili, non dovendo la stessa essere riferita all’anno d’imposta (2003) nella quale è stata effettuata, bensì, L. n. 448 del 2001, ex art. 3, “a decorrere dal secondo esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita”.

La censura è infondata.

Pacifico che la rivalutazione degli immobili de quibus è avvenuta nel 2003, alla medesima non può che applicarsi la previsione di cui alla L. n. 342 del 2000, art. 12, comma 3, secondo la quale “Il maggior valore attribuito ai beni in sede ai rivalutazione si considera riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive a decorrere dall’esercizio nel cui bilancio la rivalutazione è eseguita”.

Di contro, diversamente da quanto opinano i ricorrenti, non può ritenersi applicabile la L. n. 448 del 2001, art. 3, commi 1-2, che prevedono “1. La rivalutazione dei beni di impresa e delle partecipazioni, di cui alla L. 21 novembre 2000, n. 342, capo I, sezione II, può essere eseguita anche con riferimento a beni risultanti dal bilancio relativo all’esercizio chiuso entro la data del 31 dicembre 2000, nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo, per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge. 2. Il maggiore valore attribuito in sede di rivalutazione si considera fiscalmente riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) a decorrere dal secondo esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita”.

Risulta infatti evidente che tale testo normativo, per così dire “aggiorna” ed estende la disposizione legislativa precedente ai beni risultanti iscritti in bilancio entro la data del 31 dicembre 2000, con riferimento ai bilanci successivi all’entrata in vigore della stessa L. n. 448 del 2001, ed è per tale ragione che ne viene fissata una diversa decorrenza.

Ne deriva l’opportuna formulazione del seguente principio di diritto “In tema di agevolazioni fiscali ed ai fini dell’applicabilità della disciplina antielusiva di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30, relativa alle società non operative, la L. n. 342 del 2000, art. 12, comma 3, è applicabile in via generale alle rivalutazioni successive all’entrata in vigore della disposizione legislativa medesima, mentre la L. n. 448 del 2001, art. 3, commi 1-2, si limita ad estendere le previsioni della prima alle rivalutazioni operate con riferimento a beni risultanti dal bilancio relativo all’esercizio chiuso entro la data del 31 dicembre 2000 e quindi antecedentemente all’entrata in vigore della disposizione legislativa medesima”.

Peraltro, dirimentemente in rito, non è nemmeno dato comprendere per quale ragione questa diversa decorrenza dovrebbe avere effetto sul “test di operatività”, mancando il ricorso sotto questo profilo di specificità.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600 vive.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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