LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17580/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
SVE Group srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Carmine Paudice, con domicilio eletto in Napoli, via dei Mille n. 16;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 3593/52/15, depositata il 17 aprile 2015.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio dell’8 luglio 2021 dal Consigliere Enrico Manzon.
RILEVATO
che:
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 1888/28/14 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva accolto il ricorso della Sve Group srl contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2006.
La CTR osservava in particolare che l’agenzia fiscale non aveva comprovato che la società contribuente, quale asserita utilizzatrice di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, fosse consapevole della frode, traendo peraltro un argomento rafforzativo di prova contraria dall’intervenuta assoluzione penale del legale rappresentante della società medesima e da ciò derivava l’affermazione dell’infondatezza delle pretese fiscali portate dall’atto impositivo impugnato.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente.
CONSIDERATO
che:
In via preliminare e dirimente va rilevata l’inammissibilità, per tardività, dell’impugnazione.
Come eccepito dalla controricorrente, tenuto conto che la sentenza impugnata è stata notificata il 29 aprile 2015 e quindi rilevato che il termine c.d. “breve” per impugnarla scadeva il 29 giugno 2015 (proroga ex lege dal 28 giugno 2015, sessantesimo giorno, domenica), essendo stato avviato per la notifica a mezzo posta il 30 giugno 2015 il ricorso appare appunto tardivo e perciò inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600 per onorari, Euro 200 per esborsi oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021