Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31951 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4642-2015 proposto da:

ST JUDE MEDICAL ITALIA SPA, AB MEDICA HOLDING SPA, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIULIO GALLI, 132, presso lo studio dell’avvocato BARBARA CASSOL, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCA NICOLA MASOTTI;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3738/2014 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA, depositata il 08/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/07/2021 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

RITENUTO

che:

1. Con atto del *****, la società AB Medica s.p.a. con atto a rogito notaio M. A. costituiva la società AB- Medica Aga Division s.r.l. conferendo il ramo d’azienda relativo alla distribuzione di dispositivi cardiologici; successivamente in data *****, la società AB Medica cedeva la partecipazione nella Ab Medica – Aga Division. L’agenzia delle entrate notificava avviso di liquidazione di imposta di registro, riqualificando l’operazione di conferimento di azienda e la successiva cessione della partecipazione come un’unica cessione di azienda, con conseguente liquidazione della maggiore imposta di registro. Avverso l’avviso di liquidazione proponevano ricorso sia la società Ab Medica in qualità di alienante che la società Aga Medical Italia, in proprio e in qualità di incorporante dell’acquirente Aga Medical Italia s.r.l.

La CTP di Milano, riuniti i ricorsi, li accoglieva.

Proposto appello dall’Agenzia delle Entrate, la CTR della Lombardia lo accoglieva evidenziando che la contribuente non aveva dimostrato l’esistenza di apprezzabili ragioni economiche diverse dalla mera aspettativa dei benefici fiscali, mentre le operazioni poste in essere a breve distanza di tempo l’una dall’altra e consistite nella cessione del ramo d’azienda, nella costituzione di una società ad hoc nonché nella successiva cessione delle partecipazioni legittimavano la riqualificazione degli atti operata dall’amministrazione finanziaria.

Avverso la sentenza n. 3738/2014 depositata l’8 luglio 2014 della CTR della Lombardia, la società AB Medica Holding s.p.a. (Già AB Medica s.p.a.) propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza.

L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso.

CONSIDERATO

che:

2. Con il primo motivo, si lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, nonché della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, degli artt. 3,24 e 97 Cost, per avere i giudici regionali negato l’obbligo della preventiva instaurazione del contraddittorio, nonostante avessero ravvisato negli atti sottoposti a registrazione la cessione dell’azienda e dunque la natura elusiva degli atti. Ciò in quanto l’art. 37 bis citato si inquadra tra le norme che attribuiscono un potere quale quello di disconoscere atti ritenuti elusivi. In particolare, si deduce che la CTR avrebbe dovuto rilevare l’omessa instaurazione del preventivo contraddittorio, previsto a pena di nullità, atteso che l’atto di accertamento notificato alla contribuente aveva ad oggetto la contestazione di condotte elusive.

3. Con la seconda censura si deduce la violazione dell’art. 23 Cost., avendo la CTR, nel considerare la legittimità dell’atto opposto, ampliato la previsione delle prestazioni patrimoniali le quali invece non possono essere imposte se non in base alla legge.

4. Con il terzo mezzo, si prospetta la violazione dell’art. 53 Cost., per avere il decidente confermato la legittimità del provvedimento e dunque la natura elusiva degli atti registrati, non considerando che il Tuir ritiene leciti tali atti disponendone un trattamento agevolato ai fini delle imposte sui redditi.

Deduce la contribuente che il tributo di registro è una imposta d’atto correlata ad un servizio pubblico consistente nella registrazione degli atti, con la conseguenza che essa non tassa il trasferimento in sé ma l’atto sottoposto a registrazione.

5. Con il quarto motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20; per aver la CTR riconosciuto il potere dell’amministrazione di collegare e riqualificare atti autonomi tra loro registrati in maniera autonoma. Sostiene altresì la ricorrente che ogni atto presentato per la registrazione è autonomo e come tale va trattato ai fini dell’imposta di registro, essendo onere dell’Agenzia valutare gli atti sottoposti a registrazione non in base al nomen iuris che le parti utilizzano, ma all’effettiva sostanza che emerge dagli atti, senza poter considerare dati extratestuali.

6.Si osserva che, in tema d’imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, e dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali, l’Amministrazione finanziaria non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile.

La L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, invero, prevede: “Al T.U.I.R., di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’art. 20, comma 1: 1) le parole: “degli atti presentati” sono sostituite dalle seguenti: “dell’atto presentato”; 2) dopo la parola: “apparente” sono aggiunte le seguenti: “sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”;…”La L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, prevede: “La L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), costituisce interpretazione autentica del T.U. di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, comma 1.”

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 158 del 21/07/2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, e dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali.

La Corte Costituzionale ha ritenuto non fondati i dubbi così sollevati, osservando che: – ferma restando l’insindacabilità da parte del giudice delle leggi della interpretazione evolutiva attribuita dalla Corte di Cassazione, in funzione nomofilattica, all’art. 20 in parola, siccome riferita alla causa concreta dell’atto ed alla rilevanza del collegamento negoziale, non può dirsi, diversamente da quanto affermato dal giudice rimettente, che tale interpretazione sia l’unica costituzionalmente necessitata, essendo infatti compatibili con la Costituzione anche nozioni diverse di ‘atto presentato alla registrazioné e di ‘effetti giuridicì in relazione alle quali considerare la capacità contributiva espressa; la scelta del legislatore del 2017 di discrezionalmente escludere ogni rilevanza agli elementi extra-testuali ed ai negozi collegati (salvo che negli specifici casi desumibili da diverse disposizioni dello stesso TU Registro) deve ritenersi non arbitraria, ed anzi coerente con i principi ispiratori dell’imposta di registro e, in particolare, sia con la sua natura, storicamente riconosciuta, di ‘imposta d’attò, sia con la tipizzazione tariffaria e per effetti giuridici degli atti imponibili; la tesi dell’interpretazione dell’atto incentrata sulla nozione di causa reale non appare coerente con la sopravvenuta introduzione nell’ordinamento dell’art. 10 bis della L. 212 del 2000, poiché “consentirebbe all’amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale stabilita a favore del contribuente e, dall’altro, di svincolarsi da ogni riscontro di ‘indebitì vantaggi fiscali e di operazioni ‘prive di sostanza economicà, precludendo di fatto al medesimo contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario nazionale e dell’Unione Europea)”. Detta pronuncia è stata poi ribadita dalla medesima Corte con sentenza n. 39/2021, con la quale ha affermato che le questioni inerenti alla violazione degli artt. 3 e 53 Cost. sono manifestamente infondate, poiché prive di argomenti sostanzialmente nuovi rispetto a quelle già sollevate con la menzionata ordinanza del giudice di legittimità e dichiarate non fondate con sentenza n. 158 del 2020.

Nel caso di specie si verte appunto, come è pacifico tra le parti e come venne già inizialmente lamentato dalla società contribuente, di avviso di liquidazione di imposta proporzionale di registro su una concatenazione di atti che l’agenzia delle entrate riqualificava in maniera unitaria D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20, in termini di cessione di azienda mediante cessione della partecipazione. Su tale presupposto – decidendosi in diritto sul ricorso – la motivazione della sentenza della CTR va dunque cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti, può decidersi nel merito, accogliendo l’originario ricorso..

Le spese di lite vanno interamente compensate tra le parti, tenuto conto dell’evoluzione temporale della normativa e dell’interpretazione giurisprudenziale.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente.

Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile, tenuta da remoto, il 14 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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