LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso R.G. 25773/2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore (C.F.
*****), rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato (C.F. *****) presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
– ricorrente –
contro
SIR TILES SPA, in persona del suo legale rappresentante, con sede in *****;
S.F., nato a ***** il *****;
S. LUCIANO, nato a ***** il *****;
tutti rappresentati e difesi dall’avv. Mauro Beghin del Foro di Padova, dall’avv. Giuseppe Piva del Foro di Venezia, dall’avv. Giuseppe Carraro Aventi del Foro di Padova, dall’avv. Fabrizio Bulgarelli del Foro di Modena, con domicilio eletto ai fini del presente giudizio in Roma viale Parioli 43 presso lo studio dell’avv. Francesco Ayala Valva del Foro di Roma;
– controricorrenti ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 879/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della EMILIA ROMAGNA, depositata il 4 aprile 2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14.07.2021 dal Consigliere Relatore Dott. RITA RUSSO.
RILEVATO
che:
Con atto del 8 aprile 2009 SIR TILES s.p.a. deliberava l’aumento di capitale sociale da Euro 7.800.000,00 ad Euro 8.000.000,00, mediante il conferimento di un compendio immobiliare da parte dei soci S.F. e S.L. del valore complessivo netto di Euro 1.021.000,00. Il compendio era gravato da ipoteca a garanzia di un mutuo che la società si accollava. Ai fini della registrazione veniva applicata l’imposta di registro con l’aliquota dell’8% sulla base imponibile di Euro 1.021.000,00, pari al valore dei beni al netto delle passività, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 50. L’Agenzia delle entrate notificava quindi un avviso di liquidazione alla società ed ai soci conferenti, determinando il valore dei beni da sottoporre all’imposta di registro in Euro 10.330.000,00, così disconoscendo le passività gravanti sugli stessi al momento del conferimento ritenendo che gli atti negoziali posti in essere in tempi diversi fossero finalizzati ad evitare la tassazione al momento del conferimento, in quanto i soci avevano ottenuto il finanziamento costituendo ipoteca sui beni oggetto del successivo conferimento. Secondo l’ufficio il debito era stato contratto per ragioni personali non riferibili agli immobili trasferiti e, quindi, l’erogazione del mutuo costituiva la realizzazione economica finanziaria del valore reale dei terreni, con il vantaggio fiscale costituito dall’imposta di registro che avrebbe gravato sul solo valore dei beni conferiti.
SIR TILES s.p.a. nonché S.F. e S.L. hanno proposto ricorso, che era respinto dalla CTP di Modena. I contribuenti hanno quindi proposto appello che la CTR dell’Emilia-Romagna ha accolto rilevando che non vi sono elementi per ritenere che i soci si siano avvalsi dello schermo societario per realizzare vantaggi economici e traslare sulla società le passività dell’operazione negoziale, né vi sono elementi per desumere la originaria o sopravvenuta fittizietà dello schermo societario.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia affidandosi a due motivi. Si sono costituiti in giudizio con controricorso i contribuenti, i quali hanno svolto ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo. In esito all’adunanza camerale del 13 gennaio 2021 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per la pendenza della questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20. La causa è stata trattata all’adunanza camerale non partecipata del 14 luglio 2021. I contribuenti hanno depositato memorie.
RITENUTO
che:
1.- Con il primo motivo del ricorso l’Agenzia lamenta violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 50, 57 e 76. Deduce che non può detrarsi dal valore dei beni conferiti in società la passività derivante dal mutuo ipotecario acceso per l’acquisto degli stessi che la società aveva deliberato di accollarsi, dato che si tratta di mutuo contratto dai soci conferenti per finalità non collegate all’oggetto del trasferimento. Osserva, trascrivendo l’avviso di accertamento in ricorso, che l’ufficio ha inteso contestare solo che le passività conseguenti alle operazioni di mutuo non avrebbero potuto essere considerate ai fini dell’atto di conferimento, in quanto non si tratta di passività rientranti nel disposto di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 50.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20. Rileva che la CTR ha ritenuto decisiva la considerazione che non vi sono elementi utili a ritenere fittizio la “schermo societario” e che non emergono “comportamenti distrattivi e/o appropriativi delle somme provenienti dal mutuo” ma che l’amministrazione in applicazione dell’art. 20 non è tenuta a provare alcun intento elusivo delle parti, atteso che la norma impone solamente la tassazione dell’atto sulla base degli effetti oggettivamente raggiunti dallo stesso.
Con il motivo di ricorso incidentale condizionato i controricorrenti deducono violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, per aver la CTR implicitamente rigettato il motivo di gravame con cui gli appellanti si dolevano dell’inosservanza del contraddittorio endoprocedimentale.
2.- Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
Deve premettersi che in tema d’imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, e dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione deve avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 158 del 21/07/2020 ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, e dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali. Detta pronuncia è stata poi ribadita dalla medesima Corte con sentenza n. 39/2021, con la quale ha affermato che le questioni inerenti alla violazione degli artt. 3 e 53 Cost. sono manifestamente infondate, poiché prive di argomenti sostanzialmente nuovi rispetto a quelle già sollevate con la menzionata ordinanza del giudice di legittimità e dichiarate non fondate con sentenza n. 158 del 2020.
In sintesi il legislatore, con un intervento ritenuto conforme ai parametri costituzionali, ha voluto imporre una interpretazione isolata dell’atto da sottoporre a registrazione, fondata unicamente sugli elementi da esso desumibili, ribadendo così la natura d’imposta d’atto dell’imposta di registro, la quale colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto.
La più recente giurisprudenza di questa Corte si è pertanto orientata nel senso che: “In tema di imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 – nella formulazione successiva alla L. n. 205 del 2017 che, secondo la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, ne ha fornito l’interpretazione autentica e alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 158 del 2020 e n. 39 del 2021 – è legittima l’attività di riqualificazione dell’atto da registrare da parte dell’Amministrazione soltanto se operata “ab intriseco”, cioè senza alcun riferimento agli atti ad esso collegati e agli elementi extra-testuali, non potendosi essa fondare sull’individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dall’atto” (Cass. 10688/2021; Cass. 9065/2021).
2.1.- Ciò premesso, il disposto dell’art. 20 cit. deve necessariamente coordinarsi, nel caso che ci riguarda, con il disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 50, che è la norma concretamente applicata dalla amministrazione finanziaria che ha contestato non già la fittizietà dello schema societario, sul quale la CTR inutilmente argomenta, bensì che l’azione di indebitamento dei S. non trova “alcuna correlazione con il trasferimento del complesso immobiliare” in quanto “tale costo non è afferente e non è collegabile ai beni immobili”.
Questa Corte ha già avuto modo di valutare operazioni analoghe a quelle qui richiamate e di esprimersi sulla valenza del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 50, statuendo che tale norma, interpretata alta luce della disciplina comunitaria (Dir. CEE n. 335/69) impone che, qualora siano conferiti in società immobili, diritti reali immobiliari o aziende, sono deducibili, ai fini della determinazione della base imponibile, le sole passività ed oneri inerenti al bene o diritto trasferito, con esclusione di quelli che, anche se gravanti sul conferente ed accollati alla società, non sono collegati all’oggetto del trasferimento. E’ stato pertanto già affermato che l’imposta di registro è liquidata sul valore reale del bene di qualsiasi natura conferito o da conferire dai soci, previa deduzione delle obbligazioni assunte e degli oneri sopportati dalla società a causa di ciascun conferimento; non è quindi consentito alla norma nazionale la deduzione indiscriminata delle passività e degli oneri gravanti sul bene o sul diritto conferito, essendo al contrario necessaria un’attenta verifica, onde accertare la sussistenza di un collegamento fra le passività ed i beni conferiti, anche al fine di evitare mutui ipotecari costituiti in funzione di elusione del carico tributario (cfr. Cass. n. 23234 del 2015; n. 29403/2020, in motiv.). Con particolare riferimento al conferimento di immobili in società, ove i conferenti siano persone fisiche, la base imponibile non può quindi essere depurata delle passività connesse ad ipoteche che, come nel caso in esame, pur se gravanti sull’immobile conferito nella società, sono state accese dai conferenti per ottenere il mutuo accendendo ipoteca sui cespiti in epoca anteriore al conferimento dell’immobile in società (Cass. n. 9209/19).
La giurisprudenza di legittimità è quindi concorde nel ritenere che, in caso di conferimento in una società di beni immobili, diritti immobiliari od aziende, la base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro vada determinata deducendo dai beni e diritti conferiti solo ed unicamente le passività e gli oneri inerenti all’oggetto del trasferimento stesso e non anche le passività e gli oneri che, pur gravanti sull’immobile conferito, non possono dirsi assunte dalla società conferitaria per finalità connesse al perseguimento del proprio oggetto sociale (cfr. Cass. n. 475 del 2018; Cass. n. 9580 del 2013; n. 3444/2014).
Ciò basta a ritenere legittimo l’avviso di accertamento in questione e non pertinente alla fattispecie la questione del presunto intento elusivo; di conseguenza non viene in rilievo neppure la questione della necessità del contraddittorio endoprocedimentale.
Ne consegue, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo e rigettato il ricorso incidentale condizionato, la cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto può decidersi nel merito, rigettando l’originario ricorso del contribuente.
Le spese del doppio grado di merito possono essere compensate, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in favore della parte ricorrente in Euro 10.000,00 oltre spese prenotate a debito. Al rigetto del ricorso incidentale condizionato segue l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della parte contribuente. Rigetta il ricorso incidentale condizionato.
Compensa le spese del doppio grado di merito. Condanna parte controricorrente e ricorrente incidentale alle spese del giudizio di legittimità si liquidano in favore della parte ricorrente in Euro 10.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, camera di consiglio da remoto, il 14 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021