Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.31985 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11909-2020 proposto da:

L.G.F., F.B.M., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA MARGANA N. 29, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO BARLETTA, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE GIOIA;

– ricorrenti –

contro

L.G.C., rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE VASSALLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 671/2019 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 28/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Caltanissetta ha dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, l’appello proposto da L.G.F. e F.M.L., nella qualità di eredi di L.G.D.O., contro la sentenza del Tribunale di Enna, nella causa ereditaria inizialmente promossa da L.G.D.O. contro il fratello L.G.C..

La Corte d’appello, in particolare, ha ritenuto che l’impugnazione fosse stata proposta dopo il decorso del termine lungo, identificato in un anno dalla pubblicazione della sentenza in base all’art. 327, comma 1, nel testo applicabile ratione temporis.

Per la cassazione della sentenza L.G.F. e F.B.M. hanno proposto ricorso affidato a tre motivi. Con il primo motivo si dolgono, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perché la Corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione d’ufficio, senza sottoporre la questione al contraddittorio fra le parti. Con il secondo motivo essi censurano la decisione perché la Corte d’appello non si è avveduta che, in prossimità della scadenza del termine lungo, era intervenuta la morte della parte originaria L.G.D.O., il che imponeva la proroga del termine di mesi sei dal giorno dell’evento, in applicazione dell’art. 328 c.p.c., comma 3: in rapporto al termine prorogato l’appello era tempestivo. Con il terzo motivo si censura la regolamentazione delle spese di lite ingiustamente poste a carico degli appellanti, i quali avevano proposto una impugnazione tempestiva.

L.G.C. ha resistito con controricorso.

La causa è stata fissata dinanzi alla sesta sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di manifesta fondatezza del secondo motivo, con assorbimento delle altre censure.

E’ fondato il secondo motivo e il suo accoglimento determina l’assorbimento delle censure di cui ai restanti motivi. La corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione in base ai seguenti riferimenti temporali: posto che la sentenza è stata pubblicata il 29 settembre 2011, l’appello doveva essere notificato entro il 14 novembre 2012, laddove l’atto, notificato a mezzo del servizio postale dal difensore abilitato, era stata spedito il 13 maggio 2013.

Fatto e’, però, che la Corte d’appello, pur dando atto che l’impugnazione era stata proposta dagli appellanti nella qualità di eredi dell’attore originario L.G.D.O., non ha tenuto conto che il medesimo L.G.D.O. era morto il *****, in prossimità della scadenza e, quindi, decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. Ciò rendeva applicabile la norma dettata dall’art. 328 c.p.c., comma 3: “Se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica alcuno degli eventi previsti nell’art. 299, il termine di cui all’articolo precedente è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell’evento” (cfr. Cass. n. 18153 del 2004; Cass. n. 17003 del 2015).

E’ osservazione comune che la riforma del 2009 non ha coordinato il citato art. 328 c.p.c., comma 3, con l’abbreviazione del termine lungo a sei mesi. Questa Corte ha chiarito che “nei processi soggetti alla riduzione a sei mesi del termine ex art. 327 c.p.c., come riformulato ad opera della L. n. 69 del 2009, l’art. 328 c.p.c., comma 3, va interpretato nel senso che, ove dopo il decorso della metà del termine di cui al cit. art. 327 c.p.c., si verifichi uno degli accadimenti previsti dall’art. 299 c.p.c., il termine lungo di impugnazione è prorogato, per tutte le parti, di tre mesi dal giorno di tale evento” (Cass. n. 20528 del 2019).

Il problema nel caso in esame, tuttavia, non sussiste. Si applica, infatti, la norma dell’art. 327 c.p.c., nel testo originario, che stabiliva in un anno il termine lungo. Ciò significa che dalla data dell’evento il termine era prorogato di sei mesi, venendo quindi a scadere il 12 maggio 2013. Essendo il 12 maggio 2013 festivo (domenica), la scadenza era prorogata di diritto, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., comma 3, al successivo giorno non festivo 13 maggio 2013, allorché l’atto fu avviato per la notificazione a mezzo del servizio postale, avvenuta tramite il difensore abilitato.

In quanto all’obiezione, sollevata con il controricorso (secondo cui il principio sulla scissione degli effetti della notificazione non vale per quelle effettuate dal difensore abilitato), la stessa si risolve in una petizione di principio. Infatti, questa Corte ha chiarito che “il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante ed il destinatario, previsto dall’art. 149 c.p.c., è applicabile anche alla notificazione effettuata dall’avvocato, munito della procura alle liti e dell’autorizzazione del consiglio dell’ordine cui è iscritto, a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 1. Ne consegue che, per stabilire la tempestività o la tardività della notifica, rileva unicamente la data di consegna del plico all’agente postale incaricato del recapito secondo le modalità stabilite dalla L. 20 novembre 1982, n. 890” (Cass. n. 15234 del 2014; Cass. n. 770 del 2016).

Consegue ai rilievi di cui sopra che, in accoglimento del secondo motivo, la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Caltanissetta in diversa composizione perché decida sull’impugnazione. La corte di rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa alla Corte d’appello di Caltanissetta in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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