LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11355-2020 proposto da:
IMMOBILIARE GHE.A. S.R.L., F.E. e G.A., rappresentati e difesi dall’Avvocato MATTEO DIFINO, dall’Avvocato GIANCARLO PEREGO e dall’Avvocato FABIO GULLOTTI per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
A.C., rappresentato e difeso dall’Avvocato MARIA ANGELA GHEZZI per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
A.P., rappresentata e difesa dall’Avvocato MARCO GATTI per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 4106/2019 della CORTE D’APPELLO DI MILANO, depositata il 14/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 27/5/2021 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.
FATTI DI CAUSA
La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, in accoglimento degli appelli proposti da A.P. e da A.C., ha rigettato la domanda che la Immobiliare Ghe.A. s.r.l., G.A. ed F.E. avevano proposto per l’esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato con gli stessi il *****.
La corte, in particolare, dopo aver premesso, per quanto ancora rileva, che: – l’Immobiliare Ghe.A. s.r.l., in data *****, ha stipulato con A.P. e A.C. un contratto preliminare avente ad oggetto la compravendita di una “villetta bifamiliare sita in *****” a fronte del versamento da parte degli stessi del prezzo stabilito nella somma di Euro 375.000,00, oltre IVA; – l’oggetto di un contratto preliminare di vendita immobiliare può essere determinato attraverso atti e fatti storici esterni al negozio, anche successivi alla sua conclusione, nella sola ipotesi in cui l’identificazione del bene da trasferire avvenga in sede di conclusione consensuale del contratto definitivo su base negoziale e non quando, invece, afferisca ad una pronuncia giudiziale ex art. 2932 c.c., caso nel quale occorre che l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali, risulti dal preliminare, dovendo la sentenza corrispondere esattamente al contenuto del contratto, senza poter attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del bene oggetto del trasferimento; – ha ritenuto che, nel caso in esame, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, la sentenza sostitutiva del contratto preliminare non poteva essere pronunciata in mancanza di oggetto determinato o determinabile. Secondo la corte, infatti, “nessun elemento risulta fornito nel contratto preliminare di compravendita concluso dalla s.r.l. Immobiliare Ghe.A con il signor A.P. ed il signor A.C. circa la “villetta bifamiliare sita in *****”. A differenza di quanto accaduto per due villette bifamiliari facenti parte del complesso comprendente, che risultano essere state vendute dall’Immobiliare Ghe.A. s.r.l. a parenti dei promissari acquirenti con contratti stipulati nella forma dell’atto pubblico e che sono state “individuate con i dati catastali e con le coerenze che evidentemente sono conseguiti alla esecuzione di un frazionamento catastale”, ha aggiunto la corte, “nel contratto preliminare di compravendita” dedotto in giudizio “nessun elemento identificativo risulta essere indicato né risulta nel contratto preliminare essere stato specificato alcun elemento idoneo a far individuare la consistenza del bene immobile”, non risultando in alcun modo specificati “i dati catastali e le coerenze della villetta cui esso si riferisce così da non essere individuabile la parte del terreno originariamente acquistato dalla s.r.l. Immobiliare Ghe.A. occupata dalla villetta e i rapporti tra la villetta e la parte del terreno con le altre parti occupate dalle altre villette”. Il contratto preliminare non contiene, in definitiva, ha concluso la corte, l’indicazione degli elementi idonea a far individuare senza incertezze il bene che ne è l’oggetto ed e’, quindi, nullo, in base alla norma prevista dall’art. 1346 c.c., a causa dell’indeterminatezza del relativo oggetto.
L’Immobiliare Ghe.A. s.r.l. F.E. e G.A., con ricorso notificato il 18/3/2020, hanno chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.
A.P. e A.C. hanno resistito con distinti controricorsi. A.P. ha depositato una breve memoria.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2932,1321,1322,1346,1351 e 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, senza considerare e valutare il comportamento tenuto dalle parti, ha rigettato la domanda di esecuzione in forma specifica ritenendo la nullità del contratto preliminare stipulato con i convenuti per indeterminatezza dell’oggetto, omettendo, tuttavia, di considerare che, come le parti ben sapevano, la villetta bifamiliare promessa in vendita dalla società attrice era e non poteva che essere quella vicina e confinante alla villetta già venduta a familiari degli A., l’unica rimasta nella proprietà della promittente venditrice. Il contratto preliminare stipulato con i convenuti, quindi, ha osservato la ricorrente, avendo un oggetto senz’altro determinato o, quanto meno, determinabile anche con elementi acquisti aliunde con riferimento ad altri atti o documenti collegati a quello oggetto di valutazione, e, comunque, ben identificato per le parti, era valido e, come tale, suscettibile di esecuzione in forma specifica a norma dell’art. 2932 c.c..
2. Il motivo è infondato. L’oggetto di un contratto preliminare di vendita immobiliare può essere determinato attraverso atti e fatti storici esterni al negozio, anche successivi alla sua conclusione, nella sola ipotesi in cui l’identificazione del bene da trasferire avvenga in sede di conclusione consensuale del contratto definitivo su base negoziale e non anche quando, invece, afferisca ad una pronuncia giudiziale ai sensi dell’art. 2932 c.c.. In quest’ultimo caso, infatti, occorre che l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali, risulti dal preliminare, dovendo la sentenza corrispondere esattamente al contenuto del contratto, senza poter attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del bene oggetto del trasferimento. Peraltro, trattandosi di contratto per il quale è imposta la forma scritta, l’accertamento della presenza dei requisiti necessari per una sicura identificazione dell’oggetto del preliminare contratto è riservato al giudice di merito ed è soggetto al sindacato di legittimità solo sotto il profilo, nella specie neppure invocato, della logicità e congruità della motivazione (Cass. n. 21449 del 2017; Cass. n. 952 del 2013, la quale ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva rigettato una domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto preliminare avente ad oggetto un lotto di terreno, del quale era ricavabile la sola superficie complessiva, genericamente descritta come parte di un mappale, ma non la sagoma e l’esatta collocazione dell’area, assumendosi perciò la carenza dei parametri di determinabilità del bene promesso in vendita; Cass. n. 11874 del 2002).
3. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha escluso la determinabilità dell’oggetto del contratto preliminare senza, tuttavia, considerare e valutare nella loro interezza i documenti n. *****, n. ***** e n. *****, ritualmente prodotti in giudizio, dai quali si evince l’identificazione catastale dei beni in questione, tra cui il mappale 807 che identifica la villetta per cui è causa.
4. Il motivo è infondato. Secondo le Sezioni Unite di questa Corte (n. 8053 del 2014), infatti, l’art. 360 c.p.c., n. 5, consente di consente di denunciare in cassazione – oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, e cioè, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (così, più di recente, Cass. n. 27415 del 2018, in motiv.; Cass. n. 14014 del 2017, in motiv.; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.). Pertanto, laddove non si contesti – come nel caso di specie – l’inesistenza, nei termini predetti, del requisito motivazionale del provvedimento giurisdizionale, il vizio di motivazione può essere dedotto soltanto in caso di omesso esame di un “fatto storico” controverso ed appaia “decisivo” ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo giustificativo della decisione adottata sulla base di elementi fattuali ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. n. 23940 del 2017, in motiv.). Ne consegue che, nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente, che denuncia il vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ha l’onere di indicare non una mera “questione” o un semplice “punto” della sentenza ma il “fatto storico”, principale (e cioè il fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) ovvero secondario (cioè dedotto in funzione di prova di un fatto principale) – vale a dire un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. n. 27415 del 2018, in motiv.; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 29883 del 2017; Cass. n. 21152 del 2014; Cass. SU. n. 5745 del 2015) – il cui esame sia stato omesso, nonché il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti ed, infine, la sua “decisività” (Cass. n. 14014 del 2017, in motiv.; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.; Cass. n. 20188 del 2017, in motiv.). L’omesso esame di elementi istruttori non dà luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (vale a dire, nel caso in esame, l’oggetto del contratto e la sua identificazione), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie (Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.). E’, quindi, inammissibile la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, per sostenere semplicemente il mancato esame di deduzioni istruttorie ovvero di documenti da parte del giudice del merito (Cass. n. 27415 del 2018, in motiv.). La valutazione delle prove raccolte, del resto, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.). Rimane, pertanto, estranea al vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale probatorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova. La deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non consente, quindi, di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito. Com’e’ noto, H compito di questa Corte non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.): come, in effetti, è accaduto nel caso in esame.
5. La corte d’appello, invero, dopo aver valutato i documenti raccolti in giudizio, ha, in modo logico e coerente, indicato le ragioni per le quali ha escluso, in fatto, tanto la determinatezza, quanto la determinabilità dell’oggetto del contratto preliminare. Ed una volta escluso, come la corte ha ritenuto senza che tale apprezzamento in fatto sia stato correttamente censurato (nell’unico modo possibile, e cioè, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5) per omesso esame di uno o più fatti decisivi risultanti dal testo della sentenza o dagli atti del giudizio, che l’oggetto del contratto stipulato tra l’attrice e i convenuti non era né determinato né determinabile, non si presta, evidentemente, a censure la decisione che la corte d’appello ha conseguentemente assunto, e cioè il rigetto della domanda di esecuzione in forma specifica dello stesso. In effetti, come già evidenziato, ai fini della pronuncia prevista dall’art. 2932 c.c., occorre che l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali, risulti dal preliminare, dovendo la sentenza corrispondere esattamente al contenuto del contratto, senza poter attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del bene oggetto del trasferimento.
6. I motivi articolati in ricorso si rivelano, quindi, del tutto infondati. Peraltro, poiché il giudice di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti, il ricorso, a norma dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, è manifestamente inammissibile.
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
8. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna i ricorrenti a rimborsare a ciascuno dei due controricorrenti le spese di lite, che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021
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