Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32029 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8813/2019 R.G. proposto da:

The Boeing S.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Mario Anzisi e Francesco Montemurro, con domicilio eletto in Roma, via della Giuliana, n. 32, presso lo studio legale Perrotta-Casagrande;

– ricorrente –

contro

Gestione Servizi Aeroporti Campani S.p.a. (“GE.S.A.C. S.p.a.”), rappresentata e difesa dall’Avv. Bartolomeo Della Morte, con domicilio eletto in Roma, Via L. Mantegazza n. 24 (presso G.), nonché dagli avv. FRANCESCO SCIAUDONE e CRISTIANO CHIUFALO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della Corte Suprema di Cassazione, n. 20990/2018, pubblicata il 23 agosto 2018;

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 26 maggio 2021 dal Consigliere Iannello Emilio.

FATTI DI CAUSA

1. Con l’ordinanza in epigrafe la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla The Boeing S.r.l. avverso sentenza della Corte d’appello di Napoli che ne aveva respinto l’impugnazione di lodo arbitrale pronunciato in controversia locatizia nei confronti della Gestione Servizi Aeroporti Campani S.p.a. (“GE.S.A.C. S.p.a.”).

La questione devoluta agli arbitri aveva riguardato l’interpretazione del contratto e, in particolare, se la limitazione dell’accesso all’immobile locato ai soli utenti aeroportuali, e non già all’indifferenziato pubblico dei consumatori, rappresentasse un fatto da ritenersi certamente conosciuto (o, comunque, agevolmente conoscibile) dalla conduttrice sin dall’originaria stipulazione del contratto e non potesse pertanto giustificare il suo rifiuto di adempiere.

La decisione del collegio arbitrale era stata in questo senso (donde la risoluzione del contratto in danno della The Boeing) ed era stata ritenuta corretta dalla Corte d’appello di Napoli.

2. La sentenza della corte partenopea era stata impugnata dalla The Boeing con unico mezzo prospettante, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c..

Secondo la ricorrente, infatti, la corte d’appello aveva erroneamente applicato i canoni legali di interpretazione del contratto, in particolare tradendo il senso letterale delle parole, “attesa l’immediata precettività dell’inequivoco tenore letterale del contratto tra le stesse concluso, secondo il quale l’immobile in esame era stato concesso in locazione senza alcuna limitazione riferibile all’identificazione del pubblico dei consumatori e dei clienti cui l’attività commerciale della conduttrice era destinata”.

La S.C. ha, come detto, dichiarato inammissibile tale ricorso rilevando che la corte territoriale aveva “proceduto alla lettura e all’interpretazione delle dichiarazioni negoziali in esame nel pieno rispetto dei canoni di ermeneutica fissati dal legislatore, non ricorrendo ad alcuna attribuzione di significati estranei al comune contenuto semantico delle parole, né spingendosi a una ricostruzione del significato complessivo dell’atto negoziale in termini di palese irrazionalità o intima contraddittorietà”, mentre di contro la censura proposta si risolveva nella sollecitazione di una non consentita nuova valutazione di merito.

Ha, in particolare, evidenziato che, “a norma dell’art. 1362 c.c., il dato testuale del contratto, pur importante, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione della volontà delle parti, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé chiare, atteso che un’espressione prima facie chiara può non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti; ne consegue che l’interpretazione del contratto, da un punto di vista logico, è un percorso circolare che impone all’interprete, dopo aver compiuto l‘esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l’intenzione delle parti e quindi di verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta delle parti medesime (Sez. 3, Sentenza n. 9380 del 10/05/2016)”.

3. Tale ordinanza è ora qui impugnata con ricorso per revocazione, ex art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, denunciandosi “errore di fatto risultante dai documenti di causa”.

La GE.S.A.C. S.p.a. resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve preliminarmente rilevarsi che, come da indagini effettuate dalla cancelleria, l’Avv. Francesco Montemurro non risulta abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.

Il ricorso resta nondimeno ammissibile in quanto sottoscritto anche dall’Avv. Mario Anzisi, che tale abilitazione possiede ed al quale è anche conferita la procura speciale.

2. Ancora in via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso opposta dalla società resistente in ragione del relativo confezionamento attraverso la tecnica del c.d. assemblaggio degli atti processuali (cfr., ex plurimis, Sez. U, Sentenza n. 5698 del 11/04/2012), dovendo ritenersi che l’esposizione contenuta nel ricorso risponda in modo adeguato all’esigenza di un’agevole ricostruibilità dello svolgimento del processo, ed essendo altresì congruamente corroborata sul piano dell’articolazione argomentativa dei motivi di censura sollevati.

3. Sostiene la ricorrente che la decisione della S.C. suppone fatti e circostanze mai emersi nel corso dei giudizi e contrastanti con il tenore del contratto stesso.

Riferendosi, in particolare, al surriferito richiamo, da parte della S.C., della natura circolare dell’operazione ermeneutica, osserva che tale rilievo può essere giustificato allorquando dal documento emerga un contrasto per cui una singola espressione non può essere estrapolata dal contesto ma va integrata con una molteplicità di elementi che possano far emergere la effettiva volontà dei contraenti, non però nel caso di specie “in quanto il contratto sottoscritto dalle parti è estremamente chiaro e non si presta ad alcuna interpretazione”.

4. Il ricorso si appalesa inammissibile.

Con ogni evidenza la censura non prospetta un errore revocatorio ma investe frontalmente proprio il nucleo del ragionamento decisorio e la stessa unica questione che aveva formato oggetto del thema decidendum, in tal modo ponendosi totalmente al di fuori dei presupposti e dei limiti del sindacato consentito ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. e dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

E’ appena il caso di rammentare al riguardo che, in tema di revocazione delle sentenze (o delle ordinanze) della Corte di cassazione, l’errore revocatorio è configurabile nelle ipotesi in cui la Corte sia incorsa in un errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti – con i caratteri della evidenza e della obiettività, così da non richiedere lo sviluppo di argomentazioni induttive o indagini – e sempre che “il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.

Non può invece consistere nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati, risolvendosi questa ben diversamente in preteso errore di giudizio della Corte, non suscettibile di formare oggetto di ricorso per revocazione (v. ex multis Cass. Sez. U. n. 30/10/2008, 26022; Cass. 05/03/2015, n. 4456; 18/06/2015, n. 12655; 09/12/2013, n. 27451).

Nel caso di specie, come detto: a) il preteso errore ricade su questione (il contenuto letterale di una clausola contrattuale e la sua interpretazione) che ha costituito punto controverso sul quale l’ordinanza si è pronunciata; b) quel che si critica è l’essenza stessa del giudizio nella specie operato dalla S.C., ovvero il principio espresso circa la portata applicativa del canone di interpretazione letterale del contratto (art. 1362 c.c.) sostanzialmente proponendosi una regola opposta di giudizio.

5. il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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