LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9432-2020 proposto da:
K.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LORENZO TRUCCO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
contro
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– intimata –
avverso il decreto n. cronol. 379/2020 del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il 30/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 18/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VALITUTTI ANTONIO.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso al Tribunale di Brescia, K.K., cittadino della Guinea, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegatagli dalla competente Commissione territoriale. Con decreto n. 379/2020, depositato il 30 gennaio 2020, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.
2. Il giudice di merito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non attendibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.
3. Per la cassazione di tale sentenza K.K. ha, quindi, proposto ricorso nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a due motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, K.K. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
1.1. Si duole il ricorrente del fatto che il Tribunale non abbia riconosciuto il diritto del richiedente alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. c), sebbene – sulla base di fonti internazionali, in particolare i rapporti di Amnesty International 2019, Human Rights 2020 e Freedom House Freedom 2019 – fosse riscontrabile nel Paese di origine una situazione di violenza indiscriminata, derivante dal conflitto tra due opposte fazioni politiche.
1.2. Il mezzo è inammissibile.
1.2.1. Il Tribunale ha accertato – con ricorso a numerose fonti internazionali aggiornate, citate nel provvedimento, in conformità all’orientamento consolidato di questa Corte (Cass., 26/04/2019, n. 11312; Cass., 22/05/2019, n. 13897; Cass., 21/10/2019, n. 26728; Cass., 20/05/2020, n. 9230; Cass., 30/06/2020, n. 13255) – che la regione di provenienza dell’istante è immune da situazioni di violenza indiscriminata derivanti da un conflitto armato interno o internazionale. Orbene, nell’ipotesi in cui il giudice abbia, bensì, fondato la decisione su fonti aggiornate, ma il ricorrente deduca che tali fonti non siano le ultime concernenti la zona di provenienza, ciò non si traduce, di per sé, in un motivo di nullità della pronuncia impugnata, salvo che il richiedente deduca e dimostri riproducendone il contenuto essenziale nel ricorso – che da queste ultime fonti emergano specifici elementi di accresciuta instabilità e pericolosità non considerati (Cass., 30/10/2020, n. 23999; Cass., 12/03/2021, n. 7105).
1.2.2. Nel caso di specie, per contro, la censura si limita ad allegare l’esistenza di fonti internazionali alternative, neppure tutte successive a quelle citate dal Tribunale, senza in alcun modo riportarne, neppure in parte, il contenuto, sicché la censura, sul punto, si palesa del tutto generica.
2. Con il secondo motivo di ricorso, K.K. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
2.1. Si duole il ricorrente del fatto che la Corte territoriale non abbia inteso concedere al medesimo neppure la forma residuale di protezione costituita dalla protezione umanitaria.
2.2. Il mezzo è inammissibile.
2.2.1. Va rilevato che il giudice territoriale ha motivato il diniego di tale forma di protezione – che si applica temporalmente al caso di specie (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019 – in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenzia situazione alcuna di vulnerabilità personale, e che l’istante non ha allegato seri profili di integrazione sociale nella realtà italiana, non reputando sufficiente la mera prestazione di lavoro a tempo determinato, peraltro, già concluso al momento della decisione. Per contro, il Tribunale ha accertato che il richiedente – in buona salute e munito di un titolo di studio elevato (diploma di laurea) – ha tutta la sua famiglia nel Paese di origine, mentre in Italia non ha altri punti di riferimento oltre il centro di accoglienza. Del resto l’accertata non attendibilità della narrazione dei fatti operata dal medesimo, ed il mancato rilievo di una generale situazione sociopolitica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto la Corte a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455), operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione di scarsa integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019).
2.2.2. A fronte di tali motivate conclusioni del giudice di merito, il ricorrente – al di là di deduzioni di principio circa la forma di protezione in questione e della riproposizione di quanto già prospettato nella fase di merito non ha in alcun modo dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.
3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata rituale costituzione dell’intimato.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 18 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021