LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10874-2020 proposto da:
T.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 90, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO NATALE VINCI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MARIANI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, QUESTURA di POTENZA, in persona del Questore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti –
contro
PREFETTO della PROVINCIA di POTENZA;
– intimato –
avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di MELFI, depositato il 22/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 18/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VALITUTTI ANTONIO.
FATTI DI CAUSA
1. Il Questore di Potenza proponeva istanza di proroga del trattenimento del tunisino T.M.A. nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Palazzo San Gervasio ed il Giudice di pace con ordinanza del 22 aprile 2020 convalidava la proroga del trattenimento per la durata di dieci giorni.
2. Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione T.M.A., affidato a due motivi.
3. Il Ministero dell’interno e la Questura di Potenza hanno replicato con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, T.M.A. denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
1.1. Si duole il ricorrente – nella rubrica e nell’illustrazione del motivo – del fatto che il Giudice di pace non si sia pronunciato sulla impossibilità oggettiva del suo rimpatrio, a causa della chiusura dello spazio aereo della Tunisia, a causa dell’emergenza Covid- 19. Il che avrebbe dovuto comportare l’immediato rilascio del richiedente.
1.2. Il mezzo è infondato.
1.2.1. Il vizio di omessa pronuncia ricorre ove manchi qualsivoglia statuizione su un capo della domanda o su una eccezione di parte, così dando luogo alla inesistenza di una decisione sul punto della controversia, per la mancanza di un provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, non potendo dipendere dall’omesso esame di un elemento di prova (Cass., 23/03/2017, n. 7472). Ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass., 04/10/2011, n. 20311; Cass., 13/10/2017, n. 24155; Cass., 06/12/2017, n. 29191; Cass., 13/08/2018, n. 20718).
1.2.2. Nel caso concreto, è evidente che la convalida della proroga è avvenuta implicitamente da parte del giudice adito accogliendo le ragioni poste a fondamento della richiesta della Questura, fondata sull’impossibilità temporanea del rimpatrio e sul conseguente rigetto delle istanze dell’odierno ricorrente, interamente riprodotte nel verbale di udienza. Del resto, l’impossibilità del rimpatrio non poteva che dare necessariamente luogo, non essendo state proposte contestazioni di ordine diverso (termini, competenza, o altro), al mantenimento del trattenimento nel centro. Ne’ il ricorrente ha impugnato l’emesso provvedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
2. Con il secondo motivo di ricorso, T.M.A. denuncia la violazione dell’art. 32 Cost., degli artt. 2,3,5, della CEDU e 15 della Direttiva 2008/115/CE-
2.1. Lamenta l’istante che il Giudice di pace non avrebbe valutato il rischio per la salute del richiedente, che deriverebbe dal trattenimento in un centro privo delle condizioni igienico-sanitarie necessarie ad impedire il contagio da Covid – 19.
2.2. Il motivo è inammissibile.
2.2.1. Le parti hanno ampiamente dedotto nel verbale di udienza dinanzi al Giudice di pace circa le condizioni del trattenimento nel CPR, avendo – in particolare – il rappresentante dell’amministrazione elencato dettagliatamente tutte le condizioni di sicurezza igienico-sanitaria – peraltro riprodotte anche nel ricorso – che comporterebbero l’esclusione di un pericolo per la salute dei soggetti ivi ospitati. Siffatte considerazioni – che implicano un accertamento in fatto la cui rivisitazione è inammissibile in questa sede – sono state poste a fondamento del decreto impugnato, la cui motivazione non costituisce oggetto di ricorso in questa sede.
2.2.2. Per tali ragioni il mezzo, poiché inammissibile, non può trovare accoglimento.
3. Il ricorso deve essere, di conseguenza, rigettato, con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio, che liquida in Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 18 maggio 2020.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021