LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14264-2020 proposto da:
M.G., rappresentato e difeso dall’Avvocato MARIANO CLEMENTONI per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
F.M., rappresentata e difesa dall’Avvocato MAURO PALADINI per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso l’ORDINANZA n. 327/2020 del TRIBUNALE DI PIACENZA, depositata l’11/3/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 27/5/2021 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.
FATTI DI CAUSA
Il tribunale, con l’ordinanza in epigrafe, ha dichiarato l’improcedibilità dell’opposizione proposta, con ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., da M.G. avverso il decreto con il quale in data ***** il giudice dell’esecuzione aveva liquidato il compenso maturato da F.M. in qualità di notaio delegato alla vendita.
Il tribunale, in particolare, ha, innanzitutto, rilevato che, nel corso del procedimento, il giudice dell’esecuzione aveva adottato, in data *****, “a seguito della revoca del… provvedimento di liquidazione oggetto dell’attuale impugnazione”, un nuovo provvedimento di liquidazione “in relazione a nuova nota spese presentata dal Notaio… per la stessa procedura” e che, a fronte di tale sopravvenienza, pur se conseguente ad uno “strumento improprio” come la revoca del decreto di liquidazione, doveva ritenersi che l’azione proposta dal ricorrente era divenuta improcedibile “per sopravvenuto difetto di interesse ad agire”.
Il ricorrente, infatti, ha osservato il tribunale, ha impugnato solo il primo provvedimento di liquidazione del ***** e non anche il provvedimento successivamente adottato dal giudice dell’esecuzione che in data 10/1/2018 l’ha revocato, al quale, poi, è seguito, in data *****, un ulteriore e successivo provvedimento di liquidazione, anch’esso impugnato dal ricorrente, in relazione alla medesima attività svolta dal notaio delegato.
Il sopravvenuto difetto di interesse ad agire risulta, quindi, evidente, ha osservato il tribunale, se si considera che, in caso di accoglimento del ricorso, si dovrebbe procedere all’annullamento di un provvedimento già revocato e comunque già sostituito da altro, mentre, in caso di rigetto del ricorso, occorrerebbe comunque fare i conti con l’intervenuta revoca (adottata con provvedimento non impugnato) e con la successiva sostituzione, con provvedimento ulteriormente sub iudice, del decreto oggetto della presente impugnazione, per cui, in tutti i casi, la decisione della controversia non potrebbe sortire alcun effetto, né attivo né passivo, nella sfera giuridica del ricorrente e delle altre parti in quanto inidoneo a costituire, modificare o estinguere le situazione soggettive che costituiscono l’oggetto di altro provvedimento.
Il tribunale, quindi, ha ritenuto di dover dichiarare l’improcedibilità del presente ricorso in quanto ha per oggetto un provvedimento già caducato, ed, in considerazione della disponibilità transattiva ripetutamente manifestata dalla resistente a condizioni che apparivano favorevoli per il ricorrente, ha compensato tra le parti le spese del giudizio.
M.G., con ricorso notificato il *****, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione dell’ordinanza.
F.M. ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 4, e dell’art. 101 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato l’ordinanza impugnata nella parte in cui il tribunale ha rilevato d’ufficio il vizio che l’ha indotto a dichiarare l’improcedibilità del ricorso proposto dall’opponente senza invitare le parti a prendere posizione sulla questione.
2. Il motivo è infondato. In tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale (come il sopravvenuto difetto dell’interesse ad impugnare un decreto di liquidazione di compenso revocato nelle more del procedimento), essendo inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 13, se rilevate d’ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali (Cass. n. 6218 del 2019; Cass. n. 19372 del 2015), a partire dalla sussistenza, quale condizione dell’azione, (e per tutto il corso del giudizio) dell’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.).
3. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando l’omessa o carente motivazione, la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato l’ordinanza impugnata nella parte in cui il tribunale ha dichiarato l’improcedibilità dell’opposizione proposta per sopravvenuto difetto dell’interesse ad agire sul rilievo, per un verso, che il decreto di liquidazione impugnato era stato revocato nel corso del procedimento e, per altro verso, che il provvedimento di revoca non era stato a sua volta impugnato, senza, tuttavia, considerare che, come già dedotto nel corso del giudizio, il decreto di revoca era, in realtà, non solo nullo ma addirittura inesistente e, come tale, tamquam non esset.
4. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente, infatti, non si confronta realmente con l’ordinanza che ha impugnato: la quale, in effetti, ha ritenuto che l’opposizione proposta fosse diventata improcedibile sul rilievo, rimasto di per sé del tutto incensurato, che, “a seguito della revoca del… provvedimento di liquidazione oggetto dell’attuale impugnazione”, il giudice dell’esecuzione aveva adottato, in data *****, un nuovo provvedimento di liquidazione “in relazione a nuova nota spese presentata dal Notaio… per la stessa procedura” e che, a fronte di tale sopravvenienza, pur se conseguente ad uno “strumento improprio” come la revoca del decreto di liquidazione (che, in effetti, non è ammissibile: ma se ne può prescindere solo a condizione che sia stata, appunto, formalmente impugnata e, per l’effetto, annullata, producendo, altrimenti, come può desumersi dall’art. 161 c.p.c., comma 1, c.p.c., tutti gli effetti di cui è capace, compresa, evidentemente, la caducazione del provvedimento revocato), l’opponente avesse perduto il suo “interesse ad agire”.
5. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato l’ordinanza impugnata nella parte in cui il tribunale non ha provveduto, in ragione della soccombenza virtuale, ad addossare le spese legali al notaio F., che, reclamando un compenso non dovuto, ha determinato l’avvio del giudizio e la sua prosecuzione.
6. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato l’ordinanza impugnata nella parte in cui il tribunale ha disposto, pur in mancanza dei relativi presupposti, la compensazione delle spese di lite.
7. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati. In tema di condanna alle spese processuali, infatti, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse, per cui, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (Cass. n. 19613 del 2017).
8. I motivi articolati in ricorso si rivelano, quindi, inammissibili e, per il resto, infondati. Peraltro, poiché il giudice di merito ha deciso, relativamente a questi ultimi, le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti, il ricorso, a norma dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, è manifestamente inammissibile.
9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
10. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis,se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021
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