LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14428-2020 proposto da:
S.L., rappresentato e difeso dall’Avvocato GIANFRANCO NASUTI, per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
EDIL GIO’ DI M.G. & C. S.A.S., e M.G., rappresentati e difesi dall’Avvocato SIMONE MARIANI, per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 1636/2019 della CORTE D’APPELLO DI GENOVA, depositata il 4/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 27/5/2021 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.
FATTI DI CAUSA
S.L. ha convenuto in giudizio M.G. e la Edilgò di M.G. & C. s.a.s. chiedendo che gli stessi, previo accertamento della loro responsabilità per le opere non eseguite a regola d’arte rispetto all’incarico da lui affidato per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione dell’immobile in *****, fossero condannati al rimborso della somma di Euro 40.50,00, quale risulta da un accertamento tecnico preventivo.
Il tribunale di Savona, con sentenza del 7/5/2015, ha rigettato la domanda proposta dal S. ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dai convenuti ai sensi dell’art. 1669 c.c.. Secondo il tribunale, l’attore, pur avendo acquisito un apprezzabile conoscenza dei vizi relativi all’opere eseguite, come risultava dalla relazione dell’ing. V. del *****, aveva agito in giudizio solo con il ricorso per accertamento tecnico preventivo depositato il 22/3/2011. Il tribunale, inoltre, ha ritenuto che fosse tardiva anche la denuncia del vizio ai sensi dell’art. 1669 c.c., comma 1, in quanto effettuata oltre un anno dopo la scoperta, con lettera raccomandata ricevuta incontestatamente in data 16/11/2010. Il tribunale, infine, ha ritenuto che gli accertamenti svolti dal consulente in sede di accertamento tecnico preventivo erano stati smentiti dalle successive acquisizioni istruttorie, che avevano appurato che la causa delle anomalie era in gran parte riconducibile all’episodio di dilavamento della casa dell’attore conseguito all’intervento che stava spegnendo un incendio nelle immediate vicinanze dell’immobile.
S.L., con atto notificato il 23/7/2015, ha proposto appello che la corte distrettuale, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato.
La corte, in particolare, dopo aver evidenziato che: – “la perizia di parte redatta dall’ing. V. in data ***** e prodotta dalla stessa parte attrice dimostra che il sig. S. partecipò al sopralluogo unitamente al perito in data *****, constatando i vizi nelle opere commissionate all’appaltatore che erano già evidenti”; – il committente, come emerge dalla stessa perizia, aveva già denunciato i vizi all’impresa esecutrice, “la quale non li aveva riconosciuti come riconducibili al suo operato”; ha ritenuto che, a fronte dell’introduzione del giudizio di primo grado con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 26/3/2012 e notificato il 22/5/2012 e della proposizione dell’accertamento tecnico preventivo solo in data 22/3/2011, il termine annuale previsto dall’art. 1669 c.c., comma 1, già a tale data, era inesorabilmente decorso posto che “i vizi risultavano già essere stati denunciati in data *****, non essendo stato interrotto il termine di prescrizione con la lettera inviata dal legale del sig. S. in data 12/11/2010 e ricevuta il 16/11/2010” e che “i difetti presenti nelle opere realizzate da parte appellata erano già manifesti e constatati nella loro consistenza dal committente”: ed infatti, ha aggiunto la corte, “il perito di parte nella sua relazione… non solo aveva descritto in modo chiaro i vizi presenti nelle opere appaltate ma aveva anche escluso che tali difetti potessero essere riconducibili al produttore del rivestimento che era stato impiegato” “ma esclusivamente all’esecutore delle lavorazioni di applicazione che non aveva seguito le norme d’uso dello specifico materiale…”.
S.L., con ricorso notificato il 19/5/2020, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente notificata in data 17/1/2020.
La Led Società Immobiliare s.r.l. e il Fallimento della ***** s.r.l. hanno resistito con controricorsi. Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la nullità della sentenza per violazione dell’art. 1669 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’azione proposta dall’attore si fosse prescritta senza, tuttavia, considerare che il termine di un anno per la denuncia prevista dall’art. 1669 c.c., decorre solo dal giorno in cui il committente consegua una sicura conoscenza dei difetti e delle loro cause e che tale termine può essere postergato all’esito degli accertamenti tecnici che si rendano necessari per comprendere la gravità dei vizi e stabilire il corretto collegamento causale. L’attore, infatti, ha proseguito il ricorrente, aveva raggiunto un sufficiente grado di consapevolezza che i vizi lamentati fossero causalmente addebitabili alla cattiva esecuzione del contratto d’appalto stipulato con i convenuti solo con il deposito, in data 27/11/2011, della relazione peritale in sede di accertamento tecnico preventivo, mentre la relazione dell’ing. V. non aveva individuato vizi né imputato responsabilità ma solo descritto la situazione dei luoghi fotografandone lo stato di fatto.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la nullità della sentenza per l’error in procedendo consistente nell’omessa, incoerente, insussistente e, comunque, apparente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’azione proposta dall’attore si fosse prescritta senza, tuttavia, rendere percepibile il fondamento della sua decisione né far conoscere il ragionamento seguito per la formazione del suo convincimento. La corte d’appello, infatti, ha osservato il ricorrente, avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali l’attore, con la perizia dell’ing. V., avesse avuto piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, mentre si è limitata ad affermare che il S. era a conoscenza dei vizi ma senza alcun collegamento logico con la fattispecie in esame.
3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la nullità della sentenza per aver omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ha dedotto che le argomentazioni svolte nel primo e nel secondo motivo possono costituire vizio anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.
4.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.
4.2. Il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 c.c., a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua, anche attraverso una relazione di consulenza tecnica (cfr., con riguardo alla relazione di un consulente tecnico d’ufficio nominato in sede di accertamento tecnico preventivo, Cass. n. 4622 del 2002 e, più di recente, Cass. n. 777 del 2020), un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti (Cass. n. 777 del 2020).
4.3. L’accertamento del momento nel quale detta conoscenza sia stata acquisita, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed e’, come tale, sindacabile in sede di legittimità solo nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, e cioè per l’omesso esame di un fatto decisivo controverso che risulti dalla sentenza o dagli atti del giudizio ovvero per il vizio di motivazione apparente, perplessa o contraddittoria.
4.4. Nel caso in esame, la corte d’appello, esponendo le ragioni del suo convincimento in modo nient’affatto apparente o contraddittorio, ha ritenuto che il committente aveva avuto conoscenza dei vizi dell’opera e della loro imputabilità dell’opera dell’appaltatore già con “la perizia di parte redatta dall’ing. V. in data *****” sul rilievo che “il perito di parte nella sua relazione… non solo aveva descritto in modo chiaro i vizi presenti nelle opere appaltate ma aveva anche escluso che tali difetti potessero essere riconducibili al produttore del rivestimento che era stato impiegato” “ma esclusivamente all’esecutore delle lavorazioni di applicazione che non aveva seguito le norme d’uso dello specifico materiale… “.
4.5. Si tratta, com’e’ evidente, di un apprezzamento di fatto che il ricorrente non ha utilmente censurato con la deduzione di uno o più fatti storici controversi e decisivi emergenti dal testo della sentenza o dagli atti del processo, a tal fine non essendo, com’e’ noto, sufficiente l’omesso esame di elementi istruttori qualora il fatto storico, rilevante in causa (vale a dire il momento in cui il committente ha avuto un’apprezzabile conoscenza dei vizi dell’opera e della loro riconducibilità all’appaltatore), sia stato, com’e’ accaduto nel caso in esame, comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. SU n. 8053 del 2014).
5. I motivi articolati in ricorso si rivelano, quindi, del tutto infondati. Peraltro, poiché il giudice di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti, il ricorso, a norma dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, è manifestamente inammissibile.
6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
7. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese di lite, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021
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