Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.32072 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19638/2016 R.G. proposto da:

La Berta s.r.l. Società Agricola, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso per cassazione, dagli Avvocati Pietro Torricelli e Franco Sabatini, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, al viale Gorizia n. 14;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (pec:

ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it), dom.ta ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 149 della CTR dell’Emilia Romagna Bologna, pronunciata in data 14/12/2015 e depositata in data 25/1/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14 luglio 2021 dal Dott. Angelo Napolitano, svoltasi mediante collegamento da remoto, riconvocata in data 6 settembre 2021.

La società “Berta s.r.l. società agricola” (d’ora in poi, anche “la ricorrente” o “la contribuente”) ha rappresentato che con verbale di assemblea del ***** registrato a *****, essa deliberava un aumento di capitale sociale da collocarsi presso terzi. Nel medesimo atto il sig. G.C., unico titolare dell’impresa individuale Azienda agricola La Berta G.M. Di G.C., sottoscriveva l’intero aumento di capitale pari ad Euro 10.000 e, a totale liberazione, come da perizia di stima asseverata ex art. 2465 c.c., conferiva nella società La Berta s.r.l. Società Agricola l’azienda di sua proprietà sita in ***** (RA), pagando l’imposta di registro in misura fissa.

La Direzione Provinciale di ***** dell’Agenzia delle Entrate, nell’ambito della successiva attività di controllo, emetteva in data 14/2/2011 l’avviso di liquidazione n. ***** per maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale per complessivi Euro 309.361 oltre interessi.

L’Agenzia in particolare osservava che il valore dell’azienda conferita era di Euro 2.460.000, ma per effetto delle passività pari ad Euro 2.450.000 il valore scendeva ad Euro 10.000; che il Sig. G., sedici giorni prima dell’aumento del capitale e del conferimento aveva stipulato un mutuo ipotecario con la banca di Romagna s.p.a. per la somma di Euro 2.450.000, offrendo in garanzia ipotecaria di primo grado i beni immobili della sua azienda agricola; che tale mutuo era stato incamerato dallo stesso Sig. G. mediante accreditamento sul suo conto corrente aperto presso la banca mutuante; che nell’atto di conferimento era espressamente stabilito che il debito per la restituzione del mutuo era ceduto alla società conferitaria; che tali elementi erano sintomatici di un comportamento elusivo finalizzato ad abbattere la base imponibile del compendio conferito e, conseguentemente, a conseguire un indebito risparmio d’imposta; che, più precisamente, le parti avevano strumentalizzato, in funzione elusiva, l’art. 50 Tur, per effetto del quale, in caso di conferimento di un immobile, la base imponibile è costituita dal valore del bene conferito al netto delle passività strettamente inerenti ai beni conferiti, ma non anche di passività che, come nel caso di specie, erano state appositamente create al fine di abbattere artificiosamente i valori imponibili; che, dunque, la stipula del mutuo ipotecario ed il successivo conferimento degli immobili al netto dell’importo mutuato ed accollato alla società conferitaria erano indicativi di un negozio complesso contenente più disposizioni indipendenti l’una dall’altra, che per effetto degli artt. 20 e 21 Tur, dovevano essere assoggettate alla maggiore tassazione di cui all’avviso di liquidazione.

La società ricorrente proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Ravenna, che respingeva il ricorso.

L’appello della società odierna ricorrente veniva parimenti rigettato dalla CTR dell’Emilia Romagna.

Avverso la sentenza d’appello la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

La ricorrente ha depositato una memoria difensiva in vista dell’adunanza camerale del 13 gennaio 2021, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

La decisione della causa è stata rinviata all’adunanza camerale del 14 luglio 2021, in attesa che la Corte Costituzionale si pronunciasse sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 20 Tur, come riformulato dalla citata L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, lett. a), anche in relazione alla sua portata retroattiva, sollevate dalla CTP di Bologna con ordinanza n. 62 del 13/11/2019.

In vista della detta adunanza, L’Avvocato Generale ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

La contribuente ha depositato anch’essa una memoria difensiva. Il Collegio si è riconvocato in data 6 settembre 2021.

1. Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 20, 21 e 50, dell’art. 2697 c.c., e art. 116 c.p.c., dello Statuto del contribuente, art. 10 bis, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, la ricorrente censura la sentenza di appello per avere ritenuto che l’onere economico della restituzione del mutuo, stipulato dal soggetto conferente, costituisse un corrispettivo posto a carico della società a fronte della cessione d’azienda, così avallando l’operato dell’Agenzia delle Entrate che, ai fini dell’atto impositivo impugnato in primo grado, aveva riqualificato l’atto in questione da conferimento in società a cessione a titolo oneroso, escludendo per la determinazione della base imponibile la deduzione dell’onere economico costituito dal debito di restituzione del mutuo accollato alla società e garantito con l’iscrizione di ipoteca sull’immobile trasferito alla società stessa.

In sostanza, la ricorrente odierna censura la sentenza di appello nella parte in cui, rigettando le contestazioni della contribuente appellante, ha affermato che l’ufficio, nell’interpretare l’atto sottoposto a registrazione, avrebbe il dovere di mirare al fine pratico dell’atto stesso, assumendo come riferimento anche elementi extratestuali.

1.1.Il motivo è fondato.

1.2. Nel riqualificare l’atto sottoposto ad imposta di registro da conferimento in società a cessione a titolo oneroso di beni aziendali, l’Agenzia delle Entrate prima, e la sentenza di appello poi, hanno violato la L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, lett. a), che, intervenendo sulla formulazione dell’art. 20 Tur, ha disposto che l’imposta debba essere applicata secondo la natura intrinseca e gli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati.

Tale disposizione ha portata retroattiva, secondo la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084: “la L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), costituisce interpretazione autentica del testo unico di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, comma 1,” (ex coeteris, Cass. n. 9065/2021).

Di conseguenza, nella fattispecie che ci occupa l’Agenzia delle Entrate non avrebbe potuto riqualificare il conferimento immobiliare in cessione a titolo oneroso utilizzando atti ed elementi estranei al negozio sottoposto a registrazione, piegando così l’attività interpretativa a finalità antielusive che sono estranee all’art. 20 Tur, e sono, di converso, proprie di altri strumenti di reazione apprestati dall’ordinamento (L. n. 212 del 2000, art. 10 bis).

2. La fondatezza del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo motivo e la cassazione della sentenza impugnata.

3. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso avverso l’avviso di liquidazione impugnato in primo grado.

4. Il fatto che la natura retroattiva della nuova formulazione dell’art. 20 Tur, sia stata sancita nel corso del giudizio di cassazione (con la L. n. 145 del 2018), giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite dell’intero processo.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla l’avviso di liquidazione impugnato in primo grado.

Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, mediante riconvocazione, nell’adunanza tenutasi mediante collegamento da remoto, il 6 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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