Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32095 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GUIZZI GIAIME Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21856-2019 proposto da:

COMUNE di AGRIGENTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VECCHIO AGATA;

– ricorrente –

contro

M.G., M.P., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato SABINA SCHIFANO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 750/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 03/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO FRANCESCO MARIA.

FATTI DI CAUSA

1. M.G. e Consoli Maddalena convennero in giudizio il Comune di Agrigento, davanti al Tribunale della medesima città, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni, fisici e materiali, patiti dal loro figlio minore M.P. in conseguenza del sinistro stradale verificatosi nella serata del 2 dicembre 2009, quando il ragazzo, alla guida del ciclomotore di proprietà del padre, aveva perso il controllo del mezzo a causa di un tombino sconnesso e non segnalato posto sopra una profonda buca esistente sul manto stradale. Oltre al danno alla persona gli attori chiesero anche il risarcimento dei danni materiali subiti dalla moto.

Si costituì in giudizio il Comune convenuto, chiedendo il rigetto della domanda e sollecitando la chiamata in causa della società Girgenti acque, sul rilievo che il tombino apparteneva a detta società la quale, pertanto, era da ritenere l’unica responsabile dell’accaduto.

Espletata l’istruttoria con esame di testimoni e svolgimento di una c.t.u., il Tribunale accolse la domanda ai sensi dell’art. 2051 c.c., riconoscendo un concorso di colpa a carico del minore nella misura del 50 per cento, e condannò il Comune al pagamento della somma di Euro 10.173 per i danni patiti dal ragazzo e di Euro 552,30 per i danni alla moto, oltre rivalutazione, interessi e con il carico delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata in via principale da M.G. e M.P., quest’ultimo divenuto nel frattempo maggiorenne, e in via incidentale dal Comune di Agrigento, il quale ha insistito perché fosse disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti della società Girgenti acque.

La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 3 aprile 2019, ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale in quanto tardivamente proposto, ha accolto l’appello principale e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha elevato la condanna a carico del Comune, liquidando la somma di Euro 20.345 per i danni alla persona e quella di Euro 1.104,60 per i danni alla moto, condannando il Comune di Agrigento anche al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale, ai fini di interesse in questa sede, che l’appello incidentale era da considerare tardivo perché, fissata l’udienza di prima comparizione per la data del 4 maggio 2015, il Comune si era costituito in data 16 aprile 2015, non rispettando i termini di cui all’art. 166 c.p.c.; senza che potesse assumere rilievo il fatto che la prima udienza si fosse svolta effettivamente in data 6 maggio 2015, trattandosi non di un rinvio disposto dal giudice, bensì determinatosi d’ufficio in considerazione del primo giorno utile per le cause di prima comparizione.

Quanto all’appello principale, la Corte paletinitana ha osservato che dalle prove testimoniali assunte era emerso che il tombino in questione era sconnesso e non segnalato, che il ragazzo indossava il casco, che il faro della moto era acceso e che la strada era poco illuminata e segnata anche dalla presenza di brecciolino; per cui, considerando l’onere della prova del fortuito posto dalla legge a carico del custode, il Comune nulla aveva dimostrato al riguardo, sicché doveva ritenersi che il conducente della moto non avesse concorso in alcun modo nella determinazione del sinistro.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo ricorre il Comune di Agrigento con atto affidato a quattro motivi.

Resistono M.G. e M.P. con un unico controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-c.p.c., e il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 101,102 e 107c.p.c., nonché degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c., sul rilievo che la sentenza impugnata sarebbe stata emessa senza un contraddittore necessario.

Sostiene l’appellante che dalla documentazione prodotta risulterebbe che la custodia del tombino teatro dell’incidente era a carico esclusivo della società Girgenti acque; per cui, non avendo né il Tribunale né la Corte d’appello integrato il contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario, la sentenza sarebbe nulla. Il vizio del contraddittorio avrebbe dovuto essere rilevato anche in appello, a prescindere dalla ammissibilità o meno dell’appello incidentale.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 102,107,112,115,116 e 132 c.p.c., contestando il mancato esame della richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti della società Girgenti acque.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 1227 c.c., nonché degli artt. 112,115,116 e 132 c.p.c., per avere la Corte d’appello accolto l’appello principale ed erroneamente escluso ogni responsabilità del conducente della moto.

Osserva il ricorrente che dall’espletata istruttoria emergerebbe in modo inconfutabile che la vittima non aveva rispettato i limiti di velocità esistenti sul luogo del sinistro (30 km orari) ed aveva fatto impennare la moto in corrispondenza del tombino, per cui sarebbe evidente la sussistenza di un suo concorso di colpa.

4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, n. 3), n. 4) e n. 5), c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., degli artt. 101,102,112,115,116 e 132c.p.c., degli artt. 166,167 e 343 c.p.c., per avere la sentenza impugnata affermato la responsabilità esclusiva del Comune e per aver respinto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Comune, in considerazione dell’appello incidentale erroneamente ritenuto inammissibile.

Ribadita la responsabilità esclusiva della società Girgenti acque, il Comune ricorrente lamenta che l’appello incidentale avrebbe dovuto essere considerato tempestivo, calcolando il termine a ritroso in relazione alla data del 6 maggio 2015, in cui la prima udienza ebbe luogo, anziché a quella del 4 maggio precedente. In caso di rinvio dell’udienza, a suo dire, non sarebbe giusto diversificare il rinvio d’ufficio da quello disposto dal giudice, risultandone in tal modo violato l’art. 24 Cost.. Il motivo insiste poi anche nella necessità di riconoscere la sussistenza di una percentuale di colpa a carico del danneggiato.

5. Ragioni di ordine logico consigliano di esaminare il ricorso cominciando dal quarto motivo; più precisamente, da quella parte del quarto motivo che contesta la decisione della Corte d’appello con cui l’appello incidentale del Comune di Agrigento è stato dichiarato tardivo.

5.1. Tale censura è priva di fondamento.

Ric. 2019 n. 21856 sez. M3 – ud. 18-05-2021 -5-

La Corte palermitana, infatti, ha correttamente richiamato l’insegnamento di questa Corte secondo cui ai sensi dell’art. 343 c.p.c., comma 1, l’appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, all’atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell’art. 166 c.p.c.; poiché tale costituzione deve avvenire almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, ovvero differita d’ufficio dal giudice, ai sensi dell’art. 168-bis c.p.c., comma 5, ove il giudice si avvalga di tale facoltà di differimento, il termine per la proposizione dell’appello incidentale va calcolato assumendo come riferimento la data dell’udienza differita, e non quella originariamente indicata nell’atto di citazione (sentenze 24 gennaio 2011, n. 1567, e ordinanza 6 febbraio 2017, n. 3081). Ne consegue che nel caso di specie il termine a ritroso di venti giorni doveva essere calcolato in riferimento alla data fissata nell’atto di citazione (4 maggio 2015), non potendosi considerare quella effettiva della prima udienza (6 maggio 2015), posto che il rinvio fu disposto ai sensi del quarto e non del citato art. 168-bis c.p.c., comma 5; circostanza, questa, che la Corte d’appello riferisce e che il ricorrente sostanzialmente non contesta. Per cui la costituzione del Comune in data 16 aprile 2015, essendo avvenuta dopo la scadenza del termine di legge, non consentiva più di proporre l’appello incidentale.

5.2. Occorre, a questo punto, esaminare congiuntamente il primo ed il secondo motivo di ricorso. Il ricorrente rileva, a sostegno delle censure, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente dedotto dall’inammissibilità dell’appello incidentale l’inammissibilità dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Comune.

E’ necessario, in proposito, fare un po’ di ordine.

L’inammissibilità dell’appello incidentale, correttamente dichiarata, esimeva la Corte di merito dall’obbligo di esaminare le censure ivi contenute; dal ricorso odierno si ricava (p. 7) che nell’impugnazione incidentale il Comune aveva contestato la sentenza del Tribunale per avere escluso l’esistenza del caso fortuito “dello stesso danneggiato e/o del terzo Girgenti acque”, per cui non sembra che in quella sede il Comune abbia fatto riferimento all’integrazione necessaria del contraddittorio (ipotesi nella quale il rilievo sarebbe potuto avvenire anche d’ufficio, a prescindere cioè dall’ammissibilità dell’appello incidentale).

Tuttavia, anche volendo trascurare questo profilo di carenza del ricorso, l’assunto che è alla base delle censure è privo di fondamento. Ed infatti, anche ammettendo – circostanza che non risulta essere stata in alcun modo provata in sede di merito – che vi possa essere una qualche responsabilità della società Girgenti acque, l’appartenenza della strada teatro del sinistro al Comune di Agrigento non consentirebbe comunque a quest’ultimo di andare esente da ogni responsabilità. Come questa Corte ha già riconosciuto in altre occasioni a proposito dei cantieri edili collocati sul suolo stradale, qualora l’area di cantiere risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all’esclusiva custodia dell’appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all’interno di questa area risponde esclusivamente l’appaltatore, che ne è l’unico custode. Allorquando, invece, l’area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, denotando questa situazione la conservazione della custodia da parte dell’ente titolare della strada, sia pure insieme all’appaltatore, consegue che la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. sussiste sia a carico dell’appaltatore che dell’ente (sentenza 25 giugno 2013, n. 15882).

Ne consegue che la responsabilità della società Girgenti acque avrebbe potuto, al più, presentarsi come solidale; e la solidarietà passiva non determina litisconsorzio necessario, bensì facoltativo, per cui la mancata integrazione del contraddittorio non poteva essere rilevata d’ufficio dalla Corte d’appello, essendo inammissibile l’appello incidentale. I danneggiati, quindi, potevano tranquillamente chiedere l’integrale risarcimento al Comune di Agrigento, come poi è avvenuto; e la mancata autorizzazione alla chiamata in causa richiesta dal Comune non esclude che esso potrà agire in regresso, qualora ve ne siano i presupposti, nei confronti della citata società.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso, pertanto, sono infondati.

5.3. Restano da esaminare il terzo motivo di ricorso ed il quarto, nella parte in cui anche quest’ultimo pone questioni relative all’attribuzione di responsabilità ed al mancato riconoscimento del caso fortuito.

Osserva la Corte che le censure ivi proposte sono tutte inammissibili, perché vanno ad attingere profili di merito, sollecitando una diversa ricostruzione dei fatti che non può aver luogo in questa sede.

La sentenza impugnata, d’altra parte, ha dimostrato di aver tenuto conto di tutti gli elementi emersi dall’istruttoria, con una serie di argomentazioni congruamente motivate e prive di lacune e contraddizioni logiche.

6. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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