LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25966-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ACEGASAPSAMGA SPA A SOCIO UNICO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati VITTORIO DOMENICHELLI e LUCIA CATERINA PIA DE SALVIA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 383/2018 della COMM. TRIB. REG. VENETO, depositata il 04/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.
RILEVATO
Che:
L’Agenzia delle Entrate articola tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 383/2018 della CTR del Veneto, con la quale, accogliendo l’appello della società Acegasapsamga SpA, sono stati annullati i tre avvisi di accertamento relativi alla modifica di classificazione catastale di tre impianti, due di depurazione delle acque ed uno di potabilità delle acque di captazione, di proprietà del Comune di Padova, che aveva proposto i relativi DOCFA in El.
In particolare con la sentenza qui impugnata, si è statuito che la società, titolare della concessione trentennale di godimento dei beni di proprietà comunale del demanio idrico, in qualità di gestore dei servizi idrici integrati ed in quanto tale, possessore qualificato dei beni, sia soggetto all’imposizione IMU e, pertanto, legittimato a contrastare l’inserimento nella categoria Di, variata dall’Agenzia del territorio, con i contestati avvisi di accertamento, al posto della legittima attribuzione della categoria E9.
La società si è difesa con contro ricorso ribadito da memoria, contrastando le deduzioni della parte avversa ed eccependo, in via preliminare, la violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, per la mancata notifica del ricorso al Comune di Padova, proprietario degli impianti, notifica che si imponeva nella stessa prospettiva del ricorrente, che nega la legittimazione processuale della concessionaria.
CONSIDERATO
Che:
Con il primo motivo l’Agenzia lamenta:
a) ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 10, contestando l’interesse ad agire della società, priva della qualifica di soggetto IMU. Infatti il D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, individua il presupposto dell’imposta, nel possesso degli immobili indicati nel D.Lgs n. 504 del 1992, art. 2, possesso che trae origine dalla titolarità di un diritto reale, secondo la definizione del D.L. n. 23 del 2011, art. 9, comma 1.
b) Ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 4 e dell’art. 132 c.p.c. per omessa motivazione circa la definitività degli avvisi di accertamento catastale, e la conseguente tardività del ricorso introduttivo del giudizio da parte della società concessionaria. Rileva, a tal proposito, la ricorrente, ribadendo l’eccezione prospettata nelle controdeduzioni all’appello, che gli avvisi di accertamento venivano notificati al Comune di Padova il 29.11.2012 ed impugnati con ricorso spedito il 5.7.2013, oltre il termine di decadenza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21.
c) Ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. la violazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 8, in relazione al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40 e ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, mancando una norma che includa gli immobili di uso pubblico nel gruppo E.
E’ fondato il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Secondo il consolidato principio di legittimità, che questo collegio condivide ed al quale ritiene di dover dare continuità, “I provvedimenti attributivi o modificativi della rendita catastale hanno rilievo giuridico nei soli confronti dei soggetti intestatari della relativa partita, come desumibile dalla L. n. 342 del 2000, art. 74, che prevede la notificazione dei summenzionati atti esclusivamente nei confronti di quest’ultimi ai fini della decorrenza della relativa efficacia; pertanto, legittimato alla loro impugnazione è esclusivamente l’intestatario della partita, né a diversa conclusione può condurre il rilievo che in determinate circostanze, espressamente previste dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2, tale soggetto non coincida con il soggetto passivo dell’imposta, atteso che quest’ultimo ha un interesse temporaneo e di mero fatto a contestare il classamento e l’attribuzione della rendita sulla cui base viene calcolata l’ICI. (Sentenza n. 24299 2020; cass. n. 807 del 2018). Questa Corte ha anche affermato che “In tema di ICI, l’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 4, comma 1, non opera per gli immobili di proprietà comunale concessi gratuitamente in uso ad una società “in house” per la gestione di un sevizio pubblico, tenuto conto, per un verso, che il permanere della proprietà degli stessi in capo all’ente costituisce il presupposto della concessione e, per un altro, che la gratuità dell’utilizzo non muta la natura della concessione stessa, implicante comunque un rapporto tra soggetti giuridici distinti. (cass. n. 3112/2019) Nel caso in esame, è incontestato che intestatario della partita catastale è solo il Comune di Padova: in base al principio su richiamato la società sarebbe stata legittimata ad agire in giudizio solo se fosse risultata, in catasto, possessore delle unità immobiliari in esame. Ma così non è e, di conseguenza, allo stato degli atti, la società non era legittimata a presentare ricorso.
Va pertanto accolto il primo motivo del ricorso dell’Agenzia in esso assorbiti i successivi. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, la Corte può decidere nel merito dichiarando inammissibile l’originario ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri;
cassa la sentenza impugnata;
decidendo nel merito dichiara inammissibile l’originario ricorso.
Condanna la contribuente società al pagamento delle spese di lite liquidate in Euro 5000,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenutasi in modalità “da remoto”, il 19 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021