Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32156 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23220-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

A.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1220/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/04/2015 R.G.N. 1016/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/04/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE.

PREMESSO che A.A., già dipendente della Provincia di Como con inquadramento nell’Area D, pos. economica D3, c.c.n.l. Enti Locali, ha agito in giudizio nei confronti dell’Agenzia delle Dogane, alla quale era transitata per mobilità volontaria ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 per ottenere l’accertamento del proprio diritto all’attribuzione dell’Area III, fascia retributiva F3 (a decorrere dall’1/10/2007), in luogo dell’Area III, fascia retributiva F1, che le era stata assegnata dalla nuova Amministrazione al momento del passaggio;

– che l’adito Tribunale di Varese ha respinto il ricorso;

– che con sentenza n. 1220/2014, depositata il 13 aprile 2015, la Corte di appello di Milano, in riforma della decisione di primo grado, ha accertato il diritto della ricorrente al superiore inquadramento richiesto, osservando che: (a) il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 delinea una vera e propria cessione di contratto, così come già precisato da Sez. U n. 26420/2006; (b) la norma di cui all’art. 30, comma 2-bis è chiara nello stabilire che, in sede di inquadramento del dipendente trasferito, debba attuarsi la corrispondenza non solo dell’area funzionale ma anche della posizione economica, con ciò non intendendosi il mero trattamento retributivo; (c) il D.P.C.M. n. 446 del 2000 (in particolare le relative tabelle di equiparazione professionale), pur non direttamente applicabile alla fattispecie dedotta, costituisce, tuttavia, un utile parametro di riferimento per una corretta applicazione della norma; (d) tenuto conto di tali tabelle, l’inquadramento presso l’ente locale nell’Area D, pos. economica D3, era da intendersi corrispondente, nella classificazione dell’Agenzia, a quello in Area III, fascia F3 (e non F1);

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con tre motivi, mentre la lavoratrice è rimasta intimata.

RILEVATO

che con il primo motivo, mediante denuncia del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente Agenzia lamenta la natura solo apparente della motivazione;

– che con il secondo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 non avendo la Corte di appello di Milano considerato che, al fine di stabilire la corrispondenza tra l’inquadramento di provenienza e quello di destinazione, è necessario comparare, in concreto, le mansioni previste dal profilo professionale corrispondente alla posizione economica di provenienza con le mansioni previste dal profilo professionale corrispondente alla posizione economica di destinazione, indipendentemente da qualsiasi tabella di equiparazione (a meno che specificamente applicabile al caso di specie), e che le posizioni economiche o fasce retributive sono esplicative di una graduazione di livelli economici (trattamenti fondamentali) acquisibili per progressione nell’ambito di un’area giuridico-funzionale (I, II o III) nella quale si collocano mansioni equivalenti, sicché era da ritenersi corretto l’operato dell’Agenzia;

– che con il terzo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione del D.P.C.M. 27 marzo 2008, art. 5 e relativa tabella allegata, rilevandosi che la finalità del provvedimento è quella di disciplinare le modalità di trasferimento di personale dall’Agenzia del Territorio agli Enti locali in occasione del contemporaneo trasferimento di funzioni amministrative: con la conseguenza che, trattandosi di normativa speciale, essa non è suscettibile di estensione analogica alle altre Agenzie del Comparto ed è riferibile esclusivamente a fattispecie peculiare e diversa dalla ordinaria mobilità disciplinata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30;

osservato:

preliminarmente che il primo motivo è inammissibile, riguardando carenze del percorso argomentativo non più denunciabili ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Sez. U. n. 8053 e n. 8054/2014 e successive numerose conformi);

– che i restanti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati;

– che questa Corte, pronunciando in fattispecie analoghe (cfr., fra le altre, Cass. n. 6220/2021), ha respinto i ricorsi dell’Agenzia delle Dogane, osservando, in sintesi, che l’espressione di carattere atecnico “passaggio diretto”, contenuta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 non qualifica un particolare tipo contrattuale civilistico, ma solamente, nel settore del pubblico impiego privatizzato, uno strumento attuativo del trasferimento del personale, da un’Amministrazione ad un’altra, trasferimento caratterizzato da una modificazione meramente soggettiva del rapporto e condizionato da vincoli precisi concernenti la conservazione dell’anzianità, della qualifica e del trattamento economico, che è inquadrabile nella fattispecie della cessione di contratto disciplinata dagli artt. 1406 ss. c.c., visto che comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario di diritti ed obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali;

– che l’individuazione del trattamento giuridico ed economico da applicare ai dipendenti trasferiti – si è ancora aggiunto – deve essere effettuata, sulla base dell’inquadramento presso l’ente di provenienza, nell’ambito della disciplina legale e contrattuale propria del comparto dell’Amministrazione cessionaria, ed a tal fine occorre tener conto anche delle posizioni economiche differenziate, attraverso le quali si realizza, sia pure all’interno dell’area, una progressione di carriera;

– che, del resto, la richiamata disposizione muove anche dalla concreta esigenza di evitare che l’istituto della mobilità tra enti pubblici diversi possa dare luogo a processi di dequalificazione “strisciante” del personale trasferito, atteso che la stessa attribuzione della posizione retributiva, lungi dall’esprimere soltanto un valore economico, è direttamente funzionale alla progressione di carriera e propedeutica ai successivi passaggi di Area;

– che non irrazionale – come ancora si è precisato – è poi l’utilizzo, per il conseguente giudizio di comparazione, del d.p.c.m. 446/2000, apparendo logico che esso, riguardando la confluenza del personale dallo Stato agli enti locali, sia parametro del tutto idoneo quale riferimento per il passaggio inverso;

ritenuto:

conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;

– che non deve farsi luogo a pronuncia sulle spese, essendo la dipendente rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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