LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31507/2019 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II, 4, presso lo studio dell’avvocato Maria Rosaria Farina, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Coseano.
– ricorrente –
contro
PREFETTURA UTG DI UDINE;
– intimato –
avverso l’ordinanza n. 402/2019 del GIUDICE DI PACE di UDINE, depositata il 24/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/10/2020 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
RILEVATO
che:
1. – Con ricorso affidato ad un motivo, S.A., cittadino del *****, ha impugnato l’ordinanza del Giudice di pace di Udine, resa pubblica il 24 settembre 2019, che ne rigettava il ricorso in opposizione avverso il decreto di espulsione adottato dal Prefetto di Lecce in data 15 maggio 2019.
2. – Il Giudice di pace, a fondamento della decisione, osservava, per quanto ancora rileva in questa sede, che: a) il decreto di espulsione era stato emesso perchè lo straniero era “entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera” e non era stato respinto; b) con l’opposizione il ricorrente deduceva “l’omessa notifica per causa a lui non imputabile della decisione della Commissione territoriale di Trieste, sezione di Udine, con la quale gli è stata denegata la sua richiesta di protezione internazionale”; c) il ricorso in opposizione era “strumentale e defatigatorio”, privo di documentazione utile, là dove dai documenti in atti non emergevano nuove circostanze per una diversa valutazione rispetto alla decisione della Commissione territoriale; d) la notifica della decisione di rigetto della richiesta di protezione internazionale “risulta(va) effettuata al ricorrente validamente ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 11”; e) era “irrilevante ai fini del presente procedimento il ricorso ex art. 737 c.p.c., presentato dal ricorrente innanzi al Tribunale di Trieste il 2.08.2019”.
3. – La Prefettura di Udine, intimata, non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
che:
1. – Con l’unico mezzo è dedotta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 7, 35, 35-bis e del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 4, comma 1.
Il ricorrente premette che: a) la mancata notifica del provvedimento di diniego della protezione internazionale adottato dalla Commissione territoriale di Trieste – sezione di Udine del 19 novembre 2018 era dovuto ad errore non imputabile al destinatario; b) la Prefettura di Udine, dando atto di ciò, aveva provveduto a rinnovare la “notifica all’interessato del provvedimento” anzidetto della Commissione territoriale, nonchè a sospendere l’efficacia del decreto di espulsione “sino alla decorrenza del termine del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 19, comma 3, per una eventuale impugnazione del citato provvedimento emesso dalla Commissione territoriale”, ossia sino al “4 agosto 2019”; c) esso S. aveva proposto ricorso avverso il provvedimento di diniego della Commissione territoriale dinanzi al Tribunale di Trieste con ricorso notificato il 5 luglio 2019 e depositato il successivo 2 agosto.
Ciò premesso, lo S. deduce che il Giudice di pace: a) avrebbe errato a ritenere valida la notificazione del provvedimento della Commissione territoriale, in quanto la stessa Prefettura aveva rinnovato detta notificazione erroneamente effettuata; b) avrebbe errato a non ritenere originariamente illegittimo il decreto di espulsione o comunque tale dopo la tempestiva opposizione al provvedimento di diniego della Commissione territoriale i e ciò in applicazione delle norme sopra indicate, poichè l’impugnazione avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale avendo la Commissione territoriale competente solo “respinto la domanda di protezione” e non già dichiaratala inammissibile o manifestamente infondata – ne aveva sospeso l’efficacia, con la conseguenza che esso richiedente – non essendo trattenuto in struttura o centro di trattenimento, nè destinatario di provvedimenti del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 28-bis, comma 1-ter e comma 2, lett. c), – era autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato.
2. – Il motivo è fondato per quanto di ragione.
2.1. – Occorre rammentare – alla luce della giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 13891/2019, Cass. n. 27077/2019, Cass. n. 12206/2020; oltre a Cass. n. 24415/2015, Cass. n. 19819/2018, Cass. n. 28003/2018, in consonanza con il dictum di Corte giust. UE 30 maggio 2013, C-534/11, Arslan Corte giust. UE, 15.2.2016, 3.N., in causa C-601/15) – che del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7 (in attuazione della dir. 2005/85/CE) ha previsto, al comma 1, che il richiedente sia autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato fino alla decisione della commissione territoriale, salvo che ricorrano i casi indicati dal successivo comma 2.
Il D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 4, comma 1 (di recepimento della dir. 2013/33/UE) riconosce, quindi, al richiedente il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno “per richiesta asilo”, della durata di sei mesi, “rinnovabile fino alla decisione della domanda o comunque per il tempo in cui egli è autorizzato a rimanere nel territorio nazionale ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, commi 3 e 4”.
Ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 4, ove la decisione della Commissione sia di rigetto della domanda di protezione internazionale in assenza dei relativi presupposti (comma 1, lett. b) o per manifesta infondatezza (comma 1, lett. b-bis), ovvero ancora per quanto interessa – nel caso di declaratoria di inammissibilità della stessa (medesimo D.Lgs. n. 25, art. 29), il richiedente ha l’obbligo di lasciare il territorio nazionale “alla scadenza del termine per l’impugnazione”. Scaduto detto termine si provvede alla espulsione (ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 4 e 5), “salvo gli effetti dell’art. 35-bis, commi 3 e 4” e, dunque, ove si sia prodotta, ex lege o per provvedimento giudiziale, l’efficacia sospensiva della esecutività della decisione negativa della Commissione.
Va ancora precisato che l’efficacia sospensiva ex lege è esclusa allorquando il ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, viene proposto: 1) da soggetto nei cui confronti è stato adottato un provvedimento di trattenimento nelle strutture di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10-ter, ovvero nei centri di cui del medesimo D.Lgs. n. 286, art. 14 (comma 3, lett. a); 2) avverso il provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento della protezione internazionale (comma 3, lett. b); 3) avverso il provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 32, comma 1, lett. b-bis (comma 3, lett. c); 4) avverso il provvedimento adottato nei confronti dei soggetti di cui all’art. 28-bis, comma 1-ter e comma 2, lett. c (comma 3, lett. d). Ed è in tali casi che, per l’appunto, il tribunale può ugualmente sospendere l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato.
Dunque, in base alla ricognizione normativa che precede, lo straniero che ha presentato richiesta di protezione internazionale ha diritto a rimanere nel territorio dello Stato nel periodo in cui la domanda viene trattata, acquisendo un autonomo titolo di soggiorno, il quale cesserà però di produrre i suoi effetti con la scadenza del termine per impugnare la pronuncia negativa sulla richiesta protezione, salvo che, in quel termine, intervenga la proposizione di ricorso giurisdizionale ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, il quale, a sua volta, determina l’efficacia sospensiva dell’esecutività della decisione della Commissione, salvo tassative ipotesi dallo stesso art. 35-bis, indicate, sino alla decisione del tribunale sul ricorso (il cui rigetto comporterà il venire meno della sospensione anzidetta: dell’art. 35-bis, comma 13).
Con l’ulteriore precisazione che, ove intervenga il rigetto della domanda di protezione, la procedura di espulsione riprenderà dal punto in cui era rimasta, mentre, ove la medesima domanda sia accolta, lo straniero acquisirà un autonomo titolo di soggiorno, il quale non ne impedirà comunque l’espulsione, se ricorrono i presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 20 (e cioè quando lo straniero è pericoloso per la sicurezza dello Stato, per l’ordine pubblico o per la sicurezza pubblica), da valutarsi caso per caso.
2.2. – Ciò posto, dagli atti risulta (a conferma di quanto dedotto dal ricorrente) che:
1) il decreto di espulsione è stato emesso in data 15 maggio 2019, a seguito di “rigetto” della domanda di protezione internazionale pronunciato dalla Commissione territoriale di Udine in data 3 dicembre 2018;
2) il decreto di espulsione del 15 maggio 2019 postula che allo S. sia stata notificata la decisione anzidetta l’8 febbraio 2019 e che avverso tale decisione egli “non ha proposto ricorso al Tribunale competente per territorio nei termini di legge”;
3) lo S. ha proposto ricorso al Giudice di pace di Udine avverso detto decreto di espulsione con atto depositato il 13 giugno 2019, lamentando il difetto di valida notificazione nei suoi confronti della decisione della Commissione territoriale;
4) in data 9 luglio il Prefetto della Provincia di Udine – preso atto della “mancata notifica al predetto del Provvedimento datato 03/12/2018” e dato atto che in data 5 luglio 2019 “si è provveduto alla notifica all’interessato del provvedimento sopra richiamato” sospendeva il decreto di espulsione “sino al 4 agosto 2019, data di decorrenza del termine per la proposizione di ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 19, avverso il provvedimento di rifiuto di riconoscimento della protezione internazionale emesso in data 03/12/2018”;
5) in data 2 agosto 2019 lo S. depositava ricorso dinanzi al Tribunale di Trieste avverso la decisione della Commissione territoriale del 3 dicembre 2018.
Ha, dunque, errato il Giudice di pace a ritenere “irrilevante” la proposizione, da parte dello S., del ricorso giurisdizionale avverso la decisione della Commissione territoriale di rigetto della richiesta di protezione internazionale, che – come innanzi evidenziato – ha effetti sospensivi della efficacia esecutiva di detta decisione e comporta, dunque, il diritto del richiedente asilo a trattenersi, in base ad autonomo titolo legittimamente, nel territorio dello Stato sino alla definizione del ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale adito.
Nè poteva il Giudice di pace predicare la validità della notificazione della decisione della Commissione (evidentemente riferendosi alla notifica dell’8 febbraio 2019, da cui era derivato il difetto di impugnazione della decisione notificata, rilevato nel decreto di espulsione) poichè – anche a voler prescindere dal (pur significativo e rilevante) provvedimento prefettizio del 9 luglio 2019, che prendeva atto dell’invalidità della predetta notificazione, ne disponeva il rinnovo e sospendeva l’efficacia del decreto di espulsione sino alla scadenza del termine per impugnare la decisione della Commissione – proprio l’intervenuta impugnazione dinanzi al Tribunale di Trieste avrebbe dovuto indurre il Giudice di pace ad attendere la pronuncia del Tribunale stesso sulla tempestività del ricorso avverso la predetta decisione, potendo esso Giudice di pace, non già statuire sulla tempestività di detta impugnazione (una volta radicatosi il giudizio dinanzi al giudice naturale del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis), ma solo verificare la sussistenza dei presupposti relativi agli impedimenti della sospensione dettati dalle norme sopra richiamate; verifica che il Giudice di pace ha del tutto omesso.
Va, dunque, accolto il ricorso e cassata l’ordinanza impugnata, con rinvio al Giudice di pace di Udine, in persona di altro magistrato, che dovrà verificare se sussistano i presupposti legali della sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione della Commissione territoriale in data 3 dicembre 2018 a seguito della proposizione del ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, da parte dello S..
Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa al Giudice di pace di Udine, in persona di altro magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2021