LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4666-2020 proposto da:
O.S., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA CAMPRINI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di BOLOGNA in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. cronologico 682/2019 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 05/02/2019 R.G.N. 20189/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.
RILEVATO
CHE:
1. Il Tribunale di Bologna, con decreto del 5 febbraio 2019, respingeva il ricorso proposto da O.S., cittadino *****, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, che aveva rigettato la sua domanda di protezione internazionale, escludendo, altresì, la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).
2. Il Tribunale riteneva che le dichiarazioni della parte non comprovassero la sussistenza del pericolo addotto a fondamento della domanda di protezione.
3. Egli non aveva compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda-nonostante il particolare rilievo degli eventi narrati- sia in ordine alle modalità della scoperta del petrolio nel suo terreno (come era avvenuta e da parte di chi) sia in ordine alle minacce subite dal gruppo dei “*****” (con quali modalità, quando e dove si erano verificate le minacce) sia infine quanto alle modalità del suo sequestro (quante persone lo avevano rapito e come).
4. Le sue dichiarazioni – pure a fronte del riscontro nelle fonti della presenza del gruppo (sorto nel 2016, di matrice indipendentista, e dedito a rapimenti e distruzioni di tubature industriali in contrapposizione al governo; fra le altre fonti: EASO) – apparivano generiche. Inoltre vi erano plurimi profili di incoerenza, in ordine ad aspetti rilevanti, tra le dichiarazioni del ricorrente alla Commissione e quelle rese in giudizio.
5. Tali profili di genericità ed incoerenza non erano superati dalla relazione di visita medico legale prodotta in giudizio, che seppure attestava la presenza di esiti cicatriziali al braccio, al dorso ed alla gamba ne rilevava la mera compatibilità con le vicende riferite.
6. Infine il ricorrente, pur mantenendo stabili contatti con i familiari nel paese di origine, non aveva prodotto alcuna documentazione della situazione personale e familiare (documenti di identità, atti relativi al terreno ed ai familiari) senza fornire alcuna spiegazione al riguardo.
7. Il giudizio di inattendibilità del dichiarante esimeva il giudice dall’onere di cooperazione, con riguardo alla acquisizione di informazioni aggiornate sul Paese di origine. Non sussistevano, pertanto, i presupposti di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), mentre non era stato neppure adombrato il rischio di persecuzione per uno dei motivi indicati dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8.
8. Quanto ad una situazione di violenza generalizzata, rilevante ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), dalle fonti risultava che nel ***** – regione di provenienza del ricorrente – non ricorreva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno tale da porre in pericolo la popolazione civile per il solo fatto di essere presente sul territorio; l’area critica della ***** rimaneva limitata, sia sotto il profilo della sicurezza sia sotto quello della emergenza umanitaria, agli stati di *****, oltre alle regioni limitrofe.
9. A fronte dell’inattendibilità del complesso delle dichiarazioni del ricorrente, non sussistevano fattori di vulnerabilità idonei a giustificare il rilascio del permesso di soggiorno D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, per seri motivi di carattere umanitario oppure risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.
10.Ha proposto ricorso per la cassazione del decreto O.S., articolato in tre ragioni di censura. Il MINISTERO DELL’INTERNO ha depositato atto di costituzione per la partecipazione alla discussione.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, per non avere il Tribunale valutato la credibilità del suo racconto sulla base dei parametri indicati da tale disposizione.
2. Con il secondo mezzo si censura il decreto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – per violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, comma 2 e art. 14, lett. b) e c), per avere negato la protezione sussidiaria senza verificare le condizioni della regione di appartenenza.
3. Con la terza critica viene denunciata- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 in riferimento al diniego della protezione umanitaria.
4. In via preliminare, deve essere rilevato che la procura rilasciata dal richiedente al difensore, apposta su foglio separato e materialmente congiunto all’atto, è priva di specifica certificazione del difensore in ordine alla data di rilascio, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis, comma 13, così da non consentire la verifica del suo conferimento in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato;
5. Le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente affermato che l’art. 35bis, comma 13 citato, nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato” e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima”, richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato: appunto prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore, integrante ipotesi di nullità per il suo invalido conferimento (Cass. SU 10 giugno 2021, n. 15177);
6. con ordinanza interlocutoria 23 giugno 2021, n. 17970, questa Corte ha rimesso alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e la non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis, comma 13 e art. 13, per contrarietà agli artt. 3,10,24,111 Cost.; per contrasto con l’art. 117 Cost. in relazione alla direttiva 2013/32/UE con riferimento agli artt. 28 e 46 p. 11 e con gli artt. 47 della Carta dei diritti UE, 18 e 19, p.2 della medesima Carta, 6, 7, 13 e 14 della CEDU;
7. una sommaria delibazione dei motivi del ricorso esclude la rilevanza a fini decisori della questione di legittimità costituzionale sollevata – (in ragione della tardività del ricorso e della infondatezza della relativa istanza di rimessione in termini, basata esclusivamente sulla denunciata negligenza del precedente difensore; cfr. Cass. n. 14987/2021; n. 3340/21; nrr. 14596 e 14955/2021) – sicché ben può essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura, senza attendere la pronuncia della Corte costituzionale (sul punto: Cass. n. 19330/2021);
8. in conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto attività difensive;
9. infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto, con la precisazione che esso va posto a carico del ricorrente dandosi seguito alla citata sentenza delle Sezioni Unite nella quale sul punto è stato affermato il seguente principio di diritto: “il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”.
P.Q.M.
La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021
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