LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TORRICE Amelia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22810-2015 proposto da:
S.A., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO PIZZOFERRATO;
– ricorrente –
contro
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI IMOLA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA GIUFFRE’, rappresentata e difesa dall’avvocato CRISTIANA CARPANI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 279/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 17/03/2015 R.G.N. 43/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/05/2021 dal Consigliere Dott. SPENA FRANCESCA.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. Con sentenza in data 17 marzo 2015 n. 279 la Corte d’Appello di Bologna riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da S.A. per l’accertamento della illegittimità dei contratti prestazione d’opera professionale conclusi, a far data dall’1 dicembre 1997, dapprima con l’Azienda USL BOLOGNA NORD ed, a seguito del suo scioglimento, con la AZIENDA USL di Imola (in prosieguo: AUSL) – in forza dei quali aveva lavorato senza soluzione di continuità fino al 30 settembre 2008 come medico addetto ai prelievi ematici- e della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato nonché per la condanna della AUSL al risarcimento del danno.
2. La Corte territoriale osservava che non ricorrevano i presupposti per la stipula di contratti di lavoro autonomo ovvero che l’attività non potesse essere svolta da personale in servizio e fosse di natura temporanea e che l’oggetto della prestazione corrispondesse a progetti specifici e determinati.
3.Tale disciplina era applicabile a partire dal contratto dell’1 aprile 2007, per effetto delle sostituzioni ed integrazioni del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7 operate dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 32.
4. Tuttavia l’illegittimità non era sufficiente a riconoscere la natura subordinata del rapporto di lavoro, in quanto alla pubblica amministrazione non era applicabile la conversione ex lege prevista dal D.Lgs. n. 276 del 2003 per il contratto di lavoro a progetto.
5. Secondo i principi generali, sussisteva una presunzione di corrispondenza tra la volontà manifestata dalle parti e la reale natura del rapporto di lavoro sicché il lavoratore era onerato della prova della simulazione o della novazione oggettiva.
6. Nella specie, le istanze istruttorie articolate nel primo grado non erano state riproposte in appello e difettava la prova del controllo cd. intrinseco proprio del potere conformativo datoriale in ordine al quando ed al quomodo della attività- anche tenendo conto del carattere attenuato della subordinazione in caso di attività specialistica- posto che gli indici sussidiari non erano in sé sufficienti per la qualificazione del rapporto come subordinato.
7. Anche nella parasubordinazione vi era un facere continuativo, coordinato- anche riguardo alle fasce orarie, che non potevano che essere quelle relative al servizio- e prevalentemente personale, con inserimento stabile nella organizzazione del committente, in assenza del predetto potere conformativo.
8.Inoltre la qualificazione operata dalla parti si era manifestata in un lunghissimo arco di tempo, in assenza di una posizione di inferiorità socioeconomica, alla luce della elevata professionalità e della relativa consistenza del corrispettivo (da ultimo oltre Euro 1.700 mensili per un impegno di circa 14 ore settimanali).
9. Restavano assorbite le censure della AUSL appellante in relazione al periodo anteriore all’1 aprile 2007.
10. Quanto ai danni derivanti dall’illegittimità del contratto, in difetto di appello incidentale della lavoratrice sulle voci di danno respinte dal primo giudice, restava in discussione il solo pregiudizio per la mancata stabilizzazione. Non era applicabile D.Lgs n. 165 del 2001, art. 36, relativo al rapporto di lavoro subordinato ed il danno doveva essere provato secondo i principi generali.
11.Sul punto le allegazioni erano del tutto generiche e, comunque, non provate, non potendo rilevare in sé l’eventuale periodo di disoccupazione, atteso che la disciplina del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7, era finalizzata unicamente al controllo della spesa pubblica.
12.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza S.A., articolato in tre motivi di censura, cui ha resistito con controricorso la AUSL.
13. Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 7 e 36.
2. Ha esposto essere pacifico che: ella aveva prestato attività lavorativa presso il Centro Prelievi del Polo Sanitario di medicina, senza soluzione di continuità dal gennaio 1998 al settembre 2008; le mansioni svolte erano perfettamente sovrapponibili a quelle del personale addetto al reparto con rapporto di lavoro dipendente; i contratti non individuavano alcun progetto specifico; l’attività di prelievo ematico non era di natura altamente qualificata né presupponeva il possesso di particolari specializzazioni, tanto che i suoi colleghi di lavoro erano infermieri professionali.
3. Ha censurato la sentenza in quanto, pur avendo accertato la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7, aveva ritenuto che l’illegittimità avrebbe potuto dare luogo al risarcimento del danno soltanto previa verifica della ricorrenza in fatto di un rapporto di lavoro subordinato.
4. Il motivo è inammissibile.
5. La Corte territoriale, contrariamente a quanto assume la parte qui ricorrente, non ha affermato che il risarcimento del danno non potesse essere riconosciuto in assenza di subordinazione; ha, piuttosto, statuito che il danno derivante dalla illegittimità della condotta della amministrazione avrebbe dovuto essere allegato e provato, secondo gli ordinari principi civilistici.
6. Tale statuizione è conforme a diritto.
7. Per costante giurisprudenza di questa Corte, a partire da Cass. SU 15 marzo 2016 n. 5072, il lavoratore può giovarsi di una presunzione di danno, in ragione della necessità di una interpretazione del diritto nazionale orientata dal diritto dell’Unione, soltanto in caso di abusiva reiterazione di contratti di lavoro subordinato a termine ovvero nelle fattispecie di illegittimità “qualificata” dalla violazione di una norma nazionale attuativa della clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE.
8. Fuori da quest’ ipotesi, nel lavoro subordinato come nel lavoro autonomo, trova applicazione il generale principio secondo cui il danno risarcibile non si identifica con la violazione della norma (danno- evento) ma è un danno-conseguenza, che deve essere specificamente allegato e provato dall’attore.
9. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2094,2222,2727 e 2729 c.c. nonché dell’art. 115 c.p.c., censurando la qualificazione del rapporto di lavoro intercorso tra le parti come lavoro autonomo invece che come lavoro subordinato.
10. Si espone che la sentenza del Tribunale aveva correttamente ravvisato la subordinazione alle luce dei fatti non contestati dalla AUSL: l’impiego della prestazione lavorativa nell’ambito delle ordinarie finalità istituzionali; il protratto inserimento nella struttura ospedaliera di Medicina; il rispetto di un orario di lavoro predeterminato- dalle ore 6,45 alle ore 9,05- ed il controllo della presenza mediante utilizzo del badge; il godimento delle ferie e dei permessi con modalità identiche a quelle degli altri dipendenti e l’obbligo di giustificazione delle assenze; la sovrapponibilità delle rispettive mansioni; lo svolgimento del servizio sotto il coordinamento ed il controllo del personale infermieristico che organizzava l’attività.
11. Si imputa al giudice dell’appello l’errore commesso nell’apprezzare come elementi decisivi la mancanza del controllo intrinseco sul quando ed il quomodo della prestazione e la presunzione di corrispondenza tra la volontà espressa nel contratto ed il contenuto effettivo del rapporto. Si evidenzia, in ordine al quando, come fosse pacifico il rispetto di un orario di lavoro dalle ore 6,45 alle ore 9,05 nell’intero periodo di durata del rapporto (in funzione dell’orario di apertura al pubblico del centro prelievi) ed, in ordine al quomodo, che per le prestazioni ripetitive e per quelle connotate da specializzazione tecnica la prestazione non richiede ordini o direttive specifiche sicché per la qualificazione del rapporto occorre fare ricorso agli indici cd. sussidiari. Parimenti si indica come fallace il criterio formale del nomen iuris attribuito dalle parti, dovendo aversi invece riguardo all’effettiva sostanza del rapporto.
12. Il motivo è fondato.
13. E’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che, ai fini della qualificazione del rapporto come lavoro autonomo o subordinato deve farsi riferimento al concreto atteggiarsi del rapporto stesso nelle sue modalità di svolgimento, potendo valere come elemento di valutazione la volontà delle parti cristallizzata nel contratto di lavoro solo se ed in quanto le concrete modalità di svolgimento dello stesso lascino margini di ambiguità e/o di incertezze (per tutte: Cass. sez. lav. 26 agosto 2013 n. 19568).
14. E’ parimenti principio consolidato che elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (ad esempio, l’osservanza di un determinato orario, la continuità della prestazione lavorativa, l’inserimento della prestazione medesima nell’organizzazione aziendale, l’assenza di rischio per il lavoratore e le modalità di retribuzione) i quali – lungi dal surrogare la subordinazione o, comunque, dall’assumere valore decisivo ai fini della prospettata qualificazione del rapporto – possono, tuttavia, essere valutati globalmente, appunto, come indizi della subordinazione stessa, tutte le volte che non ne sia agevole l’apprezzamento diretto a causa di peculiarità delle mansioni, che incidano sull’atteggiarsi del rapporto (Cassazione civile sez. lav., 10/03/2020, n. 6758).
15. In particolare, in caso di prestazioni di natura intellettuale o professionale, l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui si presenta in forma attenuata, non agevolmente apprezzabile, sicché occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale (Cassazione civile sez. lav., 25/02/2019, n. 5436; 21/10/2014, n. 22289; 26/08/2013, n. 19568).
16. Il giudice dell’appello non si è conformato a tali principi, avendo affermato che in difetto della prova diretta del cd. controllo intrinseco sul quando e sul quomodo della prestazione gli indici sussidiari, quali continuità della prestazione, assenza di organizzazione, periodicità del corrispettivo, rispetto di un orario predeterminato di lavoro, controllo sulle assenze, godimento di ferie, svolgimento della prestazione con le medesime modalità dei colleghi inquadrati come lavoratori subordinati, non sono per se stessi sufficienti, così trascurando che essi possono fornire la prova indiretta della soggezione al potere conformativo del datore di lavoro (specie nei casi in cui tale soggezione non è facilmente accertabile, mancando ordini e direttive specifiche).
17. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in accoglimento del secondo motivo di ricorso.
18. Resta assorbito il terzo motivo di ricorso, con il quale- deducendo la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 D.Lgs. n. 165 del 2001 e degli artt. 2727 e 2729 c.c.- si censura il rigetto della domanda di risarcimento del danno, trattandosi di statuizione fondata sulla affermata natura autonoma dei rapporti di lavoro a termine.
19. La causa va rinviata alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione affinché provveda alla qualificazione del rapporto di lavoro alla luce dei principi di diritto qui ribaditi.
20. Il giudice del rinvio provvederà altresì alla disciplina delle spese del presente grado.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il primo, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia- anche per le spese- alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021