Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32185 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4254-2020 proposto da:

D.I., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ASSUNTA FICO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, anche per la COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE 2021 INTERNAZIONALE presso la PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI CROTONE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1346/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 24/06/2019 R.G.N. 2245/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/06/2021 dal Consigliere Dott. PONTERIO CARLA.

RILEVATO IN FATTO

che:

1. La Corte d’appello di Catanzaro ha respinto l’appello proposto da D.I., cittadino del Mali, avverso l’ordinanza del Tribunale che, confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva negato al richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. Il richiedente aveva dichiarato di essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine per timore di essere ucciso dai fratellastri, per ragioni patrimoniali.

3. La Corte d’appello ha escluso la necessità di una nuova audizione sul rilievo che l’appellante era stato sentito dinanzi alla Commissione e messo in condizioni di riferire e chiarire ogni circostanza utile.

4. La Corte di merito ha ritenuto che la vicenda privata, sia pure di rilievo penale, fosse estranea al sistema di protezione internazionale e che, peraltro, il racconto del richiedente apparisse privo dei requisiti di veridicità. Ha quindi ritenuto assenti i presupposti per lo status di rifugiato e per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

4. Ha escluso i presupposti della protezione sussidiaria di cui all’art. 14 cit., lett. c), sia sul rilievo della inesistenza di una condizione di violenza indiscriminata, specie nella regione di provenienza del richiedente.

5. Ha infine escluso i requisiti per la protezione umanitaria sul rilievo che non risultasse neppure allegata la sussistenza di una emergenza sanitaria o alimentare o, comunque, il rischio di compromissione dei diritti fondamentali del ricorrente in ipotesi di rientrato nel Paese d’origine.

6. Avverso la sentenza il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

7. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

8. Col primo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Omessa audizione del ricorrente, richiesta col ricorso in appello, risultando dal verbale della Commissione il mancato approfondimento di alcuni aspetti, come il mancato intervento delle Forze dell’ordine nel paese d’origine e le condizioni di sicurezza ivi esistenti.

9. Col secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 – 27, per avere la Corte territoriale, nel giustificare il rigetto della domanda di protezione sussidiaria, omesso di compiere un’adeguata istruttoria sulle condizioni del Paese d’origine del richiedente che, in base alle fonti citate in ricorso, sono caratterizzate da conflitti interni ed assenza di autorità preposte alla tutela della sicurezza.

11. Col terzo motivo è dedotta, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, e violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per avere la Corte di merito errato nel valutare le condizioni esistenti nel Mali ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

12. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

13. Secondo un orientamento espresso recentemente da questa Corte (cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa, condividendone le ragioni), in riferimento al procedimento D.Lgs. n. 25 del 2008, ex 35 bis “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (v. Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020; in senso conforme, anche Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, secondo cui “il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; in particolare il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza”; v. anche Cass. n. 2760 del 2021).

14. Nel caso di specie, la censura risulta inammissibile perché formulata in modo del tutto generico, atteso che il richiedente non spiega e non specifica i fatti a suo tempo dedotti a fondamento dell’istanza di audizione innanzi ai giudici del merito ed i profili di credibilità del racconto non approfonditi nelle precedenti fasi di giudizio, ma fa solo un generico accenno al mancato approfondimento delle “condizioni di sicurezza della sua area di provenienza”, che attengono al diverso aspetto dell’obbligo di cooperazione istruttoria.

15. Il secondo motivo di ricorso è fondato e deve trovare accoglimento.

16. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. n. 28990 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018).

17. Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e, quindi, “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei datti forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa”.

18. E’ quindi, onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento.

19. In proposito, deve ribadirsi anche che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8 non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici senza frontiere) che spesso contengono informazioni dettagliate e aggiornate (cfr. Cass. n. 13449 del 2019 per esteso).

20. Più recentemente (cfr. Cass. n. 15215 del 2020) è stato affermato il principio di diritto secondo il quale: “Le informazioni relative alla situazione esistente nel paese di origine del richiedente la protezione internazionale o umanitaria che il giudice di merito trae dalle C.O.I. o dalle altre fonti informative liberamente consultabili attraverso i canali informatici vanno considerate, in ragione della capillarità della loro diffusione e della facile accessibilità per la pluralità di consociati, alla stregua del fatto notorio; il dovere di cooperazione istruttoria che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale ed umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione costituisce, in funzione della loro oggettiva notorietà, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2”.

21. Nella fattispecie, la Corte territoriale ha escluso che nella regione di provenienza del Mali vi fosse una situazione di violenza indiscriminata, con concreto pericolo di danno grave per il richiedente, senza citare alcuna fonte specifica e aggiornata e pur dando atto, da pag. 7 e a 9 della motivazione, di una serie di eventi terroristici e di guerra in cui erano rimasti coinvolti civili e militari.

22. In presenza di tale contraddittorio quadro, un accertamento specifico sulle fonti aggiornate ed accreditate si dimostrava ancora più indispensabile atteso poi che nel Mali, già da semplici notizie di cronaca, risulta che il paese stia attraversando un momento di grande instabilità e violenza generalizzata, se non addirittura di guerra civile, visto che il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatti notori) ammissibile nel processo civile ordinario lo è a maggior ragione nelle controversie in materia di protezione internazionale (Cass. n. 13940/2020).

23. La censura e’, pertanto, meritevole di accoglimento.

24. La trattazione del terzo motivo resta, conseguentemente, assorbita.

25. La sentenza impugnata dovrà, quindi, essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo motivo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto a rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 23 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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