Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.32203 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6794/2015 R.G. proposto da:

LE VECCHIE DIMORE srl, V.D., V.G., rappresentati e difesi dall’Avv. Domenico D’Arrigo, con domicilio eletto in Roma, via M. Prestinari, n. 13, presso lo studio dell’Avv. Paola Ramadori;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 4092/14, depositata il 23 luglio 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 giugno 2021 dal Consigliere Dott.ssa Mele Maria Elena.

RITENUTO

che:

Con avviso di liquidazione l’Agenzia delle entrate recuperava l’imposta di registro dovuta in relazione ad un contratto preliminare di compravendita di quote sociali con cui i soci della FASP Tappezzeria srl promettevano di vendere il 97% delle quote alla società “Vecchie Dimore srl”. Il preliminare veniva concluso mediante atto pubblico e il notaio rogante liquidava l’imposta di registro in misura fissa come contratto preliminare e l’imposta proporzionale in relazione alla caparra confirmatoria (nella misura dello 0,50%) e per il pagamento dell’acconto già corrisposto e pari a Euro 500.000,00 (nella misura del 3%). Con il richiamato avviso di liquidazione l’Agenzia delle entrate ricalcolava l’imposta di registro dovuta applicando l’imposta proporzionale del 3% a tutti gli acconti previsti e non ancora versati.

La società “Vecchie dimore”, V.D. e V.G., soci della FASP, impugnavano tale atto avanti alla Commissione tributaria provinciale di Brescia, deducendo l’illegittimità dell’atto impositivo per errata qualificazione quali acconti degli importi pattuiti per le singole cessioni convenute, nonché per errata applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 10, Tariffa allegata, trattandosi di contratto preliminare avente ad oggetto la cessione di quote sociali al quale, dunque, si applicava il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 11 della Tariffa allegata.

La CTP accoglieva il ricorso con decisione che veniva riformata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia la quale accoglieva l’appello proposto dall’Ufficio. Secondo il giudice d’appello, infatti, doveva applicarsi il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 10 della Tariffa allegata, il quale stabilisce che, ove il preliminare preveda il pagamento di acconti di prezzo, su di essi si applica l’imposta proporzionale. Nella specie, sulla base dei contratti di esecuzione del preliminare prodotti dall’Agenzia risultava che le frazioni di prezzo versate dalla parte acquirente costituissero acconti, in quanto versati prima e al di fuori dei contratti definitivi.

I contribuenti hanno proposto ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione di tale sentenza.

Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 10 della Tariffa, parte Prima allegata in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 11 della medesima Tariffa, parte Prima, allegata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3.

Sostiene la parte ricorrente che la disciplina dell’imposta di registro applicabile al contratto preliminare avente ad oggetto la vendita di quote sociali sarebbe quella recata dall’art. 11 della Tariffa il quale fa espresso riferimento alla “negoziazione” delle partecipazioni sociali, disponendo che essa è tassata in misura fissa. Tale espressione deve intendersi riferita a qualunque trattativa, vale a dire ad ogni manifestazione di volontà volta alla costituzione, modificazione o estinzione di una situazione giuridicamente vincolante, sia che abbia effetti reali che effetti obbligatori. Non potrebbe perciò applicarsi D.P.R. n. 131 del 1986, art. 10 della Tariffa allegata. E ciò anche in considerazione del fatto che il contatto preliminare di cessione di partecipazioni sociali non potrebbe essere assoggettato ad un’imposta di registro in misura superiore a quella dovuta per il contratto definitivo al quale si applica l’imposta in misura fissa.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 10 della Tariffa, parte I in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3.

Secondo i ricorrenti, con il contratto preliminare l’acquirente si era impegnata ad acquistare le quote sociali entro un determinato lasso temporale attraverso plurimi atti di cessione in corrispondenza dei quali doveva essere versato parte del prezzo, stabilendo che il mancato rispetto dei tempi avrebbe comportato la risoluzione del preliminare limitatamente alle quote ancora da cedere. Pertanto, i distinti versamenti non costituivano meri acconti, ma il prezzo pattuito per ciascuna cessione. Pertanto, la CTR, ritenendo che il contratto preliminare prevedesse il pagamento di acconti, avrebbe interpretato il contratto in contrasto con la volontà delle parti, in violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20.

Il primo motivo è fondato.

Nella specie non è contestato che tra i contribuenti sia stato stipulato un contratto preliminare avente ad oggetto la cessione di quote societarie, stabilendo tempi e modalità di trasferimento delle medesime mediante la successiva stipula di contratti definitivi e il versamento del corrispettivo pattuito.

Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 10 della Tariffa, Prima parte, allegata, disciplina l’imposta di registro applicabile ai “contratti preliminari di ogni specie” stabilendola nella misura fissa pari a 168,00 Euro (attualmente stabilita i 200,00 Euro). Tuttavia, la nota a tale articolo dispone che, laddove tale contratto preveda il pagamento di acconti di prezzo non soggetti ad IVA, o la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria, questi sono soggetti a tassazione nella misura proporzionale rispettivamente indicata dall’art. 9 (aliquota del 3 per cento) e dall’art. 6 (aliquota dello 0,50 per cento). La medesima disposizione stabilisce altresì che, in entrambi i casi, “l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo”.

La parte ricorrente sostiene che tale disposizione non si applicherebbe al contratto preliminare avente ad oggetto la cessione di quote di partecipazioni societarie il quale sarebbe disciplinato dall’art. 11 della Tariffa il quale stabilisce che agli atti “aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società o enti” si applica l’imposta nella misura fissa di Euro 168,00 (attualmente pari a Euro 200,00).

Come affermato di recente da questa Corte, l’art. 11 della Tariffa, deve considerarsi come norma speciale, espressamente riferita agli atti di negoziazione di quote di partecipazioni in società, “con la conseguenza che, con riferimento al preliminare di cessione di partecipazioni societarie, non può trovare applicazione la disciplina prevista dall’art. 10, trattandosi di disposizione generale riferibile ai contratti preliminari in genere”. Si è anche affermato che l’imposta di registro in misura fissa si applica non solo alla cessione delle partecipazioni societarie, ma anche a tutti i diritti, poteri, obblighi e facoltà ad essa necessariamente connessi, anche se abbiano natura patrimoniale e siano valutabili autonomamente (Cass., Sez. 5, n. 17904 del 23/06/2021, Rv. 661781 01).

In tal senso assume valore determinante la considerazione che, dal punto di vista fiscale, la vicenda negoziale preliminare-definitivo deve essere apprezzata come un’unica manifestazione di capacità contributiva, trattandosi di un’unica operazione economica nell’ambito del sistema dell’imposta di registro. La vicenda contrattuale, suddivisa in due momenti, infatti, esprime l’unicità dell’affare, in cui si avvicendano fattispecie contrattuali diverse (preliminare – definitivo), ma finalizzate al perseguimento di un unico risultato finale, nella specie la cessione di partecipazioni societarie.

L’unitarietà di tale operazione è attestata dalla prevista detraibilità dell’imposta di registro assolta sulla registrazione del preliminare da quella dovuta sul definitivo prevista dalla nota all’art. 10 la quale stabilisce che l’imposta proporzionale pagata in relazione alla caparra confirmatoria e agli acconti di prezzo contemplati dal preliminare “e’ imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo”.

Tale previsione conferma come la sequenza preliminare-definitivo costituisca espressione di un’unica manifestazione di capacità contributiva, sicché sarebbe incongruo ritenere che la tassazione del preliminare, il quale preveda acconti, possa eccedere quella prevista per il definitivo il quale è soggetto ad imposta fissa. Questa Corte ha perciò affermato che la tassazione del preliminare costituisce “una mera anticipazione del carico tributario dovuto per la stipula del contratto definitivo, in quanto solo con la stipula del contratto definitivo il contribuente manifesta la propria capacità contributiva: pertanto, da un lato, la tassazione con l’imposta proporzionale dell’acconto del contratto preliminare, a prescindere dal contratto definitivo, rappresenterebbe un prelievo non supportato da alcuna manifestazione di capacità contributiva; dall’altro appare una valutazione incongrua a fronte di una tassazione del definitivo in misura fissa” (Sez. 5, n. 17904 del 23/06/2021, cit.).

Tale incongruità appare evidente nelle ipotesi – quale quella di specie – in cui, assoggettando ad imposta proporzionale gli acconti versati in sede di preliminare, la tassazione del contratto definitivo sarebbe ben inferiore alle somme pagate per la registrazione del contratto preliminare.

La CTR non si è attenuta a tali principi con la conseguenza che il primo motivo di ricorso deve essere accolto, con assorbimento del secondo. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c. con l’accoglimento del ricorso originario proposto dai contribuenti.

L’assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale giustifica la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario dei contribuenti. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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