LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE IASI Camilla – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –
Dott. PENTA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27165-2015 proposto da:
A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. GALIANI 68, presso lo studio dell’avvocato PIETRO SELICATO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SABINO SELICATO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1549/2015 della COMM.TRIB.REG.SICILIA SEZ.DIST. di SIRACUSA, depositata il 14/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/06/2021 dal Consigliere Dott.ssa FASANO ANNA MARIA;
lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. VISONA’ STEFANO che ha chiesto che la Corte di Cassazione rigetti il ricorso avverso la sentenza della CTR di Palermo – sezione distaccata di Siracusa n. 1549/16/15 R. Sent. depositata il 14 aprile 2015;
FATTI DI CAUSA
Giuseppe Amato impugnava l’avviso di liquidazione e irrogazione di sanzioni n. *****, notificato dall’Agenzia delle entrate per imposta di registro dovuta in solido da tutte le parti interessate nella causa civile R.A., decisa con sentenza civile n. 420/2009, emessa dal Tribunale di Siracusa e relativa ad un atto di compravendita stipulato nell’anno 1997, lamentando difetto di motivazione e l’erronea applicazione dell’imposta di registro proporzionale in luogo di quella in misura fissa, applicabile per gli atti soggetti ad IVA, essendo stato venduto un bene strumentale, oltre alla prescrizione del termine di accertamento del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 76. Con la pronuncia, il Tribunale di Siracusa dichiarava “la simulazione del contratto di compravendita stipulato il 27.8.1997 tra S.C. e A.G., relativamente al prezzo della vendita e agli elementi accessori essendo gli stessi effettivamente indicati nella scrittura di pari data dagli stessi sottoscritta” e, per l’effetto, condannava A.G. al pagamento nei confronti della curatela del fallimento S.C. della somma di Euro 241.701,83, quale differenza di prezzo dovuta per l’acquisto del compendio immobiliare in questione rispetto a quello realmente pattuito di lire 900.000.000. La Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa, con sentenza n. 594/04/13, respingeva il ricorso. Il contribuente appellava la pronuncia, eccependo che i giudici di prime cure avevano omesso di pronunziarsi sull’eccezione di carenza di motivazione dell’avviso in quanto privo dell’indicazione degli imponibili e delle aliquote delle imposte e delle sanzioni applicate, contestando anche la liquidazione dell’imposta in misura proporzionale. La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con sentenza n. 1549/16/15, respingeva l’appello. A.G. ricorre per cassazione, svolgendo cinque motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. La Procura Generale presso la Corte Suprema di Cassazione ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 5, 20 e art. 37, comma 1, e art. 1 ed art. 8, comma 1, lett. b), dell’annessa Tariffa, Parte I, nonché artt. 2 e 10 del D.Lgs. n. 347 del 1990 e art. 1 dell’annessa Tariffa, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., commma 1, n. 3, atteso che i giudici di appello avrebbero errato nel ritenere legittimo l’avviso di liquidazione poiché “l’atto oggetto di tassazione è la sentenza del Tribunale di Siracusa n. 420/2009 depositata il 2 aprile 2009”. Il ricorrente lamenta che l’Ufficio avrebbe applicato l’imposta di registro con l’aliquota proporzionale (al 3%) prevista per gli atti dell’autorità giudiziaria “recanti condanna al pagamento di somme” (D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 37 ed art. 8, comma 1, lett. b) dell’annessa Tariffa Parte I) all’importo (Lire 520.000.000) indicato nell’atto pubblico di compravendita stipulaR.G.N. 27165-15 to in data 27.8.1997 con atto Notaio B., e non dunque, come erroneamente ritenuto dalla sentenza gravata, all’importo riportato nella “sentenza del Tribunale di Siracusa n. 420/2009 depositata il 2.4.2009”. L’Ufficio, inoltre, avrebbe erroneamente applicato le imposte di registro, ipotecarie e catastali con le aliquote proporzionali previsti per gli “atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere”, all’importo residuale di Lire 380.000.000 corrispondente alla differenza tra il prezzo effettivamente pattuito (Lire 900.000.000) indicato nella scrittura privata stipulata in data 27.8.1997 e quello di Lire 520.000.000 dichiarato nell’atto pubblico di compravendita.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 e art. 8, comma 1, lett. b) dell’annessa Tariffa – Parte I (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ragione dell’erroneità dell’affermazione sostenuta dai giudici di appello secondo cui sarebbe “irrilevante che la compravendita di cui è stata accertata la simulazione parziale fosse soggetta o meno ad IVA, perché, si ripete, oggetto di imposizione è il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria e non l’atto di compravendita di cui è stata accertata la simulazione parziale”. Il ricorrente deduce di avere già illustrato l’erroneità di tale affermazione ai fini del calcolo della base imponibile e delle aliquote applicate all’imposta, ma nella fattispecie sussisterebbe violazione e/o erronea disapplicazione dei principi di alternatività tra imposta di registro ed IVA e del divieto di doppia imposizione (D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 67) che avrebbero, in ogni caso, condotto ad applicare l’imposta di registro in misura fissa alla sentenza di condanna al pagamento della somma stabilita dal Tribunale di Siracusa.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, della L. n. 241 del 1990, art. 3 e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 41, comma 1 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto i giudici di appello avrebbero errato nel ritenere l’atto impugnato sufficientemente motivato pur non essendo indicate né le aliquote applicate né la determinazione della base imponibile sulla quale le aliquote sarebbero state applicate; sicché, in assenza di tali riferimenti, è risultata incerta la conoscenza delle ragioni della pretesa impositiva e di conseguenza estremamente difficoltosa la possibilità di opporre valide resistenze alle illegittime pretese dell’Ufficio.
4. Con il quarto motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) atteso che il giudice di appello, nel ritenere pienamente legittimo l’avviso impugnato sostenendo che l’atto soggetto a tassazione è la sentenza del Tribunale di Siracusa n. 420/2009, ha evidenziato chiaramente l’omessa valutazione degli elementi probatori acquisiti nel giudizio di merito, in particolare, dello stesso avviso di liquidazione impugnato e dell’atto pubblico di compravendita di cui il predetto avviso è scaturito.
5. Con il quinto motivo si denuncia nullità degli accertamenti per cui è causa per illegittimità e decadenza del dirigente firmatario, determinata a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 37/2015 e per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, artt. 21 septies e 21 octies; del D.Lgs. n. 300 del 1999, artt. 66, 67, 68, D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 4, comma 3, e art. 35, del Reg. Amm. Agenzia delle Entrate 30 novembre 2000, n. 4, art. 1, comma 2. Il contribuente lamenta la nullità dell’avviso da cui è scaturito il giudizio, per carenza di poteri del dirigente firmatario, in ragione della sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015 che ha dichiarato illegittimi i ripetuti conferimenti di incarichi dirigenziali ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate senza indire i relativi concorsi pubblici, con la conseguenza che sarebbero decaduti dagli incarichi dirigenziali tutti coloro che erano stati nominati dirigenti “senza concorso”.
6. Il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente per connessione logica.
Le critiche sono infondate.
a) Il contribuente ha impugnato un avviso di liquidazione notificato dall’Agenzia delle entrate per il mancato pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale dovute per la registrazione della sentenza civile n. 420/2009 del Tribunale di Siracusa, relativa ad un atto di compravendita stipulato nel 1997.
Si evince dalla motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa n. 594/04/13 (il cui contenuto è stato riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza), che il Tribunale di Siracusa, con la sentenza n. 420/2009, ha accertato la simulazione dell’atto di compravendita del 1997, con la conseguenza che l’Ufficio ha provveduto alla tassazione della vendita sul valore effettivo del trasferimento.
L’Ufficio ha applicato l’imposta di registro con l’aliquota proporzionale (3%) ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, con riferimento alle somme oggetto di accertamento con la sentenza relativa alla simulazione, e le imposte di registro, ipotecarie e castali con le aliquote proporzionali previste per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili, sulla base dell’importo residuale corrispondente alla differenza fra il prezzo effettivamente pattuito dalle parti ed indicato nell’accordo simulatorio del 1997 e quello dichiarato dalle parti nell’atto pubblico di compravendita.
Invero, l’imposta di registro deve essere considerata una “imposta d’atto”, quindi oggetto di tassazione è l’atto da registrare. Ne consegue che nel caso in cui l’atto da registrare sia una sentenza, per stabilire i presupposti e i criteri della tassazione occorre fare riferimento al contenuto ed agli effetti che emergono dalla sentenza stessa.
b) Ciò premesso, secondo l’indirizzo ampiamente condiviso di questo giudice di legittimità, va applicata l’imposta di registro in misura proporzionale in caso di registrazione delle sentenze di accertamento della nullità dei contratti simulati, in quanto “la sentenza dichiarativa della simulazione, assoluta o relativa, di un contratto, con effetti reali, costitutivo o traslativo di diritti, è soggetta al pagamento di una nuova imposta di registro (cosiddetta “tassa di titolo”) realizzando, ai fini tributari, un “ritrasferimento” del bene, oggetto del precedente contratto simulato (Cass. n. 14197 del 2014; Cass. n. 12796 del 2020). E’ stato, altresì, precisato che “Ai fini dell’imposta proporzionale di registro sull’atto simulato e registrato la dichiarazione di nullità per simulazione deve considersi non avvenuta. Da ciò deriva, sempre ai fini fiscali, che deve considerarsi come avvenuto il trasferimento simulato, con la conseguenza che la sentenza che dichiara la nullità del detto trasferimento, viene, fiscalmente, a porre in essere, ai soli fini dell’imposta, una retrocessione, soggetta ad imposta proporzionale (Cass. n. 12796 del 2020). Nella specie, non è contestato che le parti hanno posto in essere una simulazione relativa del contratto riferita alla determinazione del prezzo pattuito. Ai fini della tassazione delle decisioni che pronunciano in tali ipotesi va applicato il TUR, art. 8 lett. b) della tariffa Parte Prima, che prevede l’applicazione dell’imposta in misura proporzionale con riferimento alla registrazione di pronunce che recano la condanna al pagamento di somme di denaro, atteso che trattasi di sentenza che ha disposto la condanna al pagamento della somma nella misura rappresentata dalla differenza di prezzo dovuta per l’acquisto del compendio immobiliare.
Ne consegue che nessun vizio motivazionale può essere rilevato nella decisione impugnata, avendo il giudice del merito fatto buon governo dei principi espressi.
c) Priva di rilievo anche la doglianza prospettata con il secondo mezzo, atteso che la tassazione non è conseguita dal trasferimento del bene, ma dalla registrazione della sentenza del Tribunale di Siracusa, ossia la decisione che ha riconosciuto che l’atto del 1997, tra simulato. Pertanto, correttamente l’Ufficio ha provveduto alla tassazione dell’importo della compravendita applicando l’imposta proporzionale di registro nella misura del 3% trattandosi di tassazione derivante da atto giudiziario, in applicazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, comma 1, lett. b) della Tariffa, parte prima, allegata.
Con riferimento alle doglianze relative all’applicazione delle sanzioni fiscali, va precisato che se viene occultato anche in parte il corrispettivo convenuto, oltre al pagamento della maggiore imposta dovuta sulla differenza di prezzo, è applicabile una sanzione dal 200% al 400% dell’imposta dovuta sulla differenza suddetta (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 72).
Da siffatti rilievi consegue che i giudici del merito hanno fatto buon governo dei principi espressi, pertanto non sussistono i predicati vizi motivazionali rappresentati in ricorso.
7. Il terzo mezzo va respinto. Non è contestato che nell’avviso di liquidazione non è stata allegata la sentenza del Tribunale di Siracusa n. 420/2009, ma l’atto impositivo richiama la suddetta pronuncia ed indica le imposte e sanzioni dovute in solido dalle parti, e la causa (Rapisarda) cui si riferisce la sentenza sottoposta a tassazione.
Il Collegio evidenzia che l’allegazione di atti conosciuti o conoscibili dal contribuente risulta superflua ed ultronea e rappresenta un inutile e non richiesto aggravio per l’Ufficio.
Si e’, infatti, precisato come “In tema di imposta di registro relativa a sentenza civile, l’Amministrazione finanziaria è esonerata dall’obbligo di allegare all’avviso di liquidazione la sentenza su cui esso si fonda, in quanto trattasi di atto di cui il contribuente, parte del giudizio, è a conoscenza, diversamente tale incombente si risolverebbe in un adempimento superfluo ed ultroneo che, da un lato, determinerebbe un eccessivo aggravamento degli oneri connessi all’esercizio della potestà impositiva e, dall’altro, non varrebbe a fornire elementi utili e significativi per la tutela del diritto di difesa nei confronti della pretesa tributaria, ponendosi così un contrasto con i canoni generali della collaborazione della buona fede” (Cass. n. 21713 del 2020).
Nella specie, l’atto impositivo contiene gli elementi essenziali dell’atto richiamato che può sostituire l’obbligo di allegazione, atteso che il contribuente è stato parte del giudizio da cui è scaturita la pronuncia oggetto di registrazione, e tale contenuto ha consentito l’esatta comprensione della ragione del prelievo fiscale.
L’obbligo di motivazione dell’atto impositivo in tal modo è stato adempiuto, avendo l’Ufficio assicurato il controllo della legittimità dell’imposizione, delimitando chiaramente l’oggetto del processo tributario.
8. Il quinto motivo di ricorso è infondato. Questa Corte ha, infatti, chiarito che: “In tema di accertamento tributario, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun getto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria di incostituionalità del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 24, convertito nella L. n. 44 del 2012” (Cass. n. 22810 del 2015; Cass. n. 5177 del 2020).
9. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello pagato per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’udienza pubblica, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021