LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24697-2015 proposto da:
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO;
– ricorrente –
contro
R.T., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCELLO DE VIVO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1538/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 20/07/2015 R.G.N. 888/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. MANCINO ROSSANA.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. con sentenza n. 1538 del 2015 la Corte d’appello di Bari ha accolto l’impugnazione proposta dall’attuale intimato e, per l’effetto, ha ordinato all’Inps di riscrivere il lavoratore nell’elenco nominativo dei lavoratori agricoli a tempo determinato per l’anno 2005, accreditando la relativa contribuzione;
2. a fondamento del decisum, per quel che rileva in questa sede, la Corte ha ritenuto inapplicabile alla fattispecie la disposizione di cui al D.L. n. 7 del 1970, art. 22, che impone, a pena di decadenza, alla parte che intende proporre azione giudiziaria contro i provvedimenti definitivi adottati in applicazione del detto decreto, di azionare il relativo diritto nel termine di 120 giorni dalla notifica o dalla conoscenza dei provvedimenti, sul presupposto che, alla data di proposizione del ricorso giudiziario (20.10.2011), la disposizione di cui all’art. 22 citata non era in vigore essendo stata abrogata dal D.L. n. 112 del 2008, art. 24, convertito in L. n. 133 del 2008 e ripristinata dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 5, convertito in L. n. 111 del 2011;
3. contro la sentenza l’Inps propone ricorso per cassazione formulando un unico motivo, cui resiste con controricorso il lavoratore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
4. in punto di fatto, è opportuno precisare che, come risulta dal ricorso per cassazione e non è contestato dal controricorrente, il provvedimento di disconoscimento del rapporto di lavoro è stato notificato dall’Inps in data 21 giugno 2010, mentre il ricorso giudiziario è stato depositato in data 20 ottobre 2011;
5. secondo l’Inps, il lavoratore sarebbe decaduto perché i centoventi giorni previsti dall’art. 22 per proporre l’azione giudiziaria erano scaduti;
6. il ricorso, articolato sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22, conv. con modif. nella L. n. 83 del 1970, e di altro complesso normativo, è da rigettare;
7. la questione sollevata in questa sede è stata infatti esaminata compiutamente da numerosi precedenti (fra tante, Cass. n. 4305 del 2020 e ivi ulteriori precedenti) alle cui motivazioni, pressoché sovrapponibili, si rinvia;
8. va pertanto riaffermato il principio di diritto secondo cui “In materia di collocamento dei lavoratori agricoli, la decadenza dall’impugnativa della cancellazione dai relativi elenchi prevista dal D.L. n. 7 del 1970, art. 22, conv., con modif., dalla L. n. 83 del 1970, è stata abrogata dal D.L. n. 112 del 2008, art. 24, conv., con modif., dalla L. n. 133 del 2008, che fa salva l’applicazione della L. n. 246 del 2005, art. 14, commi 14 e 15, ma non del comma 17, la cui lett. e) stabilisce la permanenza in vigore delle disposizioni in materia previdenziale e assistenziale”;
9. la norma sulla decadenza di cui al D.L. n. 7 del 1970, art. 22, ha ripreso vigore dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011), sicché essa non è stata operante limitatamente al periodo dal 21 dicembre 2008 al 5 luglio 2011;
10. il ricorso giudiziario è stato proposto dopo l’entrata in vigore della suddetta norma ma prima della scadenza del termine di centoventi giorni, a far tempo dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011, in applicazione dell’art. 252 disp. att. c.c., comma 1, sicché anche sotto tale profilo l’azione può ritenersi tempestiva (sull’applicabilità dell’art. 252 disp. att. c.p.c. v. Cass. n. 16661 del 2018);
11. in applicazione del criterio della soccombenza il ricorrente deve essere tenuto al pagamento delle spese del presente giudizio, con distrazione in favore del procuratore anticipatario ex art. 93 c.p.c.;
12. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario del 15 per e altri accessori di legge, disponendone la distrazione in favore dell’avvocato Marcello De Vivo, anticipatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021