Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32236 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1473-2016 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO, 28, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO LIVIO ALESSI, rappresentato e difeso dall’avvocato RAIMONDO MAIRA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 661/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 05/06/2015 R.G.N. 684/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/09/2021 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA.

RILEVATO IN FATTO

– che, con sentenza del 5 giugno 2015, la Corte d’Appello di Catania, quale giudice di rinvio, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Caltanissetta, rigettava la domanda proposta da S.S. nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avente ad oggetto il riconoscimento del diritto dell’istante, transitato nei ruoli dell’Amministrazione statale scolastica e segnatamente nei profili professionali del personale Ausiliario Tecnico e Amministrativo (A.T.A.) proveniente dall’Ente Provincia di Caltanissetta, al mantenimento, ai fini giuridici ed economici, dell’anzianità maturata precedentemente presso l’ente locale di provenienza e la condanna del MIUR al pagamento delle differenze retributive maturate a far data dall’1.1.2000;

– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, alla stregua della giurisprudenza della Corte di Giustizia, non in contrasto con il principio desumibile dal diritto comunitario della spettanza in favore dei dipendenti trasferiti cui risulta applicato in via immediata il contratto collettivo vigente presso il cessionario di un trattamento retributivo pari a quello di un dipendente con uguale anzianità, la previsione di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, che esclude, in caso di trasferimento, il diritto al riconoscimento integrale dell’anzianità pregressa ed insussistente l’allegata circostanza del peggioramento sostanziale del trattamento retributivo per essere risultato in atti che l’interessato a seguito del passaggio all’amministrazione statale aveva conseguito un trattamento economico superiore;

– che per la cassazione di tale decisione ricorre lo S., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 394 e 384 c.p.c., della L. 23 dicembre 2005 per contrasto con l’art. 117 Cost., comma 1 e 6CEDU e con le generali norme di interpretazione, in una con il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, imputa alla Corte territoriale di essersi discostata dal principio di diritto sancito in sede rescindente da questa Corte, ribadendo l’interpretazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, in quella sede qualificata erronea sulla scorta della pronunzia resa dalla Corte di Giustizia il 6.9.2011;

– che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,61,424 e 441 c.p.c. in relazione agli artt. 384 e 394 c.p.c. nonché il vizio di omessa e contraddittoria motivazione, il ricorrente lamenta l’incongruità logica e giuridica dell’esito dell’espletata istruttoria sulla base del rilievo per cui il mancato riconoscimento di un’anzianità nella specie rilevante non poteva che portare ad un peggioramento del trattamento economico, destinato a porsi in contrasto con i principi sanciti da questa Corte e dalla Corte di Giustizia e non asseverato dalla pur richiesta consulenza tecnica;

– che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, risultano inammissibili, dovendosi ritenere, alla luce della ratio della sentenza rescindente e della pronunzia della Corte di Giustizia, per la quale il peggioramento retributivo vietato dalla Direttiva 77/187 CEE può sussistere solo qualora emerga che la retribuzione goduta presso l’ente di provenienza sia superiore a quella liquidata dal cessionario, che la Corte territoriale in veste di giudice di rinvio ha puntualmente osservato i limiti del giudizio di rinvio posti dalla sentenza rescindente di questa Corte e dati dall’aver subordinato l’accoglimento dell’originaria domanda all’esito dell’accertamento di fatto della ricorrenza di un “peggioramento retributivo sostanziale”, accertamento operato dalla Corte territoriale in termini negativi ed insindacabile in questa sede sotto il profilo del vizio motivazionale non più censurabile ai sensi del riformulato art. 360 c.p.c., n. 5 (in tal senso già Cass. n. 14691/2021); che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile; che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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