LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12304-2015 proposto da:
S.B.C., N.C., C.L., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA APPIA NUOVA n. 59, presso lo studio dell’avvocato PAOLA GIARDINA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato DANIELA BASILICO;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE IZZO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONELLO MANDARANO, ANTONELLA FRASCHINI, EMILIO LUIGI PREGNOLATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 953/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 10/11/2014 R.G.N. 1626/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2021 dal Consigliere Dott. SPENA FRANCESCA.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. Con sentenza in data 10 novembre 2014 n. 953 la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta da S.B.C., N.C. e C.L., dipendenti del Comune di Milano con qualifica di agenti di Polizia Locale, per la assunzione a carico del Comune di Milano delle spese di difesa legale in relazione al procedimento penale in cui essi erano imputati, definito dal Tribunale di Milano con sentenza di assoluzione (sentenza n. 9135/08).
2. La Corte territoriale osservava che il giudice del primo grado aveva fatto corretta applicazione dell’art. 28 CCNL REGIONI ed AUTONOMIE LOCALI del 14 settembre 2000, a tenore del quale tra i requisiti per la assunzione degli oneri di difesa a carico del COMUNE vi era quello del “comune gradimento” del legale nominato e, dunque, della individuazione del difensore di concerto fra la amministrazione ed i suoi dipendenti.
3. Nella fattispecie di causa la domanda di concessione del patrocinio era stata presentata dai dipendenti per la prima volta il 6 giugno 2008, allorquando il difensore era stato nominato già da tempo: infatti l’atto di opposizione avverso il decreto penale di condanna emesso a loro carico risaliva al 9 settembre 2005 ed il processo penale era iniziato il 5 giugno 2006 (RG 6029/06).
4. Con l’unico motivo di appello i dipendenti invocavano il contenuto della circolare del Comune di Milano del 15.2.2010 n. 4.
5. Detta circolare, peraltro successiva ai fatti di causa, non era utile alle loro difese; infatti pur prevedendo la possibilità di riproporre la domanda di concessione del patrocinio legale, inizialmente respinta, in caso di conclusione del procedimento penale in senso favorevole al dipendente, richiamava, comunque, i presupposti generali (di cui al precedente paragrafo 1. b), tra i quali vi era la nomina di un legale di comune gradimento. Ne’ il COMUNE di Milano avrebbe potuto stabilire diversamente, essendo tenuto al rispetto del CCNL, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, u.c..
6. Hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza i dipendenti, affidato ad un unico motivo, articolato in due censure, cui il Comune di Milano ha opposto difese con controricorso.
7. Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. Con l’unico motivo le parti ricorrenti hanno denunciato- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, – violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
2. Sotto il primo profilo- sulla premessa che nel ricorso introduttivo esse avevano esposto di avere chiesto immediatamente all’ente la assistenza legale, senza ricevere risposta- si assume che l’interpretazione della normativa di riferimento accolta nella sentenza impugnata configurerebbe il gradimento del difensore da parte dell’ente locale come condizione sospensiva meramente potestativa, affetta da nullità ai sensi dell’art. 1355 c.c..
3. Quanto al dedotto vizio di motivazione, si lamenta l’omesso esame della eccezione, decisiva del giudizio, secondo cui il diritto di difesa, costituzionalmente garantito, non può subire alcuna limitazione e non può essere escluso dal fatto che il COMUNE non abbia espresso preventivamente il suo assenso, specie nel caso in cui l’Ente non riscontri la richiesta di rimborso.
4. Il ricorso è infondato.
5. L’art. 28 del CCNL del 14 settembre 2000 per il personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali- che riproduce sostanzialmente il testo del D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268, art. 67 – al comma 1, dispone: “l’ente, anche a tutela dei propri diritti e interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi (Ndr: testo originale non comprensibile) e all’adempimento dei compiti d’ufficio assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”.
6. Questa Corte ha già evidenziato che nel nostro ordinamento manca un principio generale che consenta di affermare, indipendentemente dalla fonte normativa settoriale e a prescindere dai limiti in cui il diritto viene da essa conformato, l’esistenza di un generalizzato diritto al rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente (Cass. 13.3.2009 n. 6227).
7. Ha altresì chiarito che la disposizione dell’art. 28 CCNL 14 settembre 2000, sopra trascritta, è strutturata nel senso che l’obbligo del datore di lavoro ha ad oggetto non già il rimborso al dipendente dell’onorario corrisposto ad un difensore di sua fiducia ma l’assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall’inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento (sempre che non sussista conflitto di interessi).
8. Si è dunque affermato che ancorché la norma contrattuale non preveda espressamente un obbligo a carico del lavoratore di immediata comunicazione della pendenza del procedimento e della volontà di volersi avvalere del patrocinio legale a carico dell’ente, tuttavia – in coerenza con l’interpretazione espressa in riferimento a disposizioni analoghe dettate per altri comparti (Cass. 4.3.2014 n. 4978; Cass. 27.9.2016 n. 18946) – la disciplina postula una necessaria valutazione ex ante da parte dell’Amministrazione, che deve essere messa in condizione di verificare la sussistenza o meno del conflitto di interessi con il dipendente e, ove questo venga escluso, di indicare il difensore, sul cui nominativo dovrà essere espresso il gradimento da parte del dipendente. In mancanza della previa comunicazione non è configurabile in capo all’amministrazione l’obbligo di farsi carico delle spese di difesa sostenute dal proprio dipendente che abbia unilateralmente provveduto alla scelta ed alla nomina del legale di fiducia; parimenti detto obbligo non sussiste nei casi in cui il lavoratore, dopo avere provveduto alla nomina, si limiti a comunicarla all’ente. Ciò in considerazione del fatto che il difensore nel processo dovrà farsi carico della necessaria tutela non del solo dipendente ma anche degli interessi dell’ente (Cass. sez. lav. 31 ottobre 2017 n. 25976; 11 luglio 2018 n. 18256).
9. A tali principi si intende assicurare in questa sede continuità.
10. La sentenza impugnata ha accertato in fatto che le odierne parti ricorrenti non avevano provveduto a detta comunicazione preventiva, in quanto la richiesta di assistenza legale era stata fatta per la prima volta a distanza di anni rispetto alla nomina del difensore ed all’inizio del processo penale (il 6 giugno 2008).
11. Tale accertamento non è stato adeguatamente censurato, in quanto i ricorrenti si sono limitati a richiamare la generica allegazione, contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio, secondo cui la richiesta di assistenza legale era stata avanzata “immediatamente” ed era rimasta senza risposta.
12. Le parti ricorrenti costruiscono in questa sede le loro difese- in ordine al carattere di condizione sospensiva meramente potestativa del gradimento della amministrazione ed alla necessità di garantire il diritto di difesa- sul presupposto di una tempestiva richiesta di assistenza legale e di un contegno della amministrazione comunale di assoluta inerzia o di rifiuto ingiustificato, circostanze, queste, prive di aderenza rispetto ai fatti accertati.
13. La deduzione del vizio di motivazione, poi, non è conforme al paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto non si allega un fatto storico non esaminato nella sentenza impugnata ma piuttosto si critica la interpretazione della normativa contrattuale posta a base della decisione e conforme ai principi qui ribaditi.
14. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
15. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020, n. 4315).
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021