Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32262 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23223/2015 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE Alessandrini-Marino-Forti di TERAMO, in persona rispettivamente del Ministro e del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso il cui Ufficio domiciliano in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– ricorrenti –

contro

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MEDAGLIE D’ORO N. 399, presso lo studio dell’avvocato CARLO CECCHI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO VILLANTE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 235/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 19/03/2015 R.G.N. 47/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/07/2021 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI.

RITENUTO

1. La Corte d’Appello di L’Aquila, con la sentenza 235 del 2015, ha accolto l’appello proposto da M.A., nei confronti del MIUR, avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Teramo, e per l’effetto ha condannato l’Amministrazione a pagare alla lavoratrice la somma di Euro 2.800.00, oltre rivalutazione ed interessi come per legge.

La lavoratrice aveva concluso con l’Amministrazione due contratti di lavoro nel corso dei quali aveva chiesto di fruire dell’aspettativa ex art. 18, comma 3, del CCNL Comparto Scuola. I due periodi di aspettativa sommati superavano il periodo di aspettativa che poteva essere riconosciuto.

Il Tribunale aveva ritenuto che il rapporto di lavoro si dovesse considerare unico, di talché il termine massimo dell’aspettativa, sommando i due periodi, era stato superato, con la conseguente legittimità del provvedimento di diniego dell’aspettativa.

Diversamente, la Corte d’Appello ha affermato che tra i due contratti (in quanto afferenti a classi di concorso e graduatorie diverse tra loro non collegate, uno relativo a Istituto di istruzione di I grado, e l’altro a Istituto di istruzione di II grado) vi era una mera contiguità temporale e che quindi i periodi di aspettativa non potevano essere sommati, ed andavano riconosciuti.

2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il MIUR prospettando un motivo di ricorso.

3. Resiste la lavoratrice con controricorso.

CONSIDERATO

1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 3, del CCNL Comparto Scuola, e del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 133,artt. 3 e 97, Cost., artt. 1363,1366 e 1371 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Assume il ricorrente che erroneamente la Corte d’Appello ha affermato che l’applicazione dell’art. 18, comma 3, del CCNL Comparto Scuola presuppone l’univocità del rapporto di lavoro, e che tale univocità viene meno allorché vi sia stata una duplicità di contratti afferenti a classi di concorso e graduatorie diverse fra loro non collegate.

Ne’ può assumere rilievo il richiamo, effettuato dal giudice di secondo grado, alla disciplina pensionistica di cui al D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 133.

Nella specie, comunque, l’unicità del rapporto di lavoro non poteva essere esclusa, in quanto non erano ravvisabili profili incompatibili con una visione del rapporto in termini di continuazione ovvero di logica prosecuzione.

Inoltre, i canoni di ragionevolezza, uguaglianza, non discriminazione e coerenza del sistema, buon andamento ed efficienza, nonché di ermeneutica del contratto secondo buona fede e correttezza, nonché in senso meno gravoso per l’obbligato, esigono che se il lavoratore che presta servizio presso lo stesso istituto non può ottenere un periodo di aspettativa superiore ad un anno, ugualmente un altro ovvero lo stesso che presti attività lavorativa nello stesso lasso temporale e con le stesse finalità ma in istituti diversi non possa ottenere più del primo, e quindi non possa superare il limite annuale previsto.

2. Il motivo è fondato.

La fattispecie in esame (due contratti di lavoro, uno relativo a Istituti di istruzione di I grado, e uno a Istituti di istruzione di II grado) va ricondotta all’istituto del passaggio di ruolo, in cui il servizio prestato nel ruolo inferiore viene valutato per intero nel nuovo ruolo mediante ricostruzione di carriera (si v., Cass., Sezioni Unite, n. 9144 del 2016).

I rapporti di lavoro in questione, dunque, sono tra loro in relazione di continuità, di talché erroneamente la Corte d’Appello ha affermato la duplicabilità dell’aspettativa in ragione della autonomia degli stessi.

L’art. 18, comma 3, del CCNL Comparto Scuola, nel prevedere: “Il dipendente è inoltre collocato in aspettativa, a domanda, per un anno scolastico senza assegni per realizzare, l’esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova”, sancisce il diritto del lavoratore alla aspettativa per un solo anno scolastico nell’ambito del rapporto di lavoro come unitariamente considerato non solo con riguardo ai profili formali, ma sostanziali, come avviene nel caso del passaggio di ruolo.

L’interpretazione della clausola negoziale operata dalla Corte d’Appello, dunque, non è rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale che si fonda sulla scorta di due fondamentali elementi che si integrano a vicenda, e cioè il senso letterale delle espressioni usate e la “ratio” del precetto contrattuale, nell’ambito non già di una priorità di uno dei due criteri ma in quello di un razionale gradualismo dei mezzi d’interpretazione, i quali debbono fondersi ed armonizzarsi nell’apprezzamento dell’atto negoziale.

Peraltro, l’art. 1371, c.c., nel dettare un criterio ermeneutico supplementare, impone di interpretare la clausola contrattuale nel senso meno gravoso per l’obbligato, se è a titolo gratuito, e nel senso che esso realizzi l’equo contemperamento degli interessi delle parti, se è a titolo oneroso.

Anche tale criterio ermeneutico invocato dal ricorrente, pertanto, risulta violato dall’interpretazione della clausola contrattuale effettuata dalla Corte d’Appello, che determinerebbe una duplicazione dell’aspettativa pur in presenza di un rapporto di lavoro sostanzialmente unitario, in ragione della disciplina del passaggio di ruolo.

3. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di M.A..

4. Compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito in ragione dei diversi esiti. Condanna M.A. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di M.A.. Compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito. Condanna M.A. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1700,00 per compensi professionali, oltre il rimborso delle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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