LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13904/2016 proposto da:
A.V., V.M.D., D.N.M., S.V., D.R.A.M., D.N.N., D.F.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI PIETRALATA 320-D, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA RICCI, rappresentati e difesi dagli avvocati FRANCESCO ORECCHIONI, ELISABETTA MERLINO;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– controricorrente –
e contro
ISTITUTO MAGISTRALE *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2857/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/06/2016 R.G.N. 3413/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/09/2021 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.
RILEVATO
che, con sentenza del 4 giugno 2015, la Corte d’Appello di Roma, quale giudice di rinvio, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Lanciano, rigettava la domanda proposta da A.V., D.N.N., S.V., D.F.A., V.D.M. e D.R.A.M. nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dell’Istituto Magistrale *****, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto degli istanti, dipendenti di ente locale transitati nei ruoli dell’Amministrazione statale scolastica e segnatamente nei profili professionali del personale Ausiliario Tecnico e Amministrativo (A.T.A.), al mantenimento, ai fini giuridici ed economici, dell’anzianità maturata precedentemente presso l’ente locale di provenienza e la condanna del MIUR al pagamento delle differenze retributive maturate a far data dall’1.1.2000;
– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, alla stregua della giurisprudenza della Corte di Giustizia, non in contrasto con il principio desumibile dal diritto comunitario della spettanza in favore dei dipendenti trasferiti cui risulta applicato in via immediata il contratto collettivo vigente presso il cessionario di un trattamento retributivo pari a quello di un dipendente con uguale anzianità, la previsione di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, che esclude, in caso di trasferimento, il diritto al riconoscimento integrale dell’anzianità pregressa ed insussistente l’allegata circostanza del peggioramento sostanziale del trattamento retributivo per essere risultato in atti che l’interessata a seguito del passaggio all’amministrazione statale aveva conseguito un trattamento economico superiore;
– che per la cassazione di tale decisione ricorrono tutti gli originari istanti, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero.
CONSIDERATO
– che, con il primo motivo, i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli arti. 384 c.p.c., imputano alla Corte territoriale di essersi discostata dal principio di diritto sancito in sede rescindente da questa Corte, da individuarsi nell’accertamento dell’eventuale peggioramento retributivo sostanziale che i lavoratori trasferiti avessero subito rispetto alla loro posizione immediatamente precedente a motivo del mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata presso il cedente;
– che, con il secondo motivo, posto sotto l’identica rubrica del precedente, i ricorrenti lamentano a carico della Corte territoriale l’incongruità logica e giuridica del convincimento espresso circa la mancata allegazione e prova allegazione di un peggioramento retributivo, da ritenersi viceversa insito nel mancato riconoscimento all’atto del trasferimento di istituti retributivi attribuiti presso il cedente e non previsti dal CCNL per il comparto Scuola applicato a seguito del trasferimento;
– che con il terzo motivo, ancora una volta posto sotto l’identica rubrica, i ricorrenti imputano alla Corte territoriale di aver omesso, con la sola eccezione della posizione di A.V., l’esame del materiale probatorio offerto a dimostrazione della ricorrenza nella specie del peggioramento retributivo presupposto della domanda;
– che con il quarto motivo i ricorrenti imputano alla Corte territoriale la mancata applicazione del principio di cui alla sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 6.9.2011 in causa C – 108/10, Scattolon/MIUR che imponeva, a fronte dell’assoggettamento ad una diversa disciplina contrattuale del rapporto di lavoro la salvaguardia della posizione giuridica ed economica del personale trasferito, dovendosi ritenere il presupposto dato dal peggioramento del trattamento economico qui insito nel mancato riconoscimento dell’anzianità pregressa e degli istituti retributivi in essere presso il cedente;
che tutti gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, risultano infondati, dovendosi ritenere, alla luce della ratio della sentenza rescindente e della pronunzia della Corte di Giustizia, per la quale il peggioramento retributivo vietato dalla Direttiva 77/187 CEE può sussistere solo qualora emerga che la retribuzione goduta presso l’ente di provenienza, sia superiore a quella liquidata dal cessionario, che la Corte territoriale in veste di giudice di rinvio ha puntualmente osservato i limiti del giudizio di rinvio posti dalla sentenza rescindente di questa Corte e dati dall’aver subordinato l’accoglimento dell’originaria domanda all’esito dell’accertamento di fatto della ricorrenza di un “peggioramento retributivo sostanziale”, accertamento operato dalla Corte territoriale in termini negativi e da ritenersi riferito alle posizioni di ciascun ricorrente, avendo la Corte territoriale, nel richiamare il proprio precedente, fatto riferimento a valori economici valevoli in via generale per ciascun lavoratore che versasse nella medesima condizione (in tal senso già Cass. n. 8413/2018);
che, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021