LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19855/2020 proposto da:
J.I., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato Francesca Varone, in virtù di procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 18/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/09/2021 da Dott. TRICOMI LAURA.
RITENUTO
che:
J.I., nato in *****, impugnava la decisione della Commissione Territoriale, con cui era stata respinta la sua domanda di protezione internazionale e di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.
Con il decreto in epigrafe indicato, il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso avverso tale decisione.
Il ricorrente aveva riferito di essere fuggito perché aveva avuto una relazione omossessuale, era stato scoperto dal padre e dalla zio e da entrambi aveva subito minacce di morte che avevano ingenerato il timore per la propria vita in caso di rientro in patria.
Il Tribunale ha illustrato le ragioni per cui non ha ritenuto credibile il narrato, ha escluso la ricorrenza dei presupposti per ogni forma di protezione internazionale richiesta, compresa la umanitaria.
Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con quattro mezzi. Il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.
CONSIDERATO
che:
1. Il ricorso è articolato in quattro motivi con cui si denuncia; I) l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, criticando la valutazione di non credibilità compiuta dal Tribunale circa le ragioni della fuga; II) la mancata valutazione di illegittimità del provvedimento amministrativo impugnato, reso in assenza di video-registrazione; III) la violazione delle norme in tema di parametri di valutazione della credibilità; IV) la mancata valutazione della condizione socio/politica della Sierra Leone, a mezzo fonti accreditate. Il ricorrente si duole anche che non sia stata valutata la sua estrema vulnerabilità e la raggiunta integrazione sociale in Italia al fine di pervenire al riconoscimento della protezione umanitaria.
2. Il ricorso è inammissibile.
I motivi sono tutti svolti in maniera generica ed astratta, privi di riferimenti specifici alle statuizioni del Tribunale che si intendono censurare e si traducono nella sostanziale richiesta di una rivalutazione degli elementi già valutati dal Tribunale, senza che venga indicato alcun fatto, tempestivamente dedotto di cui sia stato omesso l’esame.
Va altresì osservato che, in assenza di video-registrazione, il ricorrente è stato sentito dal Tribunale, per cui la seconda censura è priva di decisività e che il Tribunale ha esaminato le fonti aggiornate, senza che il ricorrente abbia sostanziato con puntuali indicazione la censura articolata in merito.
Anche la doglianza relativa al mancato riconoscimento della protezione umanitaria e’, ugualmente, inammissibile.
Invero, non coglie la ratio decidendi, conforme a Cass. Sez. Un. 29459/2019, Cass. 7599/2020 e Cass. 4455/2018 perché il Tribunale ha rilevato l’assenza di condizioni di vulnerabilità personale “individualizzate”, in linea con l’orientamento di questa Corte che richiede “il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale” e la non sussistenza dell’integrazione in Italia, nel caso in esame, mentre il ricorrente non ha affatto illustrato di avere provato la tempestiva deduzione di fatti specifici idonei a condurre ad un’opposta statuizione.
3. Va, infine, osservato che la conseguente inammissibilità del ricorso, in applicazione del criterio della ragione più liquida, esclude la necessità di soffermarsi, in questa sede, sulla questione concernente l’invalidità della procura ad litem, che appare – nel caso – priva della certificazione della data di rilascio, questione risolta in senso affermativo da una recente pronuncia di questa Corte (cfr. Cass. Sez. Un. 15177/2021), seguita dalla rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. g), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 (cfr. Cass. 17970/2021).
4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva del resistente.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. U. n. 23535 del 20/9/2019).
P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 21 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021