Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32366 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28829/2015 proposto da:

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 1, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO DE STEFANO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.R., rappresentato e difeso da se stesso, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARAGUAY 5, presso lo studio degli avvocati ROSARIO SICILIANO, GIOVANNA CARAMIA, rappresentato e difeso altresì

dall’avvocato GIOVANNA CARAMIA;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 294, presso lo studio dell’avvocato ENRICO ERONTICELLI BALDELLI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6141/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/07/2015 R.G.N. 9489/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/06/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 22.7.2015, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che, per quanto rileva in questa sede, aveva rigettato la domanda riconvenzionale con cui la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense aveva chiesto dichiararsi l’inefficacia, ai fini del calcolo del trattamento pensionistico spettante all’avv. S.R., dei contributi relativi all’anno 2001, in riferimento ai quali questi, opponendosi all’iscrizione ipotecaria disposta nell’ambito della procedura per la loro riscossione, aveva eccepito la parziale prescrizione;

che avverso tale pronuncia la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che l’avv. S.R. ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria;

che anche la società concessionaria dei servizi di riscossione ha depositato controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo di censura, la Cassa ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 576 del 1980, artt. 2,3,4 e 5, in combinato disposto con la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, per non avere la Corte di merito dichiarato l’inefficacia e inutilizzabilità ai fini pensionistici della contribuzione relativa all’anno 2001, per la quale aveva dichiarato la parziale prescrizione;

che, con il secondo motivo, la Cassa lamenta omesso esame circa un fatto decisivo, per non avere la Corte territoriale valutato l’incidenza, ai fini della risoluzione della questione concernente la sorte dei contributi prescritti, del Regolamento approvato il 16.12.2005 dal comitato dei delegati della Cassa per il recupero degli anni resi inefficaci a causa di parziale versamento di contributi per i quali sia intervenuta prescrizione, proponendo in subordine questione di legittimità costituzionale della L. n. 576 del 1980, artt. 2,3,4 e 5, nella parte in cui non prevedono l’inefficacia ai fini dell’anzianità contributiva degli anni in cui i contributi dovuti siano stati versati in misura inferiore al prescritto e la relativa differenza si sia prescritta;

che i motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante l’intima connessione delle censure rivolte all’impugnata sentenza;

che risulta dalla stessa prospettazione di cui al ricorso che l’odierno controricorrente non ha ancora maturato il diritto a pensione, né ha chiesto alcun trattamento pensionistico d’invalidità o inabilità (cfr. pag. 12 del ricorso per cassazione);

che, tanto premesso, è evidente che la questione dell’efficacia e utilizzabilità ai fini pensionistici della contribuzione relativa all’anno 2001, in essa compresa la questione dell’incidenza del Regolamento approvato con Delib. 16 dicembre 2005, risulta priva d’interesse concreto e attuale, risolvendosi piuttosto in un’astratta richiesta d’interpretazione di norme giuridiche in conclamato difetto dei presupposti di fatto per la loro applicazione;

che è consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo cui l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., sussiste solo allorché che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, non potendo il processo essere utilizzato in previsione della soluzione in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche (così, fra le innumerevoli, Cass. n. 27151 del 2009), né per l’accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, il quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza (cfr. in tal senso, tra le tante, Cass. n. 6749 del 2012);

che, trattandosi di condizione dell’azione, l’assenza dell’interesse ad agire è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, salvo che sul punto non si sia formato un giudicato interno, esplicito o implicito (cfr., ex multis, Cass. nn. 5593 del 1999, 3330 del 2002);

che un giudicato interno sulla sussistenza dell’interesse non può in specie ravvisarsi, non avendo i giudici di merito statuito al riguardo né esplicitamente né implicitamente, ossia in modo da dare della vicenda di merito una soluzione incompatibile con la rilevabilità in questa sede del difetto d’interesse (come sarebbe stato se, ad es., avessero riconosciuto che l’odierno controricorrente aveva maturato il diritto a pensione);

che, corretta negli anzidetti termini ex art. 384 c.p.c., la sentenza impugnata, il ricorso va rigettato;

che, non avendo formato oggetto di impugnazione le statuizioni della sentenza concernenti i rapporti tra la Cassa ricorrente e la società concessionaria dei servizi di riscossione, la notifica a quest’ultima del ricorso deve intendersi effettuata per mera litis denuntiatio (art. 332 c.p.c.), onde le spese del giudizio di legittimità vanno liquidate secondo il criterio della soccombenza in favore del controricorrente avv. S.;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente avv. S.R., liquidandole in Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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