LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1969/2020 proposto da:
H.B., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARTINO BENZONI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI GORIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 660/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 10/10/2019 R.G.N. 251/82018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.
RILEVATO
Che:
1. La Corte di appello di Trieste ha rigettato la domanda di H.B., cittadino del Pakistan musulmano sciita, proveniente dalla regione del Punjab distretto di Shekhpura, tesa ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero la protezione internazionale sussidiaria o quella per motivi umanitari, già negatagli in primo grado dal Tribunale ed ancor prima dalla Commissione territoriale.
2. La Corte di appello ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato sul rilievo che, al pari di quanto già ritenuto dalla Commissione e poi dal Tribunale, non vi erano elementi per ritenere che l’episodio denunciato dal ricorrente (rimasto coinvolto in una sparatoria mentre insieme al fratello stava riaccompagnando alla Moschea l’Imam dopo la funzione religiosa) fosse riconducibile ad una persecuzione religiosa, mancandone oggettivi riscontri, ma piuttosto dovesse essere classificato come una vicenda di violenza privata.
2.1. Ha poi accertato che la situazione del Pakistan non presenta profili di rischio tali da giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria neppure in relazione al pur esistente conflitto politico religioso anche alla luce del racconto scarsamente attendibile e privo di riscontri del ricorrente.
2.2. Ha infine escluso che vi fossero i presupposti per la protezione umanitaria avendo escluso da un canto l’esistenza di una situazione di fragilità e vulnerabilità personale ostative al rientro in patria.
3. Per la Cassazione della sentenza ha proposto ricorso H.B. affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare alla discussione.
CONSIDERATO
Che:
4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la errata o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2008, artt. 3 e 8. Deduce il ricorrente che la sentenza avrebbe trascurato di considerare che il ricorrente aveva allegato di essere stato costretto a lasciare il paese per effetto di una persecuzione a carattere religioso connesso al suo professare la fede sciita in un territorio con prevalente presenza di musulmani sunniti e dove risultano frequenti le persecuzioni in danno delle minoranze religiose. Il ricorrente deduce che la Corte di merito non avrebbe provveduto agli specifici approfondimenti istruttori sulla situazione di persecuzione degli sciiti che, una volta accertati, avrebbero giustificato il riconoscimento dello status di rifugiato o quanto meno la protezione sussidiaria.
5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciato l’omesso esame della domanda formulata ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
5.1. Deduce il ricorrente che la Corte avrebbe trascurato di verificare l’esistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria che impone di comparare i rischi derivanti dal rientro in patria bilanciandoli con il grado di integrazione nel paese di accoglienza.
6. Il primo motivo di ricorso è fondato.
6.1. La Corte territoriale pur dando atto del contesto religioso in cui si erano perpetrate le violenze che avevano poi indotto il richiedente asilo ad allontanarsi dal suo paese, racconto del quale non è stata smentita fattualmente la credibilità, ha tuttavia trascurato qualsiasi approfondimento sull’esistenza nel paese, e nella specifica area di provenienza, di situazioni di violenza connesse all’appartenenza a gruppi religiosi minoritari quali quelle connesse all’episodio di violenza denunciato. Si tratta di approfondimento che si rende necessario alla luce del racconto del ricorrente e che viene invece, senza alcun chiarimento ricondotto, ad una vicenda privata.
6.2. Ai fini della valutazione dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, il giudizio sulla valutazione di credibilità del racconto del richiedente che sia ben circostanziato ma inverosimile, può essere espresso solo all’esito dell’acquisizione di pertinenti informazioni sul suo paese di origine e delle sue condizioni personali, a differenza di quanto accade nell’ipotesi di racconto intrinsecamente inattendibile alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva, nella specie non sussistente essendo stato ritenuto credibile il narrato del ricorrente, in cui essendo il racconto affetto da estrema genericità o da importanti contraddizioni interne, la ricerca delle Coi è inutile, perché manca alla base una storia individuale rispetto alla quale valutare la coerenza esterna, la plausibilità ed il livello di rischio (cfr. Cass. 10/03/2021 n. 6738).
6.2. In conclusione, la Corte di merito avrebbe dovuto acquisire le informazioni necessarie a contestualizzare nel paese di provenienza la storia narrata dal richiedente asilo e, per tale incombente, in accoglimento del primo motivo di ricorso, restandone assorbito l’esame del secondo, va cassata la sentenza e va rinviata alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, che si atterrà ai principi enunciati e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la decisione in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021