Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32381 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3542/2020 proposto da:

D.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO CAMPOSTRINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BRESCIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1177/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 23/07/2019 R.G.N. 1508/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello Brescia ha confermato la decisione del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale avanzata da D.M., cittadino senegalese espatriato per timore di essere stato accusato dello stupro di una ragazza appartenente ad una diversa casta con la quale aveva intrattenuto una relazione e della quale aveva successivamente scoperto la minore età. Il richiedente, fuggito nel 2014, era giunto in Italia attraverso la Libia nel 2015.

2. Il giudice di appello ha ritenuto inattendibile il racconto del richiedente asilo perché generico ed illogico sotto diversi profili: con riguardo ai tempi con i quali si erano svolti i fatti, alle modalità di svolgimento, alla dichiarata tolleranza della relazione intrattenuta tra appartenenti a caste diverse per oltre sei mesi, alla riuscita della fuga nonostante risultasse che al fatto erano accorse numerose persone.

2.1. Inoltre, il Collegio di appello ha ritenuto che la situazione in Senegal fosse relativamente tranquilla ed ha escluso che sussistessero elementi soggettivi e oggettivi di vulnerabilità del richiedente che, anzi, aveva conservato un rapporto familiare con la sorella in patria dove aveva lavorato come meccanico.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.M. affidato a due motivi. Il Ministero dell’interno ha depositato memoria tardiva di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

Che:

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), art. 3, comma 3 e art. 14, lett. c). Evidenzia il ricorrente che la Corte non avrebbe svolto alcun approfondimento sui temi di indagine sottoposti alla sua attenzione e, nello specifico, sulla situazione dei rapporti e matrimoni tra caste e sulla situazione geo politica del paese di provenienza (il Senegal) rispetto al quale sono state utilizzate fonti inidonee e non aggiornate.

5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 32, comma 3, in relazione all’art. 8 della Cedu ed agli artt. 2 e 10 Cost.. Osserva che con riguardo alla ritenuta inattendibilità del racconto la Corte avrebbe trascurato di verificarlo, come sollecitato, con fonti esterne. Inoltre, la motivazione sui possibili pericoli per i suoi diritti fondamentali o in caso di rientro e sulla situazione di degrado cui andrebbe incontro sarebbe particolarmente esigua ed inadeguata.

6. Le censure, che vanno esaminate congiuntamente, devono essere accolte atteso che la Corte non ha sostanzialmente svolto alcun approfondimento sui temi sottoposti alla sua attenzione la cui verifica è funzionale alla valutazione stessa di credibilità del racconto del ricorrente.

6.1. Va qui ribadito che in tema di protezione internazionale dello straniero, anche gli atti di vendetta e ritorsione minacciati o posti in essere da membri di un gruppo familiare che si ritiene leso nel proprio onore a causa di una relazione (nella specie, sentimentale) esistente o esistita con un membro della famiglia, sono riconducibili, in quanto lesivi dei diritti fondamentali sanciti in particolare dagli artt. 2,3 e 29 Cost. e dall’art. 8CEDU, all’ambito dei trattamenti inumani o degradanti considerati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, e dunque è onere del giudice verificare in concreto se, in presenza di minaccia di danno grave ad opera di soggetti non statuali, ai sensi dell’art. 5, lett. c), del Decreto citato, lo Stato di origine del richiedente sia in grado o meno di offrire al soggetto vittima di tali atti un’adeguata protezione (cfr. Cass. 22/01/2020 n. 1343). Inoltre anche una condizione di vulnerabilità soggettiva del richiedente, ravvisabile ad esempio nell’esistenza di una fortissima limitazione della libertà individuale in ragione del censo e della casta e che determini una inammissibile compressione del diritto fondamentale di scegliersi il proprio compagno di vita e di formarsi una famiglia, può integrare, soprattutto quando chi viola tali regole è oggetto di discriminazione e riprovazione, i presupposti per la concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie (cfr. Cass. 29/09/2020 n. 20642).

6.2. Ne consegue che il giudice, prima di ritenere inattendibile il racconto del richiedente è tenuto, in tali casi, ad approfondire, anche con accertamenti officiosi del tutto pretermessi nel caso in esame, l’esistenza della situazione di pregiudizio denunciata nel contesto sociale del paese di provenienza consultando fonti attendibili, accreditate e attuali trattandosi di indagine che è funzionale alla verifica di credibilità del racconto sottoposto alla sua attenzione.

7. In conclusione la sentenza deve essere cassata e la controversia rimessa alla Corte di merito di Brescia, in diversa composizione che procederà agli approfondimenti necessari e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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