Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32398 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11434-2016 proposto da:

D.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAGO TANA 1, presso lo studio dell’avvocato ILARIO D’APOLITO, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO MASTROGIOVANNI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1381/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 20/11/2015 R.G.N. 1072/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/07/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza del 20 novembre 2015, riformava la sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania e, per l’effetto, dichiarava inammissibile la domanda proposta da D.R. nei confronti del MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (in prosieguo: il MINISTERO), avente ad oggetto il risarcimento del danno non patrimoniale subito in conseguenza della tardiva immissione in ruolo.

2. La Corte territoriale accoglieva, in dissenso dal Tribunale, la eccezione di ne bis in idem proposta dal MINISTERO, sul rilievo che il D. aveva agito una seconda volta per il ristoro dei danni non patrimoniali dopo avere ottenuto, in relazione alla medesima condotta inadempiente, il risarcimento del danno patrimoniale (sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania n. 106/2006).

3. Osservava che il giudicato – nei limiti oggettivi segnati dal titolo della azione e dal bene della vita che ne costituisce oggetto – copre il dedotto ed il deducibile, restando salva soltanto la sopravvenienza di fatti e situazioni verificatisi dopo la formazione del giudicato o, quanto meno, non deducibili nel giudizio in cui si è formato il giudicato. La Suprema Corte aveva precisato che il carattere normalmente unitario della domanda di risarcimento del danno ed il suo riflesso processuale dell’infrazionabilità del giudizio di liquidazione, scaturente dai canoni di concentrazione e correttezza processuale, implicano la necessità di considerare la domanda risarcitoria proposta per l’illecito come comprensiva di tutte le possibili voci di danno, salva una esplicita riserva di rinviare ad altro giudizio il soddisfacimento di ulteriori ragioni di credito, temporaneamente accantonate.

4.Nella fattispecie di causa con il ricorso introduttivo del primo giudizio (iscritto al numero 1070/2003 e concluso con la sentenza n. 106/2006 del Tribunale di Vallo della Lucania) il D. aveva chiesto che la decorrenza degli effetti giuridici della nomina in ruolo dall’anno scolastico 1995/1996 fosse estesa agli effetti economici, con conseguente condanna della amministrazione a corrispondergli le retribuzioni non percepite ovvero al risarcimento del danno, nella misura corrispondente a dette retribuzioni.

Nessuna riserva di agire in un successivo giudizio per ottenere il ristoro dei danni ulteriori era stata all’epoca espressa.

5. Tale circostanza non era stata in fatto specificamente contestata dall’appellato, il quale si era limitato a sostenere che l’oggetto della nuova controversia riguardava voci di danno distinte ed ontologicamente diverse rispetto a quelle riconosciute nella precedente sentenza n. 106/2006.

6. Avendo il D. già azionato una pretesa risarcitoria, senza formulare alcuna riserva di agire in altro giudizio per le voci di danno diverse ed ulteriori, era maturata la preclusione a chiedere il ristoro dei danni non patrimoniali derivati dalla medesima condotta della P.A.

7. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza D.R., articolato in un unico motivo di censura; il MINISTERO, al quale il ricorso è stato notificato presso l’avvocatura distrettuale dello Stato, non si è costituito.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo di censura il ricorrente ha denunciato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. nonché degli artt. 1218, 1223,2043,2049,2087 e 2103 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonché in relazione anche all’art. 360, comma 1, n. 5, per avere il Giudice di merito applicato il principio del ne bis in idem su fatti e situazioni nuovi sopravvenuti rispetto a quelli dedotti nel precedente giudicato intercorso tra le parti, e per aver omesso di esaminare il fatto, peraltro non contestato, che nel caso di specie il pregiudizio – dedotto come danno alla salute – era riferito a fattispecie di danno oggettivamente e cronologicamente diversa da quella coperta dal giudicato e non ancora tutelabile e deducibile al momento della proposizione del primo ricorso in quanto lo specifico danno alla salute non si era ancora manifestato”.

2. Il ricorrente ha dedotto che il danno oggetto dell’attuale giudizio non solo era obiettivamente diverso da quello azionato nel giudizio concluso con la sentenza n. 106/2006 ma si era anche prodotto in epoca successiva alla formazione del giudicato.

3. Ha esposto che con il ricorso introduttivo del presente giudizio egli aveva agito per il risarcimento del danno alla salute, richiamando una relazione di consulenza medica (punti da 36 a 43 del ricorso di primo grado) e, quanto agli elementi di diritto, gli artt. 2103 e 2087 c.c. Il petitum e la causa petendi del giudizio precedente erano diversi; nella premessa della sentenza n. 106/2006 si leggeva che il ricorrente aveva chiesto l’accertamento del diritto alla nomina in ruolo e la condanna della amministrazione al pagamento delle retribuzioni non percepite ovvero al risarcimento del danno, nella misura corrispondente a tali retribuzioni. Il Tribunale aveva reso condanna della amministrazione al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, delle retribuzioni non percepite nel periodo (1 luglio 1998-6 giugno 2000) precedente alla data di deposito del ricorso introduttivo di quel giudizio. Nel giudicato non si faceva alcun riferimento a danni alla salute né erano richiamate le norme (artt. 2087 e 2103 c.c.) invocate nella causa attuale.

4. Nessun giudicato poteva formarsi sul danno alla salute, in quanto insorto successivamente al giudicato: nella relazione del ctu nominato nel primo grado si affermava che la sintomatologia psichica si era presentata pienamente nel 2007 e la documentazione medica a sostegno della relazione del ctu era riferita al periodo 2007/2008. La domanda era dunque nuova e diversa rispetto a quella definita dal giudicato, poiché concerneva una situazione di fatto cronologicamente successiva, non dedotta né deducibile nel primo ricorso, depositato il 15 luglio 2003.

5. Da ultimo, si deduce che la giurisprudenza di legittimità richiamata dalla sentenza impugnata si era formata in epoca successiva al deposito del ricorso introduttivo del primo giudizio e che si trattava di un revirement rispetto ad altre pronunce della Suprema Corte, che deponevano nel senso della diversità ontologica tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale.

6. Il ricorso è inammissibile.

7. Il ricorrente assume la falsa applicazione dei principi di diritto richiamati nella sentenza impugnata e da ultimo ribaditi da Cass. 2 luglio 2018 n. 17280 – (secondo cui quando un soggetto fa valere il suo diritto al risarcimento del danno l’azione comprende tutto il credito esercitabile sicché è da escludere che il medesimo soggetto possa azionare nuovamente lo stesso diritto per ottenere il pagamento di somme in relazione a voci di danno non considerate dal giudicato) – sul presupposto che nella fattispecie di causa era dedotto un danno alla salute manifestatosi successivamente al deposito del ricorso introduttivo del primo giudizio nonché alla formazione del giudicato.

8. Per specificare tale allegazione il ricorrente avrebbe dovuto trascrivere le parti del ricorso di primo grado rilevanti ad individuare quale fosse effettivamente il danno oggetto di domanda e quando esso si fosse manifestato.

9. Nel presente ricorso, la parte ha invece riportato soltanto uno stralcio della ctu del primo grado, dal quale non è dato evincere il complessivo contenuto della consulenza né, soprattutto, è possibile risalire alle allegazioni svolte nell’atto introduttivo del giudizio in ordine al momento di manifestazione della malattia e, quindi, di deducibilità del danno alla salute.

10. Le allegazioni dell’odierno ricorso contrastano, peraltro, con l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata (pagina 9, in fine e pagina 10, in principio), che l’appellato si era limitato a sostenere che il nuovo giudizio riguardava voci di danno distinte ed ontologicamente diverse rispetto a quelle riconosciute nella precedente sentenza n. 106/2006.

11. La genericità del ricorso non consente a questa Corte di apprezzare se la Corte territoriale sia incorsa in falsa applicazione del principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte in punto di estensione del giudicato sul risarcimento del danno.

12. Analoghe considerazioni valgono rispetto al dedotto vizio di motivazione, non essendo stato specificato, in particolare, quando ed in quali forme il fatto storico pretesamente non esaminato (I’ epoca del verificarsi del danno alla salute) sarebbe stato portato alla attenzione del giudice del merito.

13. Da ultimo, l’argomento secondo cui si sarebbe verificato un revirement della giurisprudenza di legittimità non è funzionale alla formulazione di una specifica censura alla sentenza impugnata.

14. Il ricorso deve essere complessivamente dichiarato inammissibile.

15. Tale esito esime, per il principio della durata ragionevole del giudizio, dal disporre la rinnovazione della notificazione agli enti convenuti presso l’Avvocatura generale, nonostante la nullità della notifica eseguita presso l’Avvocatura distrettuale (sul principio, ex aliis, Cass. 13/01/2021, n. 394; Cass. 26/11/2020, n. 26997; Cass. n. 6924/2020).

16. Non vi è luogo a provvedere sulle spese, per la mancata costituzione del MINISTERO.

17. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

P.Q.M.

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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