Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.32425 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6661-2015 proposto da:

M. MEDICAL HOUSE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 19, presso lo studio dell’avvocato CARLO DE PORCELLINIS, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE E.N. P.A.M. – ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI MEDICI E DEGLI ODONTOIATRI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOMMASO GULLI 11, presso lo studio dell’avvocato – ALESSANDRO DIOTALLEVI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO SENZA N. R.G. proposto da:

FONDAZIONE E.N. P.A.M. – ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI MEDICI E DEGLI ODONTOIATRI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOMMASO GULLI 11, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO DIOTALLEVI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente successivo –

contro

M. MEDICAL HOUSE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 19, presso lo studio dell’avvocato CARLO DE PORCELLINIS, che la rappresenta e difende;

– controricorrente al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 6478/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/09/2014 R.G.N. 4663/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/06/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha – depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 6478 del 2014, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, revocato il decreto ingiuntivo, per contributi e sanzioni, oggetto di opposizione, dichiarava non dovuto il contributo previdenziale richiesto dalla Fondazione Enpam alle società di capitali operanti in regime di accreditamento, L. n. 243 del 2004, ex art. 1, comma 39 nella misura del 2% del fatturato annuo societario, abbattuto delle percentuali previste dai D.P.R. n. 119 del 1988 e D.P.R. n. 120 del 1988, dovendosi invece commisurare detta percentuale ai compensi liquidati a favore dei professionisti medici per le prestazioni effettivamente rese in regime di collaborazione libero professionale con le società di capitali titolari delle strutture e dei rapporti di accreditamento con il SSN. 2. Ad avviso della Corte territoriale, in estrema sintesi, la individuazione della base imponibile non poteva che essere limitata ai compensi effettivamente liquidati ai professionisti medici, tale essendo l’unica interpretazione idonea a fugare ogni dubbio di costituzionalità della normativa, in quanto la lettura della norma proposta dall’ente previdenziale avrebbe comportato una ricaduta dell’imposizione contributiva anche su prestazioni rese da personale di diversa estrazione professionale rispetto a quello medico, nonché su margini di guadagno non strettamente collegati alle prestazioni sanitarie.

3. Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione sia la Fondazione Enpam, affidato a un motivo, sia la M. Medical House s.r.l., affidato a due motivi, cui seguono i rispettivi controricorsi.

4. Il ricorso della M. Medical House s.r.l., notificato per primo, va considerato principale; va considerato incidentale il ricorso della Fondazione Enpam, notificato successivamente.

5. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. E’ preliminare l’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale con il quale la Fondazione Enpam denuncia violazione e falsa applicazione della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 8-quinquies e sexies, art. 15 -nonies, comma 4, come modificato dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229.

7. Assume la Fondazione che la Corte territoriale, stabilendo la possibilità di calcolare il contributo dovuto sulla più ristretta base costituita dai compensi erogati dalle società ai professionisti, avrebbe palesemente pronunciato una sentenza contraria alla lettera della legge, ed alla logica ad essa sottesa tenuto conto che la norma chiaramente fa riferimento al fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche per il computo complessivo delle somme dovute a titolo di contributi e, successivamente, obbliga le società accreditate a comunicare i nominativi dei medici che hanno partecipato all’attività di produzione del fatturato, al fine di procedere alla ripartizione.

8. Il ricorso è da accogliere.

9. Si controverte dell’interpretazione della norma sull’obbligazione contributiva delle società di capitali accreditate col Servizio sanitario nazionale, ossia la L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39.

10. La predetta disposizione ha introdotto tacitamente, innovando del D.Lgs. n. 502 del 1992, l’art. 15-nonies (a sua volta introdotto dal D.Lgs. n. 299 del 1999, art. 13), una particolare modalità di riscossione contributiva delle prestazioni specialistiche rese dai medici per conto delle società accreditate, stabilendo che “le società professionali mediche ed odontoiatriche, in qualunque forma costituite, e le società di capitali, operanti in regime di accreditamento con il servizio sanitario nazionale, versano, a valere in conto entrata del fondo di previdenza a favore degli specialisti esterni dell’Enpam, un contributo pari al 2% del fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del servizio sanitario nazionale e delle sue strutture operative, senza diritto di rivalsa sul servizio sanitario nazionale. Le medesime società indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato all’attività di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale”.

11. Col prescrivere l’obbligo di indicare i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attività di produzione del fatturato, la norma circoscrive chiaramente l’ammontare del fatturato da prendere in considerazione a quello prodotto dalle prestazioni specialistiche di detti professionisti, escludendo, al contempo, che la base di calcolo del contributo possa essere individuata nei compensi erogati dalla società agli stessi professionisti per tali prestazioni.

12. Va pertanto data continuità all’orientamento sin qui espresso da questa Corte di legittimità (fra tante, Cass. nn. 11254, 11257, 11561, 11590 del 2016, nn. 2005 e 6762 del 2017, n. 10959 del 2018, n. 18273 del 2019, n. 2669 del 2021) e in considerazione della pressoché totale sovrapponibilità delle argomentazioni delle parti con quelle espresse nei suindicati precedenti, ci si può qui limitare a richiamare quanto già affermato nei menzionati arresti, dandosi per acquisite le argomentazioni poste a sostegno del principio di diritto che viene qui ribadito: “Il contributo del 2% previsto dalla L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, dovuto dalle società di capitali, ha come base di calcolo il fatturato annuo attinente prestazioni specialistiche rese per il (e rimborsate dal) Servizio sanitario nazionale ed effettuate con l’apporto di medici o odontoiatri operanti con le società in forma di collaborazione autonoma libero-professionale con l’abbattimento forfettario di legge per costo dei materiali spese generali ex D.P.R. n. 23 marzo 1988, nn. 119 e 120, con esclusione del fatturato attinente a prestazioni specialistiche rese senza l’apporto di medici o odontoiatri”.

13. La s.p.a. Unione Sanitaria Internazionale s.p.a., incorporante la S.r.l. M. Medical House, ha rinunciato, come da memoria depositata nelle more dell’udienza di discussione, all’impugnazione con la quale si svolgevano due motivi di censura, e va pertanto dichiarato inammissibile, per difetto d’interesse, il ricorso principale svolto dalla società.

14. In conclusione, va accolto il ricorso incidentale della Fondazione, dichiarato inammissibile il ricorso principale, l’impugnata sentenza va cassata in relazione al ricorso accolto e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte designata in dispositivo, per nuovo esame alla luce di quanto sin qui detto.

15. Alla Corte del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

16. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale, dichiarato inammissibile il principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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