LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17685-2016 proposto da:
SEGESTA AUTOLINEE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati LUIGI CIMINO, LUIGI CARDONE;
– ricorrente –
contro
S.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE TRIBULATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1362/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 28/12/2015 R.G.N. 278/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/06/2021 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. La Corte d’appello di Palermo ha confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato costituito tra S.M. e la Segesta Autolinee s.r.l., ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con decorrenza dal 24.2.2004 (data di sottoscrizione del primo contratto di somministrazione a tempo determinato), con condanna della società utilizzatrice al ripristino del rapporto; in parziale accoglimento dell’appello di Segesta Autolinee s.r.l., ha riformato la decisione del Tribunale nella parte relativa alle conseguenze economiche della ritenuta illegittimità del contratto di somministrazione, condannando la società al pagamento di un’indennità, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32 pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (in luogo delle dodici mensilità riconosciute dal Tribunale).
2. La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha richiamato i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di fornitura di lavoro temporaneo, di cui alla L. n. 196 del 1997, ed ha ritenuto che tali principi mantenessero intatta la loro validità sotto il vigore del D.Lgs. n. 276 del 2003, anche con specifico riferimento alla costituzione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato in capo all’utilizzatore, in ipotesi di omessa o generica previsione delle causali per il ricorso alla somministrazione a tempo determinato.
3. Avverso tale sentenza la Segesta Autolinee s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. S.M. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
4. Col primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20,21 e 27 nonché illogicità della motivazione in relazione alla conversione del rapporto di lavoro, per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto generica la causale (“temporanea utilizzazione qualifiche previste normali assetti produttivi aziendali, ma temporaneamente scoperte, per periodo necessario al reperimento mercato del lavoro personale occorrente”) indicata nel contratto di somministrazione e la stessa tale da impedire la necessaria verifica da parte del giudice sulla ricorrenza in concreto delle esigenze poste a fondamento del ricorso al lavoro somministrato; si evidenzia che la società ricorrente – obbligata ad assicurare il servizio di trasporto pubblico locale sulla scorta di contratti di “affidamento provvisorio di servizio” di durata triennale prorogati – non poteva che ricorrere al lavoro somministrato per l’impossibilità di una pianificazione dell’attività su periodi più lunghi e stante anche il margine di aleatorietà tipico del settore dei trasporti; si sottolinea, inoltre, che nel contratto di somministrazione l’enunciazione della causale non doveva raggiungere quel livello di dettaglio richiesto per l’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato.
5. Con il secondo motivo è denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio nonché la mancata ammissione della prova testimoniale e l’assenza di motivazione, per non avere la Corte territoriale valutato la documentazione allegata e per non aver ammesso la prova testimoniale, entrambi tendenti a dimostrare la sussistenza in concreto delle esigenze poste a fondamento del contratto di somministrazione.
6. Il primo motivo di ricorso è infondato.
7. Occorre premettere che il primo contratto di somministrazione, che la Corte d’appello ha giudicato nullo, è datato 24.2.2004 ed è come tale disciplinato dalle disposizioni del D.Lgs. n. 276 del 2003, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 251 del 2004 (che all’art. 5 ha previsto: “All’art. 21, comma 4 D.Lgs., sono soppresse le seguenti parole: “con indicazione degli elementi di cui al comma 1, lett. a), b), c), d) ed e)”).
8. Quindi, la fattispecie oggetto di causa deve considerarsi regolata, ratione temporis, dal D.Lgs. n. 273 del 2003, art. 21, comma 4, nella formulazione originaria che così statuiva: “in mancanza di forma scritta, con indicazione degli elementi di cui al comma 1, lett. a, b, c, d, e, il contratto di somministrazione è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore”.
9. L’art. 21, comma 1, lett. c), prevede che il contratto deve contenere, tra gli elementi necessari, l’indicazione dei “casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui all’art. 20, commi 3 e 4”.
10. L’art. 20, comma 4, a sua volta stabilisce che “la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività dell’utilizzatore”.
11. In base alla disciplina appena riportata, applicabile alla fattispecie oggetto di causa, la mancata indicazione per iscritto degli elementi di cui all’art. 21, comma 1, lett. da a) ad e) cit. e, quindi, la omessa o generica indicazione della causale nel contratto di somministrazione a tempo determinato, è causa di nullità del contratto (v. in tal senso Cass. n. 17540 del 2014, relativa a contratti conclusi in epoca anteriore al D.Lgs. n. 251 del 2004, secondo cui “In tema di somministrazione di lavoro, ai sensi del D.Lgs. 9 ottobre 2003, n. 276, artt. 20 e ss. la mera astratta legittimità della causale indicata nel contratto di somministrazione non basta a rendere legittima l’apposizione di un termine al rapporto, dovendo anche sussistere, in concreto, una rispondenza tra la causale enunciata e la concreta assegnazione del lavoratore a mansioni ad essa confacenti, con la conseguenza che la sanzione di nullità del contratto, prevista espressamente dall’art. 21, u.c., per il caso di difetto di forma scritta, si estende anche all’indicazione omessa o generica della causale della somministrazione, con conseguente trasformazione del rapporto da contratto a tempo determinato alle dipendenze del somministratore a contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell’utilizzatore).
12. Gli stessi principi sono stati affermati da questa Corte anche in riferimento ai contratti di somministrazione a termine conclusi dopo la modifica apportata dal D.Lgs. n. 251 del 2004 (v. Cass. n. 197 del 2019; n. 272 del 2019; n. 15366 del 2019), ribadendosi che “Le disposizioni appena richiamate, lette in modo sistematico, impongono che nel contratto di somministrazione siano indicate le ragioni dell’utilizzazione di lavoratori a tempo determinato e che le stesse siano esplicitate nella loro fattualità, in modo da rendere chiaramente percepibile l’esigenza addotta dall’utilizzatore e il rapporto causale tra la stessa e l’assunzione del singolo lavoratore somministrato. Peraltro, dal punto di vista logico, in tanto è possibile una verifica sulla effettiva sussistenza della causale in quanto questa risulti esplicitata e descritta in maniera specifica e con riferimento ad elementi fattuali suscettibili di riscontro. Come già affermato da questa Corte (Cass. n. 17540 del 2014), ammettere che il contratto di somministrazione possa tacere, puramente e semplicemente, le ragioni della somministrazione a tempo determinato, riservandosi di enunciarle solo a posteriori in ragione della convenienza del momento, vanificherebbe in toto l’impianto della legge e siffatta omissione sarebbe indice inequivocabile di frode alla legge o di deviazione causale del contratto, entrambe sanzionate con la nullità. Sarebbe infatti svuotata di contenuto ogni verifica sulla effettività della causale ove questa potesse essere non indicata o solo genericamente indicata nel contratto” (V. Cass. n. 197 del 2019, in motivazione).
13. Riguardo ai criteri di valutazione della specificità o genericità della causale nel contratto di somministrazione a termine, si è affermato che le “ragioni” di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo “devono essere indicate per iscritto nel contratto e devono essere indicate, in quella sede, con un grado di specificazione tale da consentire di verificare se rientrino nella tipologia di ragioni cui è legata la legittimità del contratto e da rendere possibile la verifica della loro effettività. L’indicazione, pertanto, non può essere tautologica, né può essere generica. Non può risolversi in una parafrasi della norma, ma deve esplicitare il collegamento tra la previsione astratta e la situazione concreta”. (in tal senso, Cass. n. 8120 del 2013; v. anche Cass. n. 21001 del 2014; n. 15610 del 2011).
14. Questa Corte, dopo aver attribuito alle ragioni di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4, la natura di presupposti giustificativi oggettivi, ha provveduto a distinguere significato e ratio delle norme relative al contratto a termine rispetto a quelle che regolano il contratto di somministrazione, non richiedendo per quest’ultimo tipo contrattuale che l’enunciazione delle ragioni risponda a quel livello di dettaglio proprio del primo tipo di contratto (per tutte v. Cass. n. 21001 del 2014); nell’ottica descritta è stato ritenuto sufficiente che l’indicazione contrattuale dia conto della ragione in concreto da fronteggiare in modo sufficientemente intellegibile, ferma comunque la possibilità per l’utilizzatore di fornire la prova dell’effettiva esistenza delle ragioni giustificative in caso di contestazione (v. Cass. n. 15610 del 2011; Cass. n. 2521 del 2012; più di recente v. Cass. n. 5372 del 2018, in motivazione), valorizzando una indicazione delle ragioni sottese al ricorso alla somministrazione che sia assistita da un grado di specificazione tale da consentire di verificare se esse rientrino nella tipologia cui è legata la legittimità del contratto e da rendere pertanto possibile il riscontro della loro effettività” (v. Cass. n. 26670 del 2018, in motivazione).
15. In relazione al caso di specie, la Corte d’appello ha considerato generica la clausola apposta al contratto tra le parti, in quanto “fondata su mere formule di stile, anche ove si consideri, a tacer d’altro, che non sono neppure indicate quali fossero le esigenze non programmabili e quali fossero i dipendenti interessati nonché inoltre a cosa si riferisse l’espressione “periodo necessario al reperimento mercato del lavoro personale occorrente”.
16. Ha aggiunto che “l’intera espressione appare essere un contenitore del tutto generico e privo di correlazione a specifiche esigenze concrete, preventivamente determinate e valutabili, di talché è inidonea a garantire la possibilità da parte del lavoratore di verificarne ex ante la sussistenza…” e che “il grado di tale onere di specificazione non può che valutarsi in funzione della chiara finalità a cui è deputato che è quella di consentire….già al momento della stipula del contratto e quindi successivamente in giudizio il controllo sulla effettività delle ragioni enunciate dal datore di lavoro”.
17. Come emerge dai passaggi motivazionali appena riportati, la Corte territoriale ha eseguito la valutazione sulla genericità della causale del contratto in esame muovendosi nei binari tratteggiati da questa Corte ed ha ampiamente motivato sulla mancanza del necessario grado di specificità, sottolineando l’assenza dei minimi indicatori fattuali idonei a consentire una qualsiasi forma di verifica e riscontro, anche in relazione alla dedotta temporaneità dell’esigenza produttiva legata alle scoperture di organico esistenti in azienda e al tempo occorrente per reperire lavoratori, deve presumersi, da occupare in modo stabile.
18. Non vi è pertanto spazio per ritenere integrata la dedotta violazione di legge, tenuto conto dei limiti in cui tale vizio è configurabile riguardo a clausole generali o norme elastiche (v. Cass. n. 18715 del 2016; n. 6901 del 2016; n. 7838 del 2005, in materia di giusta causa di licenziamento; v. Cass. n. 9808 del 2011; n. 14664 del 2001, a proposito di indici di subordinazione).
19. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto investe la mancata ammissione delle prove testimoniali e la non corretta valutazione dei “contratti allegati al fascicolo di primo e secondo grado” nonché dei “prospetti allegati” (documenti peraltro non trascritti né depositati unitamente al ricorso per cassazione) e pone quindi questioni afferenti al merito della controversia, al di fuori del perimetro segnato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in una situazione peraltro di cd. doppia conforme ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5.
20. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
21. Le spese di lite sono regolate secondo il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
22. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021