LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29227-2020 proposto da:
D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO 436, presso lo studio dell’Avvocato BIANCA MARIA CARUSO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIA D’ALESSANDRO;
– ricorrente –
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso il decreto n. 3555/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositato il 13/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 24/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE GRASSO.
RITENUTO
che:
la vicenda, per quel che qui rileva, deve essere riassunta nei termini seguenti:
D.G. adì la Corte d’appello di Bari onde vedersi riconosciuta l’equa riparazione per la non ragionevole durata di un processo civile; il Consigliere delegato della predetta Corte, accolta la domanda, liquidò al chiesto titolo la somma di Euro 900,00, oltre al rimborso delle spese, determinato in complessive Euro 225,00; il Collegio, in accoglimento dell’opposizione avanzata dal D., revocato il decreto monitorio, condannò il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 1.260,00, nonché al rimborso delle spese legali, rapportate all’implemento riconosciuto di Euro 360,00;
ritenuto che avverso quest’ultima statuizione il D. propone ricorso sulla base di unitaria censura e che l’Amministrazione è rimasta intimata.
CONSIDERATO
che:
la doglianza, con la quale il ricorrente denunzia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per essere stato violato il principio della soccombenza, risulta manifestamente fondato, valendo quanto segue:
– la Corte locale revocando in toto il decreto monitorio, posto all’epilogo della prima fase, ne ha, di conseguenza, eliminato anche la statuizione sulle spese ed essendosi limitata, all’esito della fase dell’opposizione, a riconoscere le sole spese riferite all’implemento di Euro 360,00, ha ingiustamente precluso alla parte vittoriosa il riconoscimento del rimborso dell’integralità di esse, il quale andava quantificato in ragione dell’intero indennizzo riconosciuto;
– questa Corte ha avuto modo di precisare che l’opposizione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo; sennonché, ove detta opposizione sia proposta dalla parte privata rimasta insoddisfatta dall’esito della fase monitoria e, dunque, abbia carattere pretensivo, le spese di giudizio vanno liquidate in base al criterio della soccombenza, a misura dell’intera vicenda processuale, solo in caso di suo accoglimento, mentre, ove essa venga rigettata, fatta salva l’ipotesi di opposizione incidentale da parte dell’amministrazione, le spese vanno regolate in maniera del tutto autonoma e poste, pertanto, anche a carico integrale della parte privata opponente, ancorché essa abbia diritto a ripetere quelle liquidate nel decreto, in quanto il Ministero opposto, avendo prestato acquiescenza al decreto medesimo, affronta un giudizio che non aveva interesse a provocare e del quale, se vittorioso, non può sopportare le spese (Sez. 6, n. 26851, 22/12/2016, Rv. 641924; conf., Cass. n. 9728 del 2020);
– ciò posto la decisione deve essere cassata con rinvio perché il Giudice del rinvio provveda a nuova regolamentazione delle spese, nel rispetto del seguente principio di diritto: “in materia di equa riparazione, ove la corte d’appello in composizione collegiale revochi il decreto monocratico, riconoscendo alla parte privata opponente un equo compenso maggiore, le spese legali da porsi a carico della pubblica amministrazione debbono essere liquidate a misura dell’intera vicenda processuale”; nonché a regolare le spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bari, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità;
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021