Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32467 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25366-2019 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, ESTER ADA SCIPLINO;

– ricorrente –

contro

M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio dell’avvocato LUCA GARRAMONE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA PAOLA GENTILI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 874/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/02/2019 R.G.N. 2501/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/07/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 26.2.2019, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato prescritto il credito per contributi previdenziali dovuti da M.D. alla Gestione separata INPS per l’anno 2008;

che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria;

che M.D. ha resistito con controricorso;

che, con ordinanza interlocutoria n. 27920 del 2020, resa sulla scorta di altre ordinanze di eguale tenore, la Sesta sezione civile di questa Corte ha rimesso la causa a questa Sezione Lavoro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2941 c.c., della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26-31, D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 18 e D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17 nonché del D.P.C.M. 4 giugno 2009, per avere la Corte di merito ritenuto che il debito contributivo si fosse prescritto nonostante che, essendo stato prorogato dall’anzidetto D.P.C.M. il termine per il suo pagamento al 6.7.2009, affatto tempestiva doveva considerarsi l’interruzione della prescrizione effettuata con atto ricevuto dall’odierno controricorrente in data 30.6.2014;

che il motivo è fondato, essendosi chiarito che, decorrendo la prescrizione dei contributi dal momento in cui scadono i termini per il loro pagamento, assumono necessariamente rilievo, a tal fine, gli eventuali differimenti dei termini che siano stati disposti in base al D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 18, comma 4, secondo il quale “i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi” (così Cass. n. 10273 del 2021, resa a seguito di ordinanza interlocutoria della Sesta sezione civile n. 16582 del 2020, espressamente richiamata nell’ordinanza con cui anche il presente procedimento è stato rimesso alla Sezione Lavoro);

che, nella specie, rileva il D.P.C.M. 4.6.2009 (in G.U. n. 137 del 16.6.2009), che ha previsto, all’art. 1, che “i contribuenti tenuti ai versamenti risultanti dalla dichiarazione dei redditi e da quella dell’imposta regionale sulle attività produttive entro il 16 giugno 2009, che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore di cui al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-bis convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito per ciascun studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze, effettuano i predetti versamenti: a) entro il 6 luglio 2009, senza alcuna maggiorazione; b) dal 7 luglio 2009 al 5 agosto 2009, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo”;

che, pertanto, erroneamente la sentenza impugnata ha fatto decorrere il termine prescrizionale dal 16.6.2009, essendo stato il termine per il pagamento differito al 6 luglio successivo in virtù della previsione dell’art. 1, comma 1, lett. a) D.P.C.M. cit., irrilevante all’uopo restando invece la previsione di cui alla successiva lett. b), in considerazione della previsione della maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo, che palesa l’avvenuta scadenza del debito e la volontà di istituire una forma di agevolazione per il suo pagamento (così Cass. n. 10273 del 2021, cit., sulla scorta di Cass. n. 21472 del 2020);

che, conseguentemente, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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