Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32472 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3663-2020 proposto da:

B.I.K., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA GASPARIN;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n 9829/2019 del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 17/12/2019 R.G.N. 3873/2019; R.G.N. 3873/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda di protezione internazionale avanzata da B.I.K. – di religione ***** proveniente dal ***** ed espatriato a seguito di dissidi familiari e per essere stato condannato per la morte accidentale di un ragazzo durante una partita di calcio per il timore di essere arrestato e di subire vendette dai fratelli del ragazzo morto – giunto in Italia attraverso la Libia dopo essere transitato dalla Turchia.

2. Il giudice di primo grado ha escluso di dover sentire il ricorrente osservando che non erano stati allegati elementi che era necessario approfondire ed avendo ritenuto poco credibili le ragioni poste a fondamento della scelta di allontanarsi dal suo paese evidenziandone le contraddizioni sui tempi e le modalità dell’episodio descritto e sottolineando che, nonostante la gravità dei fatti allegati, gli era stato rilasciato il passaporto proprio dagli organi di polizia, il che rendeva poco credibile l’esistenza di strascichi giudiziari a suo carico.

2.1. Ha escluso l’esistenza delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato osservando che, anche a voler ritenere credibile il racconto del ricorrente, non si ravvisavano ragioni per una sua persecuzione nel in caso di rimpatrio (tali non potendosi ritenere le iniziative conseguenti all’accertamento del reato).

2.2. Ha escluso la sussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b) tenuto conto dell’entità della pena prevista per l’omicidio colposo (cinque anni di reclusione) e, con riguardo all’ipotesi prevista dal citato art. 14, lett. c ha proceduto all’esame della situazione del ***** per escluderne l’esistenza.

2.3. Infine ha ritenuto insussistenti le condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria osservando che non era stata offerta la prava del radicamento in Italia ed evidenziando che, comunque, la sola integrazione in Italia non sarebbe bastata ad accordare la protezione chiesta in mancanza di ulteriori elementi di vulnerabilità associati al rientro in patria, nella specie insussistenti.

3. Per la Cassazione del provvedimento ha proposto tempestivo ricorso B.I.K. affidato a tre motivi. Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria di costituzione tardiva al solo fine di partecipare alla discussione della causa.

CONSIDERATO

CHE:

4.1. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3, 4,5,6 e 7, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 27, degli artt. 2 e 3 della CEDU e l’omesso esame di fatti decisivi e la violazione di parametri relativi agli atti di persecuzione. Deduce il ricorrente che il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato le sue dichiarazioni con le quali era stato chiarito che la richiesta del passaporto era antecedente l’incidente occorsogli e che si era riferito all’estate e non all’inverno tenuto conto delle temperature del mese di gennaio. Evidenzia che non vi sarebbe perciò alcuna contraddittorietà e che il Tribunale, pur avendo riportato le fonti non ne aveva tuttavia esplicitato il contenuto incorrendo così nelle violazioni denunciate, Evidenzia che, contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, la situazione di tutela dei diritti umani nel ***** è critica, il sistema giudiziario è corrotto e non assicura affatto l’esercizio del diritto di difesa. Deduce che i fatti allegati erano gravi, che si trattava di violenze da cui erano residuate cicatrici, e non erano stati presi in considerazione dal Tribunale. Invoca la tutela della Convenzione di Ginevra evidenziando che basterebbe anche un fondato timore di persecuzione per ottenere la protezione chiesta.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione dei parametri di credibilità dettati dall’art. 3, comma 5, lett. c) e la violazione degli obblighi di cooperazione istruttoria, l’omesso esame di fatti decisivi, la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3 e 14 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 27, degli artt. 2 e 3 Cedu, degli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. e dell’art. 46 della direttiva n. 2013/32. Deduce che in caso di dichiarazioni non contraddittorie il giudice deve procedere alla verifica procedimentalizzata del racconto con acquisizione d’ufficio di specifiche informazioni e che il Tribunale non vi aveva provveduto.

4.3. Con l’ultimo motivo di ricorso è denunciata la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 oltre che dell’art. 10, comma 3 stesso decreto in relazione alla motivazione apparente sulla domanda di protezione umanitaria ed all’assenza di una specifica vulnerabilità con omesso esame di fatti decisivi circa la sussistenza dei requisiti di quest’ultima. Inoltre, il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3,4,7,14,16,17, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8,10 e 32, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e dell’art. 10 Cost.. L’omesso esame di un fatto decisivo in relazione alla ritenuta mancanza o quantomeno apparenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria con violazione degli artt. 112,132 e 156 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., comma 6.

5. Il ricorso è inammissibile atteso che le tre censure pur denunciando delle violazioni di legge si sostanziano nella richiesta, non consentita, indirizzata alla Corte di legittimità di procedere ad una diversa e più favorevole ricostruzione delle emergenze istruttorie.

5.1. Il Tribunale di Milano, infatti, ha preso in esame tutti gli elementi di valutazione offerti ed ha proceduto, nell’esercizio del potere di valutazione discrezionale delle prove che gli è attribuito in via esclusiva alla valutazione delle stesse secondo un apprezzamento compatibile con il contenuto dei fatti allegati e conforme alle prescrizioni di legge denunciate.

Ha valutato le dichiarazioni del ricorrente rese anche nella fase amministrativa, ha esaminato fonti internazionali aggiornate ed affidabili, si è attenuto ai principi ripetutamente affermati da questa Corte in tema di protezione internazionale anche nella procedimentalizzazione della valutazione di credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente.

Ha con puntualità chiarito perché non ricorrono le condizioni per il riconoscimento della protezione chiesta anche sotto il profilo della protezione umanitaria.

Le Fonti consultate risultano pertinenti rispetto al narrato e temporalmente aggiornate e gli elementi di valutazione esaminati per verificare l’integrazione del richiedente risultano pertinenti ed esaminati in modo coerente con la giurisprudenza anche delle sezioni unite di questa Corte di Cassazione (cfr. Cass. s.u. n. 29460/2019 e Cass. 4455 del 2018).

In conclusione, quindi le censure si risolvono in una inammissibile reinterpretazione dei fatti non consentita in questa sede.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

La tardiva costituzione dell’Amministrazione che non ha svolto nella sostanza alcuna attività processuale esime dal provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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