Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32502 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13995/2019 proposto da:

METROPOL S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato DRINGA MILITO PAGLIARA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALESSANDRO GHIBELLINI, STEFANO GHIBELLINI;

– ricorrente –

contro

A.L., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA NOBILI, LUIGI ALBERTO ZOBOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 106/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 07/03/2019 R.G.N. 507/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/05/2021 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE.

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza del 7 marzo 2019, la Corte d’appello di Genova, in parziale riforma della decisione di primo grado, che ne aveva ritenuta l’illegittimità, ha dichiarato nullo il licenziamento intimato dalla Metropol s.r.l. a A.L. condannando la società a reintegrarlo nel posto di lavoro e a corrispondergli la retribuzione dalla data del licenziamento alla effettiva reintegrazione.

1.1. Il giudice di secondo grado, in particolare, ha escluso che potessero reputarsi dimostrate le circostanze attinenti al ritardo nell’inizio del proprio turno di lavoro nonché ad altri addebiti, quali la mancata esecuzione dei controlli sui treni oltre all’abbandono anticipato del posto di lavoro alla luce del profilo, valorizzato invece dal giudice di primo grado, della ammissione da parte del dipendente di aver solo momentaneamente tolto la pettorina obbligatoria ed il tesserino di riconoscimento e non di non averli indossati come ritenuto in primo grado.

2. Per la cassazione della sentenza propone ricorso, assistito da memoria, la Metropol s.r.l. affidandolo a tre motivi.

2.1. Resiste, con controricorso, A.L..

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la decisione impugnata per violazione del D.Lgs. n. 23 del 2015, art. 3, allegandosi l’erronea sussunzione della fattispecie concreta nella disposizione normativa considerata.

1.1. Con il secondo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 c.c. e segg., in relazione alla contestazione disciplinare inerente all’assenza di utilizzazione della pettorina e del tesserino di riconoscimento.

1.2. Con il terzo motivo si allega la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 23 del 2015, art. 3, comma 2, per erronea applicazione dell’art. 3, comma 2, ad una ritenuta ipotesi di insussistenza del fatto.

2. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per ragioni logico sistematiche, sono inammissibili.

2.1. Giova premettere, con riguardo alla violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., che l’interpretazione del regolamento contrattuale è attività riservata al giudice di merito, pertanto sottratta al sindacato di legittimità salvo che per il caso della violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale, tuttavia, non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto, come nella specie, una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (sul punto, ex plurimis, Cass. n. 11254 del 10/05/2018).

2.2. Occorre, quindi, rilevare, quanto alla censura concernente l’aver la Corte ritenuto che l’assenza di pettorina ad alta visibilità e del tesserino d. riconoscimento fossero indicate nella contestazione non quale autonomo addebito, bensì “nell’ambito di una più generale contestazione relativa al ritardo con cui il lavoratore aveva, quel giorno, iniziato il servizio” (ritardo ritenuto non dimostrato da parte del giudice di secondo grado) che, con riguardo a tale complessivo addebito, l’assoluto difetto di specificità delle doglianze prospettate e di allegazioni al riguardo, induce a non poter vagliare la rilevanza autonoma dell’assenza della pettorina e del tesserino.

Parte ricorrente, infatti, nel sostenere l’erronea sussunzione della circostanza concreta nella fattispecie legale considerata, omette di riprodurre od indicare il contenuto dell’atto – contestazione disciplinare e conseguente licenziamento – da cui possa evincersi l’asserito autonomo rilievo disciplinare attribuito dal datore di lavoro alla sola mancata presenza (che il lavoratore assumeva del tutto momentanea e limitata a sistemarsi l’vestiti scomposti dal viaggio) della pettorina e del tesserino di riconoscimento.

Ed invero, alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cfr. ex plurimis, Cass. n. 342 del 2021Cass. n. 29093 del 2018; Cass. n. 14784 del 2015), il ricorso per cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo preciso in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione.

Nel caso di specie, al di là di generici richiami contenuti nel ricorso per cassazione, nessun elemento viene specificamente riprodotto, allegato o almeno precipuamente richiamato circa la contestazione di cui si discute, onde consentire al Collegio di valutarne l’autonoma rilevanza rispetto al licenziamento comminato.

Deve quindi escludersi, al riguardo, qualsivoglia ingerenza del giudice di secondo grado nella valutazione della proporzionalità della sanzione – secondo quanto allegato nel motivo di ricorso – dovendo, piuttosto, ritenersi che lo stesso sia pervenuto al proprio giudizio considerando manifestamente insussistente il fatto contestato per l’assoluto difetto della prova circa le infrazioni ascritte nella loro globalità, ed in considerazione del difetto di autonomia della contestazione concernente la pettorina ed il distintivo rispetto alla violazione complessivamente considerata in tutti i suoi aspetti, come descritti dalla Corte d’appello.

3. Il terzo motivo è infondato.

Parte ricorrente lamenta, infatti, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs n. 23 del 2015, art. 3, comma 2, assumendo che la Corte d’appello avrebbe riformato la sentenza di primo grado sul presupposto che dovesse trovare applicazione del D.Lgs. n. 23 del 2015, art. 3, comma 2, ravvisando l’insussistenza del fatto materiale contestato, salvo, poi, in parziale riforma della sentenza appellata, dichiarare nullo il licenziamento intimato con condanna della società appellata alla reintegra del dipendente nel posto di lavoro e a corrispondergli la retribuzione dalla data del licenziamento a quella dell’effettiva reintegrazione.

3.1. Orbene, appare, piuttosto, di palmare evidenza dalla lettura della motivazione d’appello come la Corte, evocando nella parte in fatto la mentovata disposizione – richiamata dal giudice di primo grado – abbia, poi, integralmente e correttamente applicato alla specie dell’art. 18, comma 4, nella nuova formulazione, che fa seguire all’annullamento della sanzione espulsiva, per il caso di insussistenza del fatto, la reintegra e la condanna alla corresponsione delle retribuzioni medio tempore maturate.

4. Alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto.

4.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.250,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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