LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16483-2020 proposto da:
G.F., D.P.M., GA.GA., D.B.D., GE.FE., L.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente incidentale –
avverso il decreto n. 148 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il 19/05/2020;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiqlio del 13/10/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE La Corte d’appello di Perugia, in persona del Consigliere designato, ha accolto la domanda di equa riparazione relativa all’eccesiva durata di una analoga procedura di equo indennizzo, proposta dai ricorrenti, liquidando in favore dei medesimi la somma di Euro 1.165,00 pro capite, ritenendo che, avuto riguardo all’eccesiva durata pari a quattro anni ed all’importo dell’indennizzo pari ad Euro 400,00 annui, la liquidazione non poteva superare l’ammontare della somma liquidata a titolo di indennizzo nel giudizio presupposto, pari ad Euro 1.165,00.
La Corte d’Appello di Perugia, in composizione collegiale, con decreto n. 148 del 19/5/2020 ha rigettato l’opposizione proposta dai ricorrenti avverso il detto decreto, ritenendo che anche ai fini dell’applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, il quale prevede che “la misura dell’indennizzo, anche in deroga al comma 1, non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se in inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice”, non potesse tenersi conto degli interessi sulla sorta capitale, i quali incidono sul valore della controversia solo se si tratti di interessi già maturati alla data di proposizione della domanda, sicché era corretta la decisione opposta nella parte in cui aveva limitato l’indennizzo al solo ammontare corrispondente alla sorte capitale a suo tempo riconosciuta.
Avverso tale decreto gli istanti propongono ricorso esponendo, con l’unitaria censura posta a corredo dell’impugnazione, che la Corte di merito ha violato e/o falsamente applicato la L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 2 bis, esponendo che la statuizione impugnata non aveva tenuto conto del fatto che alla sorte capitale andavano aggiunti gli interessi al tasso legale dalla domanda (22/06/2012) alla data del deposito del decreto (11/05/2016).
Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso proponendo a sua volta ricorso incidentale affidato a quattro motivi.
Carattere logicamente prioritario riveste la disamina del ricorso incidentale, che investe la stessa ammissibilità della domanda di equo indennizzo.
Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, sostenendosi che erroneamente sarebbe stata reputata applicabile al termine de quo la sospensione feriale dei termini di cui alla L. n. 742 del 1969, occorrendo però tenere conto degli effetti della novella del 2012 la quale ha previsto che, una volta rigettata la domanda di equo indennizzo, ancorché per motivi di rito, la stessa non sia più proponibile, sebbene non risulti ancora maturato il termine semestrale, il che dovrebbe portare ad assimilare il termine de quo a quelli a carattere sostanziale.
Il secondo motivo denuncia la violazione della medesima norma assumendosi che oggi sarebbe venuto meno il carattere necessitato del procedimento di cui alla L. n. 89 del 2001, posto che il diritto all’indennizzo può essere riconosciuto anche mediante il ricorso al procedimento di mediazione di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010.
Il terzo motivo denuncia del pari la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 nella parte in cui si ritiene al termine de quo applicabile la sospensione feriale dei termini, occorrendo tenere conto della modifica di cui all’art. 327 c.p.c., con la conseguente riduzione a sei mesi del termine per impugnare.
Si deduce che paradossalmente potrebbe verificarsi che al termine endoprocessuale lungo di cui alla norma ora richiamata potrebbe non risultare applicabile la sospensione feriale dei termini che invece sarebbe invocabile per il termine decadenziale per la proposizione della domanda di equo indennizzo.
Il quarto motivo infine lamenta, sempre in relazione alla medesima norma, l’erronea applicazione della sospensione feriale dei termini sostenendosi la necessità di una sua interpretazione adeguatrice, in ragione della peculiare struttura che il legislatore ha dato al procedimento, conformandolo alle regole del procedimento monitorio, connotato da speditezza che si pone come incompatibile con la proroga dei termini in periodo feriale.
Ciò chiarito, i motivi de quibus che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione sono inammissibili ex art. 360 bis n. 1 c.p.c., alla luce del condiviso principio per cui “poiché fra i termini per i quali la L. n. 742 del 1969, art. 1, prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricompresi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorché l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso, detta sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo” (Cass. n. 5423 del 2016; Cass. n. 10595 del 2016; Cass. n. 26423/2016).
Le argomentazioni sviluppate dal ricorrente incidentale, in parte sono fondate su considerazioni di politica legislativa che esulano chiaramente dalle conclusioni imposte dal tenore letterale della norma, come ad esempio laddove si ricava dalla dimidiazione dei termini per impugnare la pretesa che debba ridursi surrettiziamente anche il termine de quo, impedendo l’operatività della sospensione feriale dei termini, richiamandosi, in altra parte del ricorso incidentale, la ricorrenza di situazioni del tutto eventuali, e riferibili a termini aventi finalità e natura evidentemente diverse, laddove si fa riferimento alla possibilità che al termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. possa in concreto non risultare applicabile la sospensione feriale, che invece potrebbe riscontrarsi per il termine di proposizione della domanda di equo indennizzo.
Ancora va osservato che l’eventuale speditezza che a seguito della riforma connota la riforma il procedimento in esame, con la sua strutturazione sulla falsariga del procedimento monitorio, mira ad assicurare la sollecita definizione una volta introdotto, ma non può costituire argomento di per sé idoneo ad escludere l’applicazione della sospensione feriale in relazione al diverso termine posto a monte dell’introduzione del procedimento medesimo.
D’altronde, anche in relazione a procedimenti comunque connotati per l’intento del legislatore di favorire una sollecita istruzione e definizione, come ad esempio il procedimento sommario di cui all’art. 702 bis c.p.c., non si è mai dubitato della necessità di dover fare applicazione della sospensione feriale, laddove la controversia trattata con tali modalità processuale esuli da quelle per le quali il legislatore abbia espressamente previsto l’inoperatività della detta sospensione.
La previsione, poi, che l’esercizio dell’azione indennitaria nel termine di legge abbia assunto ancor di più carattere decadenziale, avendo il legislatore previsto che anche il rigetto per motivi di rito ne precluda la riproposizione, non costituisce argomento che depone a favore della natura sostanziale del termine, trattandosi di conseguenza che appare rimessa essenzialmente alla discrezionale scelta del legislatore, senza direttamente incidere sul tema sostenuto nel motivo di ricorso, e che trova un richiamo anche nella disciplina di cui agli artt. 358 e 387 c.p.c., non essendosi mai dubitato che i termini previsti per le impugnazioni conservino natura processuale, sebbene la declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità dell’impugnazione ne precluda la ripresentazione, pur non essendo ancora maturati i termini previsti dalla legge.
Quanto infine alla possibilità di far ricorso alla procedura di mediazione di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010, la connotazione di tale procedura come chiaramente strumentale all’esercizio dell’azione giudiziale, costituisce un argomento decisivo per escludere che sia venuto meno il carattere necessitato della procedura giurisdizionale, essendo peraltro tale carattere solo uno degli argomenti che depongono per la natura processuale del termine di cui all’art. 4 cit..
Disatteso il ricorso incidentale, il ricorso principale è invece fondato, avendo questa Corte avuto già modo di affermare che “il credito per interessi è (…) accessorio al credito per capitale e non vi è ragione di non tenerne conto ai fini dell’individuazione della portata economica della vicenda oggetto del giudizio presupposto” (Cass. n. 30057/2019; Sez. 6, n. 7695, 19/3/2019; conf. Sez. 6, n. 7478, 15/3/2019), posto che dovendo parametrarsi l’indennizzo al valore della causa nel giudizio presupposto, in quest’ultimo in favore dei ricorrenti erano stati riconosciuti anche gli interessi sulla somma liquidate a titolo di indennizzo, venendo quindi ad incrementare l’entità del quantum dovuto, cui rapportare in questa sede l’indennizzo massimo liquidabile.
Pertanto, il provvedimento impugnato deve essere cassato con rinvio, rimettendosi al giudice del rinvio anche la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità;
Non è applicabile la previsione in tema di raddoppio del contributo unificato, atteso che si verte in materia esente dal versamento del contributo e che il ricorso incidentale rigettato è stato proposto da un’amministrazione dello Stato (Cass. S.U. n. 4315/2020; Cass. n. 1778/2016).
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, cassa il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021