Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32546 del 08/11/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3002/2020 proposto da:

A.K., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SIMONA MAGGIOLINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Bologna – Sezione di Forlì – Cesena, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 5954/2019 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 02/12/2019 R.G.N. 13407/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/04/2021 dal Consigliere Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Bologna con decreto pubblicato il 2.12.2019, respingeva il ricorso proposto da A.K., cittadino del Pakistan, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato aveva, a sua volta, dichiarato inammissibile la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato in quanto reiterata;

2. il Tribunale, per quel che qui interessa, precisa che:

la nuova domanda di riconoscimento delle protezione internazionale attualmente all’esame non presenta elementi di novità rispetto alla situazione precedentemente esaminata e ritenuta non meritevole di tutela. Le dichiarazioni del ricorrente non sono state avvalorate da ulteriori elementi di prova a conforto delle circostanze di pericolosità della situazione da cui è fuggito (morte del padre ad opera del sindaco del suo villaggio).

La situazione di violenza generalizzata nel suo paese di origine non trova riscontro nelle fonti (Rapporto EASO 2017-2018; Rapporto ARC; Rapporto Amnesty International 2017/18).

Neppure fondata la domanda subordinata di protezione umanitaria; non esistono attualmente indicatori di necessità di protezione essendo il ricorrente soggetto di 32 anni in salute che, pur svolgendo attività di lavoro nel territorio dello Stato, con ciò non dimostra un particolare radicamento ostativo al suo rientro in patria.

3. A.K. proponeva ricorso avverso detta decisione.

4. Il Ministero dell’Interno si costituiva non svolgendo attività difensiva, al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

Che:

5. il ricorso è articolato in quattro motivi;

5.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della direttiva n. 83/2004, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 7 e artt. 2 e 27, L. n. 241 del 1990, art. 3, art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 111 Cost..

Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la mancata adeguata valutazione della vicenda personale del ricorrente e di un nuovo elemento quale le vessazioni e discriminazioni subite dalle persone omosessuali nel paese d’origine.

5.2. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 16 direttiva n. 32 e dell’art. 2729 c.c.. Il ricorrente lamenta la mancata possibilità di fornire spiegazione sui fatti nuovi determinativi della nuova domanda, lamentando che il giudice non aveva ottemperato al dovere di indagine su contesto di origine.

5.3. con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione D.L. n. 286 del 1998, art. 5, L. n. 241 del 1990, art. 3; art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4; nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Parte ricorrente lamenta, ai fini dell’invocato permesso per motivi umanitari, l’omessa e non adeguata valutazione circa l’avviato processo di integrazione del ricorrente dimostrata dall’attività di lavoro svolta (sottovalutate buste paga).

5.4. con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 13 convenzione EDU, art. 47 carta diritti, Art. 46 Dir. 32/2013; art. 111 Cost.. Omesso esame di un fatto decisivo. La censura assume che il rigetto del tribunale è basato sulla ritenuta “non veridicità dei fatti” e lamenta ancora che il giudice non avrebbe dato la possibilità al ricorrente di spiegarsi.

6. I motivi possono essere trattati congiuntamente poiché accomunati da un medesimo profilo di inammissibilità.

7. Nell’impugnare la decisione del Tribunale, negativa circa la presenza di elementi di novità rispetto alla precedente valutazione, parte ricorrente aveva il preciso onere di allegare la sua vicenda personale (“la storia”) da cui far derivare fa conoscenza dei fatti posti in esame e le eventuali carenze valutative (Cass. n. 28780/2020).

Invero il riferimento alla condizione di omosessualità risulta fatto nuovo che non trova riscontro nel provvedimento impugnato ed il motivo di censura, denunciandone l’omesso esame, non indica dove, come e quando era stato prospettato al tribunale, a fondamento dei nuovo ricorso. Tale fatto, peraltro, neppure risulta dalle dichiarazioni rese dal ricorrente, riportate nel provvedimento del tribunale, rispetto alle quali non erano emersi elementi su cui esercitare un ulteriore dovere di indagine e approfondimento.

Altresì carenti di specificazione sono anche i restanti due motivi di censura in quanto, con riferimento ai requisiti necessari per la concessione della protezione umanitaria, ritenuti insussistenti dal Tribunale, ugualmente privo di allegazioni è il ricorso. Anche in tal caso, l’assenza della “storia” del ricorrente non consente di svolgere la necessaria comparazione tra gli indicatori di necessità di protezione dal punto di vista soggettivo ed oggettivo (Cass. n. 23720/2020), non potendo, la sola situazione lavorativa del ricorrente, assumere valore dirimente rispetto alla valutazione richiesta.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Nulla va disposto per le spese del presente giudizio di cassazione, in quanto il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede;

7. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, quanto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ivi previsto, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, all’adunanza, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472