Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32548 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3386/2020 proposto da:

O.A.K.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO N. 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

– intimati –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 4719/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/07/2019 R.G.N. 1863/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/04/2021 dal Consigliere Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

Che:

1. La corte di appello di Roma con sentenza pubblicata il 10.7.2019, respingeva il ricorso proposto da O.A.K.E., cittadino della Ghana, avverso l’ordinanza con cui il tribunale di Roma aveva rigettato la domanda di protezione sussidiaria o protezione per motivi umanitari proposta dall’interessato;

2. la Corte territoriale, per quel che qui interessa, precisava che:

Il ricorrente aveva posto a fondamento della domanda ragioni esclusivamente personali (era scappato dopo la morte del padre perché, in conflitto con i fratelli per il possesso dei terreni in eredità, nel corso di una discussione aveva ucciso una zia con il machete dopo essere stato minacciato), senza prospettare di aver subito, oltre alle minacce dei parenti, vessazioni dalle autorità statali o locali a cui si era rivolto per essere protetto, così non potendosi dedurre un danno grave solo in via meramente ipotetica ed astratta ai fini della protezione sussidiaria.

Ciò determinava l’assenza delle condizioni per la concessione della protezione sussidiaria (assenza di rischio di subire concreto danno D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14), attesa anche la esclusione di una situazione di violenza generalizzata in Ghana, come da fonti internazionali.

La corte escludeva altresì la protezione umanitaria in quanto non ancorata ad una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente dallo stesso non rappresentata, non potendosi ritenere rilevante, a tal fine, il solo inizio di un percorso di integrazione (lavoro occasionale e apprendimento della lingua), peraltro da compararsi con l’assenza di una situazione di effettivo pericolo nel paese di origine.

3. O.A.K.E. proponeva ricorso avverso detta decisione affidato a tre motivi di censura.

4. Il Ministero dell’Interno si costituiva al solo fine di presenziare, eventualmente all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

Che:

5. il ricorso è articolato in tre motivi;

5.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale e di quella del paese di origine.

Il ricorrente lamenta la carenza di motivazione con riguardo a quanto dichiarato circa “l’inutilità” di rivolgersi alla polizia nel suo paese non avendo il giudice approfondito le circostanze come avrebbe invece dovuto fare per accertare la reale “credibilità” del racconto.

La censura non risulta superare il vaglio della autosufficienza richiesta in quanto non contiene le dichiarazioni richiamate, fondative, del vizio denunciato. Quanto al dovere di cooperazione istruttoria questa Corte ha chiarito che “il richiedente ha l’onere di allegare in modo circostanziato i fatti costitutivi del suo diritto circa l’individualizzazione del rischio rispetto alla situazione del paese di provenienza, atteso che l’attenuazione del principio dispositivo, in cui la cooperazione istruttoria consiste, si colloca non sul versante dell’allegazione ma esclusivamente su quello della prova. Ne consegue che solo quando il richiedente abbia adempiuto all’onere di allegazione sorge il potere-dovere del giudice di cooperazione istruttoria, che tuttavia è circoscritto alla verifica della situazione oggettiva del paese di origine e non alle individuali condizioni del soggetto richiedente (Cass. n. 17185/2020).

Nel caso di specie il racconto del richiedente è incentrato su vicende personali a carattere patrimoniale, in assenza di specificazioni circa il rilievo sociale ed il contesto di rischio personale. Il motivo è dunque inammissibile.

2) Con il secondo motivo è dedotta la mancata concessione della protezione (), sussidiaria in ragione delle attuali situazioni socio politiche del paese di origine in violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Con tale motivo è lamentata la mancata valutazione dei rischi in caso di rimpatrio.

3) L’ultima censura riguarda la mancata applicazione della protezione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6.

La assenza di un racconto circostanziato, come sopra rilevato, rende assorbite le ulteriori censure poste. Il ricorso è pertanto inammissibile. Nulla per le spese attesa l’assenza di attività difensive del Ministero.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, quanto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ivi previsto, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, all’adunanza, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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