LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4195/2020 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI FIRENZE SEZIONE DI PERUGIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 645/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 15/10/2019 R.G.N. 311/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/06/2021 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. La Corte d’appello di Perugia ha respinto l’appello proposto da S.A., cittadino del Senegal, avverso l’ordinanza del Tribunale che, confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva negato al richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
2. Il richiedente aveva dichiarato di non aver potuto proseguire gli studi nel paese di origine a causa della nazionalità della madre cittadina del Mali e che aveva deciso di espatriare per proseguire gli studi possibilmente in Europa. la sentenza impugnata rileva che solo davanti al tribunale il predetto aveva riferito di essere stato minacciato dalle autorità locali di finire in carcere se avesse insistito nella richiesta del documento di cittadinanza e che tale circostanza era stata omessa nel corso dell’audizione davanti alla Commissione.
3. La Corte d’appello ha ritenuto inattendibile il racconto del richiedente e quindi assenti i presupposti per lo status di rifugiato e per la protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).
4. Ai fini dell’art. 14 cit., lett. c), ha escluso l’esistenza nel Senegal di una condizione di violenza generalizzata o di un conflitto interno o internazionale, richiamando la fonte “*****”.
5. Ha infine escluso che fosse stata allegata e provata una condizione di radicamento nel territorio nazionale atta a fondare i requisiti per la protezione umanitaria.
6. Avverso la sentenza il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
7. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
8. Col primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per omessa motivazione.
9. Col secondo motivo è denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla condizione di pericolosità e alla situazione di violenza generalizzata esistenti in Senegal nonché per omessa consultazione di fonti informative attualizzate.
10. Col terzo motivo è dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, omesso ed errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente dinanzi alla Commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio ai fini della valutazione della condizione personale del ricorrente; violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria, omessa audizione ed omessa acquisizione di fonti informative attualizzate.
11. Col quarto motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; difetto di motivazione e travisamento dei fatti per la totale assenza di istruttoria e motivazione sulle condizioni, anche socio economiche, del paese d’origine.
12. Col quinto motivo è dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, omesso esame delle condizioni personali del richiedente per l’applicabilità della protezione e delle fonti informative sulle condizioni socio economiche del Paese di provenienza, elementi necessari ai fini del giudizio comparativo atto a far emergere la sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali.
13. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
14. Occorre premettere che il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, per il quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa può ritenersi sussistente solo quando nel contesto dell’atto si rinvengano gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e della posizione che vi hanno assunto le parti, senza necessità di ricorrere ad altre fonti (v. Cass. n. 15672 del 2005).
15. Il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti è infatti funzionale alla completa e regolare instaurazione del contraddittorio ed è soddisfatto solo laddove il contenuto dell’atto consenta di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti, sicché impone alla parte ricorrente, a meno che la sentenza impugnata non incorra nel vizio di motivazione apparente, di sopperire ad eventuali mancanze della stessa decisione nell’individuare il fatto sostanziale e soprattutto processuale (v. Cass. n. 16103 del 2016; n. 11653 del 2006).
16. Il ricorso in esame omette del tutto l’esposizione dei fatti di causa, nel caso di specie, dei fatti addotti dal ricorrente a fondamento della domanda di protezione internazionale e complementare; non vi è alcuna indicazione sul Paese di provenienza, sulle ragioni della fuga dallo stesso, sulle condizioni di radicamento in Italia.
17. Non solo, ma i motivi di ricorso sono formulati con altrettanta genericità e risultano privi del benché minimo riferimento alla concreta vicenda personale del richiedente la protezione, oltre che non rispettosi delle prescrizioni imposte dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
18. I motivi di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sono formulati senza il minimo riferimento alla fattispecie concreta che dovrebbe essere disciplinata dalle disposizioni, di cui si assume la errata interpretazione ed applicazione.
19. Si assume che la Corte di merito abbia errato nel ritenere non credibili le dichiarazioni del richiedente senza disporre l’audizione dello stesso per colmare le eventuali lacune, ma nulla si riporta, neanche sommariamente, sul contenuto specifico di tali dichiarazioni in relazione ad aspetti rilevanti ai fini della protezione richiesta, che avrebbero reso necessario un approfondimento.
20. Questa Corte ha chiarito che, in materia di protezione internazionale, il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione e non anche quello di disporre l’audizione, a meno che il richiedente non deduca fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti), oppure faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti, o lo stesso giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; con l’ulteriore precisazione che il ricorso in cassazione col quale si assuma violata l’istanza di audizione implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti in ordine ai quali si intenda fornire chiarimenti e dei profili di credibilità del racconto non approfonditi nelle precedenti fasi di giudizio (v. Cass. n. 21584 del 2020; n. 22049 del 2020; n. 2760 del 2021).
21. Nessuno di questi requisiti è soddisfatto nel ricorso in esame.
22. Il ricorrente censura inoltre la violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria e critica il rigetto della domanda di protezione umanitaria senza che vi sia in atti la minima dimostrazione dell’adempimento del proprio onere di allegazione, anche riguardo all’esistenza o meno di legami familiari nel Paese di provenienza oppure ad elementi significativi dell’integrazione socio economica in Italia.
23. E’ costante l’affermazione di questa Corte secondo cui, in tema di protezione internazionale, il richiedente ha l’onere di allegare in modo circostanziato i fatti costitutivi del suo diritto circa l’individualizzazione del rischio rispetto alla situazione del paese di provenienza, atteso che l’attenuazione del principio dispositivo, in cui la cooperazione istruttoria consiste, si colloca non sul versante dell’allegazione ma esclusivamente su quello della prova. Ne consegue che solo quando il richiedente abbia adempiuto all’onere di allegazione sorge il potere-dovere del giudice di cooperazione istruttoria, che tuttavia è circoscritto alla verifica della situazione oggettiva del paese di origine e non alle individuali condizioni del soggetto richiedente (v. Cass. n. 17185 del 2020; n. 17069 del 2018).
24. Parimenti, il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è dedotto senza che sia indicato alcun fatto, inteso in senso storico fenomenico e di rilievo decisivo ai fini dell’esito della controversia, il cui esame sarebbe stato omesso, secondo quanto statuito dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n. 8053 del 2014.
25. I rilievi finora svolti conducono alla declaratoria di inammissibilità del ricorso.
26. Nulla va disposto sulle spese atteso che il Ministero non ha svolto attività difensiva.
27. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 23 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021