Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32562 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20002-2015 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE N. ***** AVEZZANO-SULMONA-L’AQUILA, in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato MARIA LUDOVICA POLTRONIERI, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO SANTUCCI;

– ricorrente –

contro

M.C., R.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GORIZIA n. 14 presso lo studio legale Sabatini-Sinagra-Sanci, rappresentati e difesi dall’avvocato FABRIZIO FOGLIETTI;

– controricorrenti –

nonché contro A.C., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 47/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 22/01/2015 R.G.N. 1249/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/07/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’.

RITENUTO

CHE:

la Corte d’Appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accertato il diritto dei lavoratori a vedersi remunerati dall’Azienda Sanitaria Locale n. ***** Avezzano Sulmona L’Aquila, di cui erano dipendenti, tempi di vestizione, svestizione e scambio consegne in occasione del lavoro svolto quali infermieri presso l’Ospedale Civile di L’Aquila;

la Corte di merito, sul presupposto che quella svolta fosse azione di merito accertamento, riteneva non decisivo il fatto, addotto dalla Asl, secondo cui quei tempi già erano considerati a fini retributivi, in quanto il cartellino veniva timbrato prima della vestizione e dopo la svestizione;

la Corte territoriale, ritenendo quindi che fosse rimasta controversa tra le parti la questione sul diritto alla retribuzione, confermava il riconoscimento dello stesso operato dal giudice di prime cure;

la Asl ha impugnato la predetta sentenza con due motivi di ricorso, resistiti dai lavoratori M.C. e R.M. con controricorso, poi illustrato da memoria, mentre gli altri dipendenti sono rimasti intimati.

CONSIDERATO

CHE:

il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) dell’art. 115 c.p.c.;

la Asl sostiene che sarebbe pacifico il fatto che vi fosse timbratura del cartellino in abiti civili e che quindi anche i tempi di cambio turno sarebbero stati remunerati;

il motivo, per quanto in sé potenzialmente tale da rifluire anche rispetto all’interesse ad agire, in ipotesi carente ove le attività dedotte fossero state remunerate senza condizioni, è tuttavia inammissibile;

esso, infatti, afferma come pacifico tra le parti un fatto, consistente appunto nella timbratura prima e dopo i tempi di vestizione/svestizione, ma è sviluppato riportando solo le difese della Asl con le quali quel fatto era stato affermato e non le difese altrui da cui dovrebbe desumersi la non contestazione;

ciò, a fronte del fatto che la Corte territoriale ha ritenuto il permanere di contestazioni, è tuttavia insufficiente a far emergere nel giudizio di legittimità, anche a fronte degli oneri di completezza espositiva e specificità rispetto al caso concreto sottesi all’art. 366 c.p.c., l’elemento dirimente dell’avvenuto ed incondizionato pagamento di quelle attività prodromiche; analogamente inammissibile è da ritenere il secondo motivo di ricorso, con cui il medesimo profilo, ovverosia il verificarsi delle timbrature secondo quelle modalità temporali, è addotto come omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

non è vero infatti che quella circostanza in ordine alla timbratura non sia stata esaminata, perché la Corte territoriale la menziona, affermando però che restano non spiegate “le modalità di “conteggio”” e concludendo infine nel senso che fosse rimasto controverso il diritto alla retribuzione di quei tempi;

non ricorrono dunque i presupposti propri dell’ipotesi (art. 360 c.p.c., n. 5) evocata dalla ricorrente;

la complessiva inammissibilità del ricorso esime, anche per ragioni di pronta definizione del processo, dal disaminare la questione sull’integrità del contraddittorio, sollevata nel controricorso con riferimento a tale A.C., che sarebbe stata costituita mediante difensore in appello ed alla quale non sarebbe stata eseguita la notifica del ricorso per cassazione nel domicilio eletto;

le spese del grado restano regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore di M.C. e R.M. delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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