LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17166-2015 proposto da:
C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO DELLA ROCCA 57, presso lo studio dell’avvocato SABRINA TANGARI, rappresentato e difeso dagli avvocati SANTO DELFINO, STEFANO CARABETTA;
– ricorrente –
contro
REGIONE CALABRIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARNO 6, presso lo studio dell’avvocato ORESTE MORCAVALLO, che la rappresenta e difende;
– resistente con procura –
avverso la sentenza n. 1410/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 17/12/2014 R.G.N. 1542/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/06/2021 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 1410 del 2014, pronunciando sull’impugnazione proposta da C.C., A.S., Ca.Ro., Ar.Ma., T.G., nei confronti della Regione Calabria, in riferimento alla sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Catanzaro, rigettava l’impugnazione.
2. La Corte d’Appello ricorda che i lavoratori, tra cui l’odierno ricorrente, con il ricorso introduttivo del giudizio avevano dedotto l’inadempimento della Regione Calabria e avevano chiesto l’accertamento della responsabilità della stessa e la condanna della medesima al pagamento di un giusto indennizzo.
I lavoratori avevano esposto, in particolare, che: con Delib. Giunta regionale n. 622 del 2003, presso l’Assessorato al personale veniva costituito, in base alla L.R. n. 7 del 1996 e del D.Lgs. n. 286 del 1999, il nucleo di valutazione dell’attività dei dirigenti della Giunta regionale della Calabria;
con decreto n. 137 del 2003 venivano nominati i componenti del nucleo;
alla formale nomina seguiva, in data 27 febbraio 2004, la stipula dei contratti di diritto privato di affidamento degli incarichi della durata triennale, sottoscritti dai lavoratori e dal Presidente della Giunta regionale;
la durata dell’incarico veniva elevata da tre a cinque anni con decorrenza dalla iniziale nomina e scadenza al 10 dicembre 2008;
la L.R. n. 7 del 2006, all’art. 23, oltre alla sostituzione della L.R. n. 7 del 1996, art. 27 prevedeva anche la rimodulazione del sistema di valutazione dei dirigenti ed, altresì, la decadenza automatica di ogni organismo in precedenza operante;
con nota 29 settembre 2006, a firma del Capo di Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale, veniva comunicato a tutti i componenti del nucleo di valutazione la decadenza automatica del nucleo di valutazione in ottemperanza a quanto previsto dal citato art. 23;
essi lavoratori, quindi, contestavano detta nota deducendo la permanenza del vincolo contrattuale.
3. Il Tribunale rigettava la domanda affermando che con la soppressione del nucleo di valutazione, prevista dalla L.R. n. 7 del 2006, art. 27 la prestazione che i componenti del nucleo dovevano offrire era divenuta impossibile, con conseguente esonero della Regione dal pagamento della controprestazione, come previsto dagli artt. 1463 e 1256 c.c.
4. La Corte d’Appello confermava che dall’art. 23 citato era derivata l’immediata ed automatica cessazione degli obblighi contrattuali.
Tale impossibilità della prestazione non risultava dipesa da colpa dell’Amministrazione regionale, atteso che il conferimento dell’incarico era stato effettuato dalla Giunta regionale, mentre la norma in questione era stata adottata dal Consiglio regionale. 11 Capo Gabinetto si era limitato a comunicare un disposto normativo emanato dal Consiglio regionale. E pertanto, non poteva trovare accoglimento l’eccezione che la nomina doveva essere revocata dallo stesso Organo della Regione che la aveva emessa.
La Corte d’Appello ha ritenuto che la questione di legittimità costituzionale prospettata con riguardo agli artt. 3,97 e 98 Cost., non superasse il vaglio di non manifesta infondatezza, in quanto il nucleo di valutazione aveva cessato di esistere in ragione della modifica del sistema di valutazione e non era stato modificato nella composizione, per cui non poteva assimilarsi tale fattispecie a quella di spoil system.
5. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre C.C., prospettando due motivi di ricorso.
6. La Regione Calabria ha depositato atto costituzione in giudizio del 26 ottobre 2017 con il quale, impugnando l’avverso ricorso di cui auspicava il rigetto, riservava di più ampiamente dedurre in sede di discussione orale a cui chiedeva di poter partecipare ai sensi e per gli effetti dell’art. 370 c.p.c.
7. 11 Procuratore Generale ha deposito conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
8. L’udienza pubblica si è svolta con il rito cartolare D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8-bis, conv. dalla L. n. 176 del 2020.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va premesso che ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COV1D-19). conv. dalla L. n. 176 del 2020: “Per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione in udienza pubblica a norma dell’art. 374 c.p.c., art. 375 c.p.c., u.c., e art. 379 c.p.c., la Corte di cassazione procede in camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, salvo che una delle parti o il Procuratore generale faccia richiesta di discussione orale (…) La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal procuratore generale o dal difensore di una delle parti entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza e presentata, a mezzo di posta elettronica certificata, alla cancelleria”.
Tale richiesta non è intervenuta nella specie né dalle parti né dal Procuratore Generale. Ne’ a tale richiesta può essere equiparata la diversa facoltà prevista dall’art. 370 c.p.c., comma 1, secondo periodo, di partecipare alla discussione orale nel caso di mancata notifica del controricorso, richiamata dalla Regione Calabria in sede di atto di costituzione, facoltà il cui esercizio presuppone e non supplisce la formulazione dell’istanza ex art. 23, comma 8-bis, cit., come ritualmente prevista.
Come questa Corte ha già affermato (cfr., Cass., n. 6222 del 2012) la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso contenente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c. (richiamato dall’art. 370, comma 2 cit. codice), l’esposizione delle ragioni atte a dimostrare l’infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente. In mancanza di tale atto, essa non può presentare memoria ma solamente partecipare alla discussione orale.
2. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1463 e 1256 c.c.
Assume il ricorrente che la risoluzione per impossibilità sopravvenuta opera quando la prestazione sia divenuta impossibile per causa non imputabile al debitore, mentre nella specie il fatto era imputabile alla Regione, attesa una piena identità soggettiva sostanziale tra il Consiglio regionale e la Giunta.
Il provvedimento legislativo costituiva una forma di recesso non consentito dal contratto stipulato tra le parti, atteso il ruolo del Presidente del Consiglio regionale nella Giunta.
Inoltre, l’esigenza di valutazione dell’attività dirigenziale della Regione Calabria non era venuta meno, e nonostante l’intervenuta riforma persistevano alcuni nuclei di valutazione (ad es. nucleo di valutazione investimenti pubblici, nucleo e controllo strategico, nucleo VIA di valutazione di impatto aziendale).
3. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1256, c.c., e dell’art. 1463, c.c., anche alla luce dell’art. 1 del Protocollo I della CEDU, come interpretato dalla Corte EDU.
Espone il ricorrente che non poteva dubitarsi che la condotta tenuta dalla controparte fosse stata lesiva del credito maturato da esso ricorrente, il quale, in seguito ed in ragione del contratto di diritto privato stipulato con la Regione, aveva maturato una consolidata situazione lavorativa, o quanto meno di aspettativa, anche in relazione alla retribuzione.
4. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati.
4.1. Occorre premettere che la L.R. Calabria n. 7 del 1996, art. 27 nel disciplinare il Nucleo di valutazione, prevedeva, ai commi 2 e 3: “La Giunta regionale, con proprio atto, istituisce un apposito nucleo di valutazione, definendone i relativi compensi, con il compito di verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei rendimenti, la realizzazione degli obiettivi, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa. Il nucleo determina almeno annualmente i parametri di riferimento del controllo, sottoponendoli alla Giunta regionale per l’approvazione.
(…) Il nucleo di valutazione opera in posizione di autonomia e risponde esclusivamente alla Giunta regionale. Ad esso è attribuito, nell’ambito della dotazione organica vigente, un apposito contingente di personale”.
Tale organismo era funzionale alla verifica del risultato dell’attività svolta dai dirigenti generali e dai dirigenti con riguardo al risultato dell’attività svolta dalle strutture alle quali sono preposti, alla realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati in relazione agli obiettivi, ai rendimenti e ai risultati della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, incluse le decisioni organizzative e di gestione del personale.
Con la L.R. Calabria n. 7 del 2006 è stato modificato il sistema di valutazione, venendo novellata la suddetta disposizione, che quindi ai vigenti commi 5 e 6, stabilisce: “La valutazione del dirigente di servizio è effettuata dal dirigente generale, su proposta del corrispondente dirigente di settore. La valutazione del dirigente di settore è effettuata dal dirigente generale, su proposta del dirigente vicario di cui al successivo art. 32. La valutazione del dirigente vicario è effettuata dal dirigente generale. La valutazione del vice capo di Gabinetto del Presidente della Giunta regionale è effettuata dal capo di Gabinetto. La valutazione del dirigente assegnato all’Avvocatura regionale è effettuata dall’Avvocato dirigente. La valutazione del dirigente assegnato ad un ufficio amministrativo alle dirette dipendenze del Presidente della Giunta regionale è effettuata dal dirigente generale del Dipartimento della Presidenza.
(…) La valutazione del Dirigente generale è effettuata dalla Giunta regionale, su proposta del Presidente, che si avvale di una apposita struttura costituita presso il Segretariato generale”.
La L. n. 7 del 1996, art. 27, comma 11 come novellato dalla L. n. 7 del 2006, ha poi stabilito: “Ogni organismo precedentemente operante deve intendersi decaduto con l’entrata in vigore della presente legge”.
4.2. Tanto premesso, va rilevato che la soppressione del Nucleo di valutazione, intervenuta nella specie per factum principis, costituisce un evento che ha inciso sul contesto organizzativo in ragione del quale veniva svolta l’attività del ricorrente.
Tale causa soppressiva non è imputabile all’Amministrazione, non potendosi operare la sovrapposizione tra l’Amministrazione regionale e il legislatore regionale come prospettato dal ricorrente, e sotto il profilo contrattuale la risoluzione del rapporto in questione consegue a tale evento, in quanto lo stesso ha comportato l’impossibilità dello svolgimento della prestazione (cfr., Cass., n. 18408 del 2019, n. 2365 del 2004).
Va, altresì, osservato che, nella specie la soppressione del Nucleo di valutazione si è inserita in un’articolata riorganizzazione del sistema di valutazione, che ha reso impossibile la prestazione del ricorrente, e ciò distingue la fattispecie in esame da quella di spali system.
Ne’ può trovare accoglimento la censura di violazione del Protocollo 1 CEDU, atteso che per la Corte di Strasburgo, nella nozione di “beni” richiamata nella prima parte dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione può farsi rientrare anche la “aspettativa legittima” di poter continuare a godere di un bene, solo a condizione che poggi su una “base sufficiente nel diritto interno” (si v. sentenze Depalle c. Francia, Grande Camera, 29 marzo 2010; Saghinadze e altri c. Georgia, 27 maggio 2010; Maurice c. Francia, Grande Camera, 6 ottobre 2005, Cass., n. 17241 del 2015), nella specie non ravvisabile in ragione del contesto normativo e della giurisprudenza sopra richiamati, di cui la Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione nell’accertamento dell’intervenuta cessazione degli obblighi contrattuali.
5. Il ricorso deve essere rigettato.
6. Nulla spese atteso il mero deposito di atto di costituzione della Regione Calabria.
7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021
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