LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 9055/2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (CF *****), in persona del Direttore p.t., rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
PRODUS di G.S. & C. s.n.c. (CF *****), in persona del legale rapp.te p.t., nonché S.G. (*****) e M.P. (*****), tutti rapp.ti e difesi per procura a margine del ricorso dagli avv. Giuseppe Carretto, Alessandra Ricciardi, Antonio Lerici, Alessandro Leproux e Desideria Boggetti, elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultima in Roma alla v. Ariodante Fabretti n. 8;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1494/4/15 depositata in data 22 dicembre 2015 della Commissione Tributaria Regionale della Liguria;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2021 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola.
RILEVATO
che:
La Commissione tributaria regionale della Liguria, con sentenza n. 1494 depositata il 22 dicembre 2015, accoglieva l’appello proposto dalla Produs di G.S. & C. s.n. c, e dai soci S.G. e M.P., avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria provinciale di Genova aveva respinto i ricorsi avverso l’avviso di accertamento relativo all’anno 2004.
Osservava la CTR che la società aveva, per l’anno 2004, aderito al c.d. concordato preventivo biennale previsto dal D.L. n. 269 del 2003, art. 33, commi 8 e 8-bis, conv. in L. n. 326 del 2003, e tale circostanza comportava la preclusione degli atti di accertamento, allorché il maggior reddito accertabile sia pari o inferiore al 50% di quello dichiarato, oltre all’impossibilità per l’Ufficio di compiere accertamenti diversi da quello analitico puro.
Condividendo le argomentazioni del contribuente, la CTR osservava che l’Ufficio, partendo dal presupposto che la società svolgeva due attività, quella di costruzione ed installazione di impianti di pesatura e quella, intrapresa successivamente, di noleggio di imbarcazioni, aveva confrontato costi e ricavi solo in relazione alla seconda attività di noleggio barche, così verificando una percentuale di scostamento superiore al 50% indicato dalla norma, trascurando, però, che in caso di impresa unica, che svolga attività nuova in aggiunta a quella originaria, la valutazione di deducibilità dei costi inerenti deve essere effettuata sul reddito complessivo dichiarato, non essendo improbabile che la nuova attività sconti inizialmente perdite dovute a clientela ancora non consolidata.
Quanto poi all’eccepita impossibilità di procedere ad accertamento diverso da quello analitico, osservava la CTR che, nel caso in esame, dal processo verbale di constatazione emergeva la natura chiaramente induttiva dell’accertamento svolto, in quanto l’Ufficio aveva ricavato da un fatto certo (lo squilibrio tra costi e ricavi, per altro relativo alla sola attività di noleggio), una presunzione di non inerenza dei primi, con metodo accertativo che non poteva dunque essere definito come analitico.
Avverso tale sentenza l’Ufficio propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resistono i contribuenti mediante controricorso, supportato da memoria. Il PG, nella requisitoria depositata in data 8 marzo 2021, ha concluso per l’accoglimento del primo motivo.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo l’Ufficio lamenta la violazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 33, comma 8, conv. con modif. in L. 24 novembre 2003, n. 326, anche in relazione al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, e dell’art. 109 Tuir, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo errato la CTR nel ritenere svolto con il metodo induttivo l’accertamento in oggetto, in quanto, nel caso in esame, l’Ufficio ha esercitato i propri poteri di accertamento tenendo conto unicamente della contabilità aziendale, senza dunque fare riferimento ad alcun elemento indiziario dal quale trarre un fatto ignoto. Conseguentemente non troverebbe applicazione la preclusione derivante dal D.L. n. 269 del 2003, art. 33, comma 8, che impedisce, in caso di concordato preventivo biennale, solo l’accertamento induttivo ma non quello analitico puro.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Il richiamato art. 33, nel testo in vigore a decorrere dal 1 gennaio 2004, stabilisce, al comma 8, che: “Per i periodi di imposta soggetti a concordato preventivo, relativamente al reddito d’impresa o di lavoro autonomo, sono inibiti i poteri spettanti all’amministrazione finanziaria in base alle disposizioni di cui: a) al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, art. 39, comma 1, lett. d), secondo periodo, e comma 2, lett. a), d) e d-bis); b) al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni, art. 54, comma 2, secondo periodo; c) al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni, art. 55, comma 2, n. 3)”.
1.3. Il successivo comma 8-bis prevede poi che “Per i medesimi periodi d’imposta di cui al comma 8, relativamente al reddito d’impresa o di lavoro autonomo, sono preclusi gli atti di accertamento qualora il maggiore reddito accertabile sia inferiore o pari al 50 per cento di quello dichiarato”.
1.4. In sostanza, dall’esame di queste disposizioni discende che l’adesione al concordato preventivo, relativamente ai redditi di impresa o di lavoro autonomo, inibisce i poteri di accertamento induttivo (in ogni caso) ed inibisce altresì tutti i poteri di accertamento solo qualora non risulti integrata la soglia minima prevista dal comma 8-bis.
1.5. La CTR, nel verificare l’applicabilità di tali disposizioni al caso in esame, ha affidato la propria decisione, favorevole ai contribuenti, a due rationes decidendi, la prima secondo cui nel caso di specie verrebbe in considerazione un accertamento induttivo, la seconda per la quale, tenendo conto del reddito complessivo dichiarato, la soglia normativamente prevista non sarebbe stata superata (ciò che determinerebbe, comunque, la preclusione di qualsiasi tipo di accertamento).
1.6. Nell’operare questo controllo, poi, la CTR ha chiaramente affermato che il reddito da considerare è l’ammontare del reddito complessivo dichiarato dal contribuente e dunque il reddito risultante dalla dichiarazione, senza alcuna possibilità di scorporare da tale reddito le parti eventualmente imputabili all’uno o all’altro dei due oggetti perseguiti dalla società contribuente.
1.7. L’ufficio, attraverso il primo motivo di ricorso, ha insistito esclusivamente su una circostanza e cioè che, nel caso in esame, verrebbe in rilievo non già un accertamento induttivo, bensì analitico, avendo l’Ufficio tenuto conto unicamente dei dati emergenti dalla contabilità aziendale, dalla quale sarebbe risultato che i costi sostenuti per l’attività di noleggio delle imbarcazioni non potevano essere considerati inerenti in mancanza dei requisiti previsti dall’art. 109 Tuir.
1.8. Così facendo, però, il ricorrente non ha sottoposto a censura l’altra ratio decidendi utilizzata dal giudice di appello, quella secondo cui la soglia normativamente fissata non era stata superata, dovendosi in tale verifica tener conto del complessivo reddito dichiarato dal contribuente.
Trattasi dunque di un aspetto (quello valorizzato dalla CTR) che non è stato oggetto di un autonomo e specifico rilievo critico da parte del ricorrente (che si è impegnato nell’esclusiva contestazione riguardante il metodo accertativo utilizzato), sicché, come correttamente eccepito dai controricorrenti (pag. 6 e 7 del controricorso), il passaggio in giudicato della specifica statuizione rende irrilevante ogni disquisizione riguardo alla riconducibilità del potere di accertamento alla categoria induttiva ovvero a quella analitica. Da tale considerazione, quindi, scaturisce il giudizio di inammissibilità del primo motivo di impugnazione.
2. Tale conclusione comporta l’assorbimento del secondo motivo. Secondo il ricorrente, nel caso in esame verrebbe in rilievo un’ipotesi di abuso del diritto, ravvisabile nella circostanza che attraverso la previsione di un’attività del tutto secondaria (noleggio imbarcazioni) e del tutto slegata dalla attività principale statutaria, il contribuente avrebbe finito per dedurre costi non inerenti, in quanto correlati al reddito imponibile di un’attività principale del tutto eterogenea (costruzione ed installazione di impianti di pesatura).
2.1. La questione dell’inerenza dei costi, introdotta attraverso il secondo motivo, resta però del tutto superata all’esito delle considerazioni svolte in relazione al primo mezzo: l’inammissibilità della prima censura rende definitiva la statuizione della CTR circa l’efficacia preclusiva del concordato e determina l’irrilevanza delle doglianze riguardanti l’inerenza o meno dei costi dedotti.
3. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
4. Non ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato, in quanto l’obbligo non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021