LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6092/2015 R.G. proposto da:
S.P.A.T. SAS di V.M. & C. (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. FLAVIO GRANDE, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, n. 197/38/2013, depositata il 20 dicembre 2013.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 maggio 2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.
RILEVATO
CHE:
La società contribuente S.P.A.T. DI V.M. & C. ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta dell’esercizio 2000, con il quale veniva contestata l’infedele presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta, la mancata effettuazione di ritenute ai dipendenti e applicate le relative sanzioni. L’atto impugnato traeva origine da una segnalazione dell’INPS che aveva rilevato la mancata regolarizzazione di rapporti di lavoro.
La CTP di Torino ha rigettato il ricorso e la CTR del Piemonte, con sentenza in data 20 dicembre 2013, ha rigettato l’appello della società contribuente. Ha ritenuto la CTR che la motivazione dell’atto impugnato possa riferirsi per relationem a dati di fatto risultanti da altri atti conosciuti dal destinatario dell’accertamento. La CTR ha, poi, ritenuto che è stato correttamente applicato il cumulo materiale in quanto più favorevole del cumulo giuridico, ritenendo correttamente applicate le sanzioni a termini del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 11.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente affidato a tre motivi; l’ente impositore intimato non si è costituito in giudizio.
CONSIDERATO
CHE:
1.1 – Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, commi 2 e 3 nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’avviso impugnato fosse correttamente motivato per relationem in base a un verbale di accertamento INPS. Riproduce il ricorrente il verbale INPS e l’avviso impugnato, deducendo che dal verbale di accertamento INPS non si evincerebbero gli elementi in base ai quali sarebbe stato accertato il fatto giuridico della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con uno dei due dipendenti (la dipendente Petillo), con conseguente difetto di motivazione dell’atto impugnato. Deduce, inoltre, parte ricorrente l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe accertato che il verbale INPS fa stato anche nel giudizio tributario.
1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 2, comma 2, art. 11, comma 1, artt. 27,30 e D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7 convertito con L. 24 novembre 2003, n. (326), nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto correttamente applicate le disposizioni del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11. Deduce il ricorrente che il sistema sanzionatorio è imperniato sulla responsabilità della persona fisica, in relazione alla cui responsabilità il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11 prevede la responsabilità solidale della società – ove trattasi di società di persone – a condizione che venga individuato l’autore della violazione, di cui sia accertato che la stessa ha agito nell’interesse della società. Deduce, in particolare, il ricorrente che l’atto impugnato, riprodotto per specificità, non avrebbe individuato la persona fisica autrice e responsabile delle violazioni e ritiene, inoltre, inapplicabile al caso di specie il D.L. n. 269 del 2003, art. 7 in quanto relativo alle società di capitali dotate di personalità giuridica.
1.3 – Con il terzo motivo si deduce, in via gradata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 2, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto correttamente applicate le sanzioni. Osserva il ricorrente che l’Ufficio ha applicato il cumulo giuridico per le sanzioni del periodo di imposta 2000 in materia di dichiarazione infedele, mentre non sarebbe stato applicato il cumulo giuridico in relazione all’omesso versamento delle ritenute, questione in ordine alla quale il giudice di appello non si sarebbe pronunciato.
2 – Il primo motivo è infondato nella parte in cui si invoca la violazione di norme di diritto, ben potendo l’atto di accertamento essere legittimamente motivato mediante rinvio ai verbali dell’INPS con cui vengano contestate omissioni contributive previdenziali, purché conosciute dal contribuente, rientrando detti verbali tra i documenti che, per il tramite della Guardia di Finanza, devono essere trasmessi anche agli uffici finanziari e che detti uffici possono utilizzare ai fini dell’accertamento (Cass., Sez. V, 18 dicembre 2015, n. 25472; Cass., Sez. V, 9 settembre 2008, n. 22696). Nella specie, la CTR ha correttamente inteso fondare l’avviso di accertamento sui verbali INPS.
2.1 – Il motivo e’, inoltre, infondato nella parte in cui deduce difetto di motivazione, risultando il sindacato di legittimità sulla motivazione circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi di inesistenza, perplessità o contraddittorietà della motivazione (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), che ricorre nel caso in cui la motivazione risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598). La motivazione, per quanto succinta, dà evidenza del percorso logico-giuridico seguito dal giudice, il quale si è basato sulle risultanze del verbale ispettivo INPS (“nella specie la motivazione rinvia ad atto dell’IMPS che fa stato nel suo enunciato sino a prova contraria ovvero ad interven(u)to annullamento”).
3 – Il secondo motivo è infondato. Il soggetto attivo dell’infrazione fiscale di omessi versamenti diretti è il contribuente datore di lavoro che, in caso di società di persone, va identificato nel legale rappresentante (socio accomandatario) della società di persone; sicché, attesa la natura formale dell’infrazione, la stessa trascina la conseguente responsabilità solidale della società in accomandita senza necessità per l’erario di escutere preventivamente il legale rappresentante. Questa Corte ha, difatti, affermato il principio secondo cui in materia di ritardato od omesso versamento di ritenute alla fonte il principio di personalizzazione della sanzione, introdotto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 2 e 11 comporta che le persone fisiche che hanno la rappresentanza siano “responsabili delle sanzioni connesse alle violazioni delle norme (formali e sostanziali) tributarie commesse ad opera e/o nell’interesse della parte rappresentata (legalmente e/o negozialmente) e/o amministrata, mentre tale parte è obbligata al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata” (Cass., Sez. V, 15 ottobre 2013, n. 23333; conf. Cass., Sez. V, 26 novembre 2014, n. 25096; Cass., Sez. V, n. 25472/2015, cit.). L’implicita riferibilità della responsabilità per omesso versamento di ritenute al legale rappresentante della società di persone (socio accomandatario) comporta la responsabilità solidale della società per l’operato del proprio amministratore per il pagamento delle sanzioni, senza obbligo per l’Erario di escutere preventivamente gli amministratori prima di esigere il pagamento dalla società (Cass., Sez. V, 11 febbraio 2013, n. 3201).
4 – Quanto al terzo motivo, il ricorrente si duole dell’erronea applicazione al caso di specie del D.Lgs. n. 472 cit., art. 12, comma 2, (“alla stessa sanzione soggiace chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo”). Il motivo è infondato, avendo questa Corte affermato il principio, al quale deve darsi continuità, secondo cui le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all’istituto della continuazione disciplinato dal D.Lgs. n. 472 cit., art. 12, comma 2, perché questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell’imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l’omissione del pagamento è una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13 dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento (Cass., Sez. V, 22 marzo 2019, n. 8148).
5 – Il ricorso va, pertanto, rigettato; nulla per le spese in assenza di costituzione dell’intimato; sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dallo stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021