LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18879-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
S.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 81/2013 della COMM.TRIB.REG.SICILIA, depositata il 29/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/06/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.
PREMESSO che:
1.L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la CTR della Sicilia ha annullato l’avviso di liquidazione emesso da essa ricorrente nei confronti di S.M. ed altri coeredi di S.B. chiamato all’eredità quale legittimario ma deceduto senza aver accettato l’eredità di S.E., per recupero di imposte di successione e sull’incremento di valore degli immobili (INVIM) in morte di quest’ultimo;
2. l’Agenzia sostiene che l’affermazione su cui fa perno la sentenza impugnata – in assenza di accettazione da parte di S.B. dell’eredità di S.E., l’obbligazione tributaria relativa alla successione di quest’ultimo “si è estinta e non può essere imputata agli eredi del medesimo S.B.” – contrasta con il D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 7, 28 e 36 e art. 479 c.c.;
3. S.M. non si è costituito.
CONSIDERATO
che:
1. il ricorso è fondato.
L’Amministrazione ha, anche nel caso di specie, seguito la propria prassi espressa nella risoluzione n. 234/E del 24 agosto 2009, secondo cui il presupposto dell’imposta di successione è costituito dalla “apertura della successione… a prescindere dall’accettazione dell’eredità”.
La CTR ha adottato una tesi affatto diversa: il presupposto dell’imposta è costituito dalla accettazione.
L’art. 479 c.c. prevede, per quanto interessa, che se il chiamato all’eredità muore senza averla accettata, il diritto di accettarla si trasmette agli eredi.
In base a questa norma, la delazione si trasmette dal chiamato deceduto (trasmittente) a chi (il trasmissario) è divenuto, in forza di accettazione, espressa o tacita (art. 485 c.c.), erede di quest’ultimo.
Il trasmissario, una volta divenuto erede del trasmittente, non è automaticamente erede dell’originario de cuius; perché lo diventi occorre una accettazione ulteriore (Cass. n. 6479/2002, 11634/1991, 1885/1988, 2489/1987, n. 4520/1984, n. 125/1983).
Con la conseguenza che solo a seguito di questa seconda accettazione dovrà rispondere dei debiti dell’originario de cuius.
Sotto il profilo fiscale e precisamente per quanto concerne l’individuazione del soggetto passivo dell’imposta di successione ai sensi del D.Lgs. n. 346 del 1990 vigono regole non coincidenti con quelle civilistiche.
Il decreto fa riferimento al trasferimento di beni e diritti per causa di morte e, all’art. 5, indica – così come il previgente D.P.R. n. 637 del 1972 – quale soggetto passivo del tributo, l'”erede”.
Tuttavia, con l’art. 7, comma 4, stabilisce che fino a quando l’eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati, l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato e con l’art. 28, dispone che anche il chiamato e’, in linea generale e salve le eccezioni previste nello stesso articolo (comma 5), tenuto a presentare la dichiarazione di successione.
All’art. 36 prevede poi che il chiamato è responsabile del pagamento dell’imposta, se in possesso dei beni ereditari e nel limite del valore di questi ultimi.
Questa Corte, con ordinanza n. 21394 del 09/10/2014, resa su fattispecie in tutto analoga a quella che occupa, ha affermato: “In tema di imposta sulle successioni, presupposto dell’imposizione tributaria è la chiamata all’eredità e non già l’accettazione. Ne consegue che, allorché la successione riguardi anche l’eredità devoluta al dante causa e da costui non ancora accettata, l’erede è tenuto al pagamento dell’imposta anche relativamente alla successione apertasi in precedenza a favore del suo autore, la cui delazione sia stata a lui trasmessa ai sensi dell’art. 479 c.c.”.
Merita evidenziare che questa ordinanza, come già la sentenza n. 6327 del 10 marzo 2008, richiamata dalla ricorrente per la parte in cui vi si afferma che “…nell’ambito della legge tributaria delle successioni non sono del tutto applicabili i principi del codice civile che regolano l’acquisto della qualità di erede’ atteso che in detto ambito già la sola delazione determina per se stessa l’acquisto dell’eredità”, si pongono dichiaratamente in linea con la precedente sentenza n. 11320 del 28 ottobre 1995.
Quest’ultima, tuttavia, ha anche effettuato una puntualizzazione che pare opportuno ribadire: l’erede trasferitario è tenuto al pagamento dell’imposta relativamente alla successione apertasi in precedenza a favore del trasferente ove questi, non divenuto erede del primo de cuius, sia stato nel possesso dei beni ereditari.
Si legge infatti nella sentenza n. 11320/1995: il D.Lgs. n. 346 del 1990, “dopo aver indicato ancora una volta negli eredi i soggetti passivi (art. 5, comma 1), ribadisce espressamente il principio che assimila, ai fini dell’imposta, l’erede ai chiamati all’eredità (art. 7, comma 4), fornendo un ulteriore riferimento testuale abbastanza preciso alla tesi qui accolta (“Fino a quando l’eredità non è stata accettata o non è stata accettata da tutti i chiamati, l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato”). L’art. 36, comma 3 prevede poi espressamente che i chiamati all’eredità che non abbiano ancora accettato “rispondono solidalmente dell’imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti”. Da tale contesto, in cui sembra operarsi una distinzione fra titolarità dell’obbligo tributario e responsabilità per l’adempimento nonché, ancora una volta, fra accettazione ed obbligo tributario, deve desumersi che i chiamati all’eredità rispondono dell’obbligo tributario solo se abbiano il possesso dei beni ma comunque indipendentemente dall’accettazione e che, nel caso in cui non ne siano in possesso, nessuna imposizione possa invece ipotizzarsi”.
Conformemente in dottrina è stato detto che “dalle norme esaminate sembrerebbe dunque emergere un principio di fondo – atto a fornire una chiave di lettura del sistema – secondo il quale gli obblighi formali e sostanziali posti in capo al chiamato dovrebbero essere strumentali per un verso, a rendere nota al Fisco la circostanza dell’apertura della successione ancor prima che si verifichi l’evento imponibile e, per altro verso, a consentire un’anticipazione del prelievo a carico del patrimonio ereditario, nei limiti in cui questo sia già in possesso dei chiamati”.
In ragione di quanto precede deve concludersi che l’affermazione della CTR secondo cui in assenza di accettazione da parte di S.B. dell’eredità di S.E., l’obbligazione tributaria relativa alla successione di quest’ultimo “si è estinta e non essere imputata agli eredi del medesimo S.B.” è nella sua assolutezza errata.
La sentenza impugnata deve essere cassata.
Non risulta sia mai stato contestato che il S.B. è stato al possesso dei beni ereditari.
Occorre rinviare la causa alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, perché la stessa proceda all’esame delle ulteriori eccezioni sollevate dall’intimato contro l’avviso di liquidazione e rimaste assorbite.
3. il giudice del rinvio deciderà anche delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Sicilia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, svolta con modalità da remoto, il 1 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021